Black Mesa, come si reinventa un grande classico

Con Black Mesa, gli sviluppatori di Crowbar Collective si sono imbarcati nel non semplice compito di rimettere a nuovo Half-Life, il capolavoro di Valve uscito nel 1998, non limitandosi ad aggiornarne la grafica ma dandone una loro personale reinterpretazione. Vediamo assieme come si sono approcciati a questo remake.

black mesa

Il prossimo 19 novembre segna il venticinquesimo anniversario dell’uscita di Half-Life, la prima e importantissima opera di Valve, con cui lo sviluppatore americano si è fatto conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Half-Life ha rappresentato un punto di svolta epocale per gli sparatutto in prima persona e per tutta l’industria dei videogiochi, ispirando negli anni successivi innumerevoli game designer e artisti. Ma è passato molto tempo da allora e, per quanto il gioco di Valve sia invecchiato con una certa grazia e mantenga tuttora molte delle qualità che l’hanno reso un classico intramontabile, ci sono indubbiamente anche degli aspetti in cui il peso degli anni si fa sentire e che possono rendere il suo recupero oggi un po’ meno immediato per il pubblico odierno.

NATO SOTTO IL VESSILLO DI CROWBAR COLLECTIVE, BLACK MESA È UNA VERSIONE RIVISTA ED ESPANSA DI HALF-LIFE

Da qui l’idea di rivisitare il vecchio capolavoro di Valve e farne una nuova e più moderna versione, che possa permettere con più facilità anche a chi si è avvicinato più di recente al mondo dei videogame di scoprire le grandi qualità di Half-Life: nasce così Black Mesa, che ha la particolarità di essere nato come progetto amatoriale portato avanti da un gruppo di fan che si sono riuniti sotto il vessillo di Crowbar Collective per ricreare la prima avventura di Gordon Freeman usando il motore di gioco Source, usato da Valve per realizzare Half-Life 2. Lo sviluppo di questo remake è iniziato addirittura nel 2005 e si è prolungato negli anni fino ad arrivare a una prima uscita in versione Early Access nel 2015 e poi alla versione 1.0 nel 2020, che ha ottenuto il plauso di pubblico e critica.

Ma come ci si approccia a un’operazione simile, che vede gli sviluppatori confrontarsi con l’eredità di un gioco tanto importante e forse pure un po’ ingombrante? La scelta di Crowbar Collective è stata di non limitarsi a un “mero” aggiornamento grafico preferendo invece realizzare una versione rivista ed espansa di Half-Life, mettendo mano a ogni livello e operando pure più di qualche cambiamento, pur con l’obiettivo di restare fedeli all’estetica e al design dell’originale.

BENTORNATO A BLACK MESA, GORDON

I livelli nella nuova Black Mesa sono più grandi e dettagliati: il layout dell’area spesso non è troppo diverso da quello della fonte d’ispirazione ma non è raro che gli sviluppatori abbiano deciso di cambiare parzialmente le cose, magari tagliando una sezione che secondo loro si prolungava troppo, oppure di contro inserendo nuove deviazioni e contenuti inediti che rimescolano un po’ le carte e mantengono l’esperienza piuttosto fresca anche per chi è un vero e proprio veterano del capolavoro di Valve, il tutto comunque mantenendo l’elevata interattività ambientale che contraddistingueva l’originale e molti dei suoi momenti più peculiari e caratteristici, come la possibilità di rovinare il pasto a un collega facendolo cuocere per troppo tempo nel microonde.

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Le tradizioni sono importanti, quindi anche questo ritorno a Black Mesa ha inizio sui binari di un tram.

Oltre alle modifiche all’ambiente, che risplende nella nuova grafica supportata dal Source Engine di Half-Life 2, si possono notare cambiamenti anche nei personaggi non giocanti in cui si imbatte nel corso della partita: prima di tutto perché non vediamo più sempre le stesse due o tre facce ancora e ancora e ancora. La varietà nei modelli dei personaggi non è proprio eccezionale ma segna comunque un passo in avanti rispetto all’Half-Life originale, che riciclava continuamente gli stessi due-tre modelli per tutti i suoi scienziati e le sue guardie di sicurezza (anzi, le guardie avevano tutte lo stesso identico aspetto).

OLTRE A RIVEDERE L’ASPETTO GRAFICO, BLACK MESA AGGIUNGE ANCHE NUOVE LINEE DI DIALOGO

Inoltre, non è raro che i lavoratori di Black Mesa possano intrattenersi in conversazioni inedite, chiacchierando fra loro oppure con Gordon Freeman, con alcune di queste che sono pensate per restituire una maggiore vitalità e credibilità all’ambiente, anche se non mancano alcuni momenti più leggeri per spezzare un po’ la tensione (più che altro nelle sezioni introduttive però, non dopo l’incidente quando non sarebbero più molto appropriati) o riferimenti metatestuali alla saga stessa che strizzano l’occhio ai fan di lunga data, così come si possono notare alcuni tentativi di ricucire il gap con Half-Life 2, per esempio mostrando più nel dettaglio il ruolo di personaggi come Eli Vance o Isaac Kleiner durante gli eventi di Black Mesa.

