Heart of Darkness: luci e ombre di un tesoro nascosto

Nel mondo dei videogiochi Heart of Darkness non sta ad indicare le avventure di Charles Marlow nel continente africano, ma un particolare platform uscito nel 1998 che non andò incontro a un particolare successo di pubblico. Un gioco dalla storia travagliata, che vale la pena di raccontare.

Heart of Darkness Eric Chahi

Quando si parla di autori che lasciano la loro firma nel mondo videoludico, il nome di Éric Chahi non è nuovo ai giocatori di vecchia data come il sottoscritto. Pur non essendo arrivato ai livelli di popolarità di Hideo Kojima o David Cage, Chahi ha lasciato la sua firma su delle gemme del gaming come Future Wars, Another World e, in anni più recenti, From Dust e Paper Beast. Il titolo però che intendo affrontare oggi è uno dei suoi lavori che mi stanno più a cuore ovvero Heart of Darkness, uscito per PC e PlayStation nel 1998. Si tratta di un titolo con una storia ricca di spunti interessanti: sia quella del gioco stesso che quella che descrive il suo posto nel mondo videoludico. E si tratta anche di un progetto che ha visto non poche difficoltà prima di venire alla luce e che più volte ha rischiato la cancellazione, ma andiamo con ordine.

LA STORIA DIETRO LE QUINTE

Dopo il successo di pubblico e critica di Another World, nel 1991 Éric decise di lasciare la Delphine Software e di fondare il proprio team di sviluppo, la Amazing Studios, con il quale iniziò a lavorare su Heart of Darkness nel 1992. Il gioco si presentava fin da subito come un platform di stampo cinematico e dal tono cartoonesco realizzato interamente in 2D, una tecnica ambiziosa ma che già iniziava a essere considerata datata in quegli anni, con l’avvento del 3D alle porte.

Eric Chahi

DEVELOPMENT HELL

Tra i giochi moderni che associamo all’idea di “gestazione lunga, laboriosa e problematica” ci vengono subito in mente titoli quali Cyberpunk 2077 o Duke Nukem Forever, titoli il cui sviluppo è stato caratterizzato da continui rimandi e inconvenienti che ne hanno ritardato e alterato sensibilmente il corso di sviluppo, ma le cose non erano tanto diverse anche negli anni ‘90. Concepito inizialmente come gioco per PC e 3DO e annunciato al pubblico nel 1995 grazie ai finanziamenti della Virgin, il gioco passò anni in quello che oggi viene definito “development hell” finché la versione per 3DO e le successivamente annunciate conversioni per Amiga CD32, Atari Jaguar e Sega Saturn furono cancellate.

Vale la pena di notare che tutte le console citate non erano state neanche immesse sul mercato nel momento in cui lo sviluppo di questo titolo iniziò, ed erano già obsolete e non più in commercio nel momento in cui il titolo fu completato, nel 1998. Vista la disastrosa situazione di sviluppo in cui versava il gioco, Virgin decise di ritirarsi dal progetto togliendogli i fondi.

contro ogni aspettativa i programmatori, decisi a non gettare via anni di lavoro, decisero di continuare comunque lo sviluppo

Questo, in teoria, avrebbe dovuto segnare la fine del progetto. Ma contro ogni aspettativa i programmatori, determinati a non gettare via anni di lavoro dietro al progetto, decisero di continuare comunque lo sviluppo nonostante gli anni di avversità. Dopo nove mesi di lavoro non retribuito e senza una partnership commerciale, il gioco fu presentato all’European Computer Trade Show del 1997, suscitando l’interesse della Interplay, compagnia che già aveva lavorato con Chahi ai tempi della Delphine Software pubblicando Future Wars e Another World, e che si interessò al progetto portandolo infine a compimento e alla sua distribuzione commerciale nel 1998 su PC e PlayStation.