Se il gruppo di Crowbar Collective non ha avuto il timore di ritoccare diversi aspetti dell’originale fin dai primissimi momenti per darne una propria reinterpretazione, le modifiche più radicali riguardano però le sezioni finali, che hanno luogo nel mondo alieno di Xen e che sono spesso ritenute le parti meno riuscite del gioco del 1998. Ma tornerò più avanti su Xen, perché voglio andare con ordine e parlare prima di come siano stati reinventati i livelli di Black Mesa. Va da sé che d’ora in poi non mi farò problemi a entrare nei dettagli, dunque se volete evitare ogni “spoiler” è meglio se vi fermate qui e tornate solo dopo aver giocato Half-Life, Black Mesa o, meglio ancora, entrambi. Sono tutti e due ottimi, pur se in modo un po’ diverso, quindi non vi pentirete di giocarli, se ancora non l’avete fatto.

CORRIDOI, SALE E LABORATORI FAMILIARI MA DIVERSI

Il primo impatto con il gioco è sempre lo stesso: un lungo viaggio in tram per recarsi sul lavoro, viaggio che in Black Mesa è pure un po’ più esteso di quanto non lo fosse nell’opera di Valve, ma le prime e più sostanziali modifiche si notano qualche minuto più tardi, dopo l’incidente che ha dato il via alla cascata di risonanza e quindi all’invasione degli alieni da Xen e al disastro a cui il nostro Gordon Freeman dovrà cercare di porre rimedio.

Questa volta dovremo aspettare un po’ di più prima di mettere mano a una pistola e nei momenti iniziali l’atmosfera è decisamente più cupa.

Il primo livello dopo l’incidente ci vede ripercorrere le sale e i corridoi visti pochi momenti prima ma che adesso appaiono devastate dagli effetti dell’esperimento andato male. Rispetto all’Half-Life del 1998 c’è però una differenza sostanziale: intanto l’atmosfera è decisamente più cupa e vuole enfatizzare maggiormente l’elemento horror, qualcosa che possiamo notare anche in alcune delle sezioni successive. L’altro grande cambiamento è che in Black Mesa Gordon non ottiene il suo caratteristico piede di porco quasi subito ma deve sudarselo molto di più, rimanendo privo di un’arma per buona parte del livello e dovendo così sopravvivere evitando i nemici, usando armi improvvisate (per esempio lanciando i bengala sui nemici e incendiandoli), oppure ancora facendosi aiutare dalle guardie presenti, che invece sono dotate di una pistola.

Tutto ciò significa che l’atmosfera della prima ora circa di gioco è un po’ diversa da quella a cui i veterani di Half-Life erano abituati, ma ciò non è necessariamente un male e, anzi, si tratta di una scelta che riesce a sottolineare ancora di più il caos post-incidente e il senso di pericolo della situazione in cui ci troviamo catapultati. E a proposito dell’uso dei bengala o di altre armi improvvisate che citavo poco fa, Black Mesa sfrutta il Source per potenziare l’interattività ambientale e l’uso della fisica, che ricalca un po’ quanto visto in Half-Life 2, non a caso è pure possibile raccogliere oggetti o barili e lanciarli contro uno dei nemici più comuni del gioco (i barnacle coi loro pericolosi tentacoli) per superarli indenni, proprio come si poteva fare nei dintorni di City 17.

certi livelli hanno subito un processo di ribilanciamento, tagliando o aggiungendo elementi a seconda dei casi

Quando otteniamo finalmente un’arma le cose tornano a convergere verso i binari dell’opera originale di Valve, anche se non mancano comunque altre deviazioni più o meno significative. Per esempio, nel livello “Su un binario”, l’azione viene velocizzata togliendo molte delle continue fermate e ripartenze presenti nell’originale, che in verità risultavano un po’ pesanti nel gioco del 1998; il livello rinnovato scorre quindi meglio e mantiene un ritmo più intenso. In “Etica discutibile” c’è ancora una maggiore enfasi sugli esperimenti condotti dagli scienziati di Black Mesa sugli alieni, così da rendere ancora più evidente come il personale della struttura (o almeno parte di esso) sapesse più di quanto non sembrasse inizialmente e fosse pure implicato in pratiche moralmente molto dubbie.

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Il livello originale non era il più apprezzato tra quelli realizzati da Valve, quindi Crowbar Collective ha scelto di velocizzarlo un po’.

“Tensione superficiale” invece non ha più il lunghissimo confronto con l’elicottero, che in Half-Life ci inseguiva per mezzo livello ed era una minaccia costante a cui fare attenzione: in Black Mesa è possibile eliminare subito il velivolo e affrontare il resto della sezione senza la sua continua e fastidiosa presenza, ed è un peccato perché così il livello risulta meno impegnativo e anche meno memorabile, riducendo pure la soddisfazione provata quando si riesce finalmente a mettere le mani sul lanciamissili con cui sistemare il nostro fastidioso nemico. Black Mesa non rinuncia del tutto al confronto a suon di missili con l’elicottero, perché quando troviamo il lanciamissili fa apparire un altro velivolo nei paraggi e possiamo quindi ingaggiarlo in un duello breve ma intenso, pur se privo del pathos che caratterizzava invece la sfida nel gioco del 1998.

Il livello rivisitato da Crowbar Collective fa comunque un ottimo lavoro nel mostrare l’evolversi della situazione: il capitolo che si apre con i militari che hanno il pieno controllo della struttura e sono i nostri nemici più agguerriti e pericolosi, ma col passare del tempo osserviamo mentre la presa delle forze terrestri si fa sempre meno salda di fronte all’avanzata degli invasori alieni. Sul finire del livello, i militari sono incalzati da ogni fronte e costretti al ritiro, mentre i nostri avversari principali diventano gli alieni, fra cui un numero sempre maggiore di truppe pesanti. Black Mesa è devastata dal conflitto e il remake è in grado di rendere ancora più evidente come le cose stiano prendendo una brutta piega per l’umanità, grazie soprattutto alla veste grafica rinnovata ma anche a un sapiente uso dei colori: il cielo che splendeva luminoso all’inizio della missione appare sempre più grigio col passare del tempo, oscurato dal fumo e dalle polveri prodotte dalla devastazione che ci circonda.

GAMEPLAY RIVISITATO

Oltre ad alcuni cambiamenti nel layout dei livelli o nei loro contenuti, Black Mesa non si fa problemi a mettere mano anche al gameplay: ho già citato il rinnovato motore fisico e le possibilità di interazione ambientale che avvicinano il remake a quanto visto in Half-Life 2, e a esse si aggiungono pure alcuni semplici enigmi che a loro volta sembrano usciti dal secondo capitolo della saga di Valve piuttosto che dal primo: in un caso potremo spostare dei barili sott’acqua per far rialzare una piattaforma, per esempio, mentre verso la fine dell’avventura potremo anche collegare dei cavi alle prese di corrente per aprire o chiudere delle porte.

Ogni arma ha una capienza ridotta rispetto al passato, ma non c’è da preoccuparsi troppo perché esplorando un po’ in giro si trovano parecchie munizioni.

Anche i controlli sono stati rivisitati e appaiono più precisi rispetto a quelli dell’originale, cosa che si fa apprezzare soprattutto nelle non troppo frequenti (ma nemmeno rarissime) sezioni platform, che nell’opera prima di Valve risultavano spesso un po’ più frustranti del necessario proprio a causa dei controlli imperfetti.

Le armi sono le stesse viste e apprezzate nel gioco del 1998, quindi abbiamo un vasto e variegato arsenale, in cui figurano tanti potenti strumenti di morte e pure qualche arma decisamente meno utile e che utilizzeremo un paio di volte giusto per vedere di che si tratta per poi lasciarla a prendere polvere fino ai titoli di coda, proprio come in Half-Life, insomma; e proprio come allora è sempre un piacere sistemare i militari e gli alieni con un bel colpo di magnum o del fucile a pompa. Gli sviluppatori hanno comunque voluto ribilanciare un po’ l’arsenale del Dr. Freeman, in particolare riducendo di circa la metà il numero di munizioni massimo che possiamo trasportare con noi in ogni momento. La scelta è probabilmente pensata per spingere i giocatori a non fossilizzarsi su una o due armi per usare maggiormente tutto il repertorio e variare con più frequenza, ma in verità le munizioni sono comunque molto abbondanti.

NON MANCANO ANCHE I CAMBIAMENTI AL GAMEPLAY

Anche i nemici che affrontiamo sono gli stessi di Half-Life, ma pure qui si può notare qualche leggera modifica: soprattutto per i vortigaunt, che nell’originale erano un po’ dei “cannoni di vetro” in grado di infliggere danni pesanti coi loro attacchi elettrici ma anche molto fragili, al punto da cadere al tappeto con pochi colpi ben piazzati. In Black Mesa questi alieni risultano invece un po’ più coriacei e costituiscono quindi una minaccia maggiore: eliminarli non è comunque troppo difficile, ma bisogna prestar loro un po’ di attenzione in più rispetto al passato.