In un’intervista del 2015 con Eurogamer, Éric Chahi ha affermato che Heart of Darkness è stato uno dei suoi progetti più difficili a causa della transizione “dal lavorare da solo al lavorare con un team nel contesto di un industria che stava cambiando e con l’arrivo del CD-Rom, il PC e con il 3D in arrivo.” In una successiva intervista del 2007 Chahi ammise di essersi sentito completamente esausto dopo gli anni dedicati allo sviluppo di Heart of Darkness. Dopo il completamento del gioco decise di prendersi una pausa dal mondo del gaming dedicandosi alla propria vita personale, per poi riaffacciarsi sul mondo del gaming nel 2010 lavorando per la Ubisoft a From Dust.

LA RISPOSTA DEL MERCATO

Sarebbe ragionevole pensare che un titolo che ha visto la luce dopo anni di difficoltà e cambi di gestione non possa in alcun modo essere un gioco valido, basti pensare alla risposta di pubblico e critica ricevuta dai sopra citati Cyberpunk 2077 e Duke Nukem Forever. Anche il caso di Heart of Darkness aveva tutte le carte in regola per fare una brutta fine. In quegli anni la tecnologia aveva fatto passi da gigante; console e publisher avevano vissuto le loro ascese e i loro declini, e il 3D ormai dominava il mercato. I platform 2D erano ormai una reliquia del passato, e nutrire dubbi sul potenziale successo di un titolo appartenente a questo genere era più che legittimo. Tale infatti era l’ambiente e l’attitudine generale della stampa di settore che accolsero il gioco al suo arrivo nei negozi. Le recensioni accolsero positivamente l’aspetto artistico e di storytelling criticandone però il comparto tecnico e il gameplay, entrambi figli di una concezione datata tanto quanto lo era il progetto in sé. L’impatto commerciale del gioco non fu aiutato da alcune controversie suscitate da alcune scene particolarmente brutali rappresentate in esso, che contrastavano con lo stile cartoonesco e infantile del comparto visivo. Esistono però alcuni aspetti di un opera d’arte interattiva che prescindono il contesto storico all’interno del quale viene valutata e attraversano la storia rimanendo universalmente validi finché inevitabilmente l’opera che li trasmette viene rivalutata e consacrata a imperitura memoria.

la quantità di pietre miliari uscite nel 1998 rese difficile a chiunque emergere, sopratutto se figlio di un’era ormai superata

Il 1998 è stato opinabilmente l’anno con la maggiore concentrazione di titoli che hanno definito la storia del gaming moderno. Per citare alcuni esempi, nel 1998 sono usciti giochi del calibro di Metal Gear Solid, Resident Evil 2, Half-Life, StarCraft, Parasite Eve, Baldur’s Gate e molti altri che ancora oggi ricordiamo e omaggiamo come pietre miliari del settore. Capite dunque che si trattava di un anno molto duro nel quale emergere, specialmente con un titolo figlio di un’era che ormai sembrava già da lungo superata. Eppure al giorno d’oggi si parla ancora di Heart of Darkness, lo si rigioca sui canali dedicati e lo si ricorda con affetto e nostalgia: perché? Scopriamolo parlandone più nel dettaglio.

LA TRAMA

Il gioco inizia con una panoramica spaziale su pianeti e galassie sopra alla quale risuona in lontananza la voce di un professore che parla a una classe di ragazzi. Queste immagini vengono presto interrotte bruscamente quando si rivelano essere soltanto l’ennesimo sogno ad occhi aperti del nostro protagonista Andy, un giovane caratterizzato fin dai primi filmati introduttivi come un sognatore non particolarmente attento a scuola, tant’è che il maestro in un impeto di rabbia decide di punirlo costringendolo al buio dentro a un armadietto. Il ragazzo, visibilmente spaventato dall’oscurità protesta mentre viene irriso dal professore: “Non avrai mica paura del buio?”

Heart of Darkness Eric Chahi

armato di laser e scolapasta in testa vola via verso un lontano pianeta alieno

Il suono della campanella lo salva e lo libera dalla sua prigionia. Dalla scuola, il ragazzo si avventura in città col suo skate e il suo fidato amico, il cane Whiskey. Si dirigono verso il parco dove una curiosa eclissi di luna risucchia via Whiskey, facendolo volare via dal suo padrone. Andy a questo punto, determinato a salvare il suo amico, ritorna a casa, entra nel suo rifugio personale: una casetta di legno sull’albero che si rivela contenere ogni sorta di marchingegno futuristico e fantascientifico, e armato di fucile laser e scolapasta in testa monta sulla sua fidata astronave e vola via verso un lontano pianeta alieno.

Heart of Darkness Eric Chahi

Una premessa così infantile da sembrare generata dall’immaginazione di un bambino

Si tratta di una premessa talmente infantile che sembra essa stessa generata dall’immaginazione di un bambino, forse l’ennesimo scenario immaginario concepito dalla mente creativa di un ragazzo sognatore come Andy. Nella sua avventura sul pianeta alieno Andy affronterà un ambiente ostile e una natura inospitale e verrà costantemente braccato da creature composte di pura ombra, ma incontrerà anche degli amici, delle creature goffe e chiacchierone che gli racconteranno che il suo cane è tenuto ostaggio dal signore cattivo di quelle terre, il cui potere è quello di trasformare in creature di ombra e malvagità quelli della sua specie, e che Whiskey era stato rapito per sbaglio dall’imbranato lacchè del signore oscuro, dal momento che il reale obiettivo del rapimento era Andy stesso.

Andy si ritroverà nuovamente al buio, circondato da forze maligne a malapena visibili dalle quali non potrà fuggire

Andy affronterà mille peripezie per poi arrivare a salvare il suo cane e scontrarsi contro il signore oscuro, che scopriremo presentare più di una similitudine con il maestro iracondo incontrato all’inizio della nostra storia, una boss fight conclusiva abbastanza standard ma che non lascia presagire ciò che segue. Sconfitto il signore del male, Andy si ritroverà nuovamente al buio, circondato da forze maligne a malapena visibili dalle quali non potrà fuggire, e che sarà costretto ad affrontare senza tregua finché l’oscurità non svanirà nuovamente, infranta dalla porta che si apre e dalla rassicurante voce della madre che lo chiama a cena. Andy e Whiskey si dirigono poi verso la camera da letto dove il ragazzo, compiuta la sua avventura, gioca con le ombre proiettate dalle sue mani sul muro per poi coricarsi nel letto e spegnere finalmente la luce, senza più temere l’oscurità.

L’EREDITÀ IMMORTALE

Metafora di un percorso di crescita che abbiamo affrontato tutti, l’avventura mentale di Andy ci riporta in contatto con la nostra gioventù, raccontando una trama immortale di pura fantasia e di come al tempo stesso la nostra fantasia ci aiuta ad affrontare e superare le nostre paure, specialmente in una fase della nostra crescita caratterizzata al tempo stesso da paure e da infinita creatività.

HEART OF DARKNESS CI RACCONTA DI COME NON DOVREMMO ABBANDONARE IL NOSTRO BAMBINO INTERIORE, MA IMPARARE DA ESSO

Ci racconta di come non dovremmo abbandonare il nostro bambino interiore ma imparare da esso anche quando la nostra età non è più tanto giovane, perché la nostra fantasia non è solo una fuga da un presente problematico in cui rifugiarsi ma può e deve essere anche fonte di insegnamento e saggezza per affrontare il nostro quotidiano. Una morale senza tempo che può essere appresa da persone di ogni età e generazioni che vorranno avvicinarsi a questo titolo, un gioco che un po’ come il suo protagonista, attraverso mille peripezie riesce a prescindere il concetto di tempo per consegnarci un insegnamento eternamente valido.


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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