Tutte queste modifiche non vanno a modificare il nucleo fondante dell’esperienza di gioco, che al netto di ogni alterazione effettuata da Crowbar Collective rimane fedele alla visione originale di Valve, al punto che la sensazione è spesso quella di essere di fronte quasi allo stesso gioco, solo in una versione rinnovata e un po’ più moderna. Questo fino a Xen, almeno, perché i livelli ambientati sul mondo alieno sono stati ripensati nelle fondamenta e non hanno molto a che spartire con quelli realizzati dalla software house guidata da Gabe Newell.

LE NOVITÀ DI XEN

I livelli ambientati nel mondo di confine nell’originale Half-Life sono ritenuti quasi all’unanimità i più controversi dell’intera opera di Valve, con molti critici e fan che hanno visto in loro un netto calo di qualità rispetto alle sezioni eccellenti ambientate nei dintorni dei laboratori di Black Mesa. Colpa di sezioni platform scomode e imprecise da gestire con l’altrettanto impreciso super salto, di un paio di boss non proprio ispiratissimi, di scenari che apparivano sì esotici e bizzarri, molto differenti dai più ordinari ambienti visti in precedenza ma non sempre di facile navigazione.

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Il nuovo Xen offre scenari decisamente più evocativi rispetto al gioco originale.

Gli sviluppatori di Crowbar Collective hanno quindi scelto di cambiare approccio per quanto riguarda Xen e rilavorare questi livelli praticamente da zero, prendendosi molte più libertà di quanto non avessero fatto con le sezioni precedenti. Invece di arrivare nel mondo alieno e dover saltare da una piccola isola fluttuante come nell’originale, arriviamo in una caverna dove possiamo notare i resti dell’equipaggiamento lasciato dagli scienziati di Black Mesa durante le loro escursioni precedenti.

Ci si avventura poi in zone più vaste e soprattutto decisamente più lussureggianti, che permettono di apprezzare l’ottimo lavoro svolto dagli sviluppatori anche sul fronte estetico, con il nuovo Xen che appare visivamente spettacolare fin da subito. L’esplorazione e la navigazione dell’ambiente alieno è più coinvolgente e interessante nel remake e non mancano sfide da superare a suon di proiettili, per quanto il team abbia anche voluto arricchire gli ultimi livelli pure dal punto di vista narrativo, potenziando la narrazione ambientale e lasciando maggiori segni del passaggio dei colleghi di Gordon, con addirittura un’intera stazione di ricerca che possiamo esplorare da cima a fondo. E ci sono ancora ampie distanze da superare col super salto, ma il suo utilizzo è stato rivisto ed è ora più comodo e preciso.

XEN, LIVELLO PIÙ CRITICATO DELL’ORIGINALE, È STATO COMPLETAMENTE RIVISTO CON L’AGGIUNTA DI NUOVI AMBIENTI E FINALITÀ NARRATIVE, ANCHE SE ALCUNI PASSAGGI ICONICI SONO STATI MANTENUTI

Crowbar Collective non ha comunque voluto cestinare tutto il lavoro di Valve e rimangono infatti alcuni capisaldi del design originale, come per esempio il lungo scontro a fuoco col Gonarch (che è comunque stato rielaborato per renderlo più intenso), o la “gita” sui rulli trasportatori della fabbrica aliena, per non parlare dello scontro finale che rimane abbastanza in linea con quanto si vedeva nel gioco del 1998. A questi si aggiungono poi molti contenuti inediti, tra cui una breve escursione in un villaggio di vortigaunt, che rende ancora più chiaro come non siano ostili per natura ma siano costretti all’azione dagli agenti del Nihilanth, e tanti (troppi) enigmi ambientali che sembrano pensati quasi per allungare un po’ il brodo.

Il nuovo Xen è affascinante, per molti versi più di quanto non lo fosse nell’originale, pur se come dicevo alcune sezioni risultano un po’ troppo dilatate e il ritmo del gioco ne risente un po’. Inoltre, se la sopracitata visita al villaggio dei vortigaunt è di per sé piuttosto suggestiva, è anche vero che può svalutare un po’ la sorpresa provata in Half-Life 2 nello scoprire che questi bizzarri alieni sono in realtà pacifici e amichevoli, una volta liberati dall’influsso malefico del Nihilanth, e c’era pure un dialogo in tal senso in cui uno dei personaggi spiegava la cosa a Gordon. Riguardo alla condizione di schiavitù dei vortigaunt l’originale Half-Life si teneva invece più ambiguo, dispensando alcuni indizi che lasciavano intuire la verità ai giocatori più attenti ma senza rivelare troppo.

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Fra le più gradite sorprese del remake c’è questa sezione in un laboratorio sul campo messo su dagli scienziati di Black Mesa, ormai sopraffatto dalla fauna locale.

In ogni caso, al netto di qualche difettuccio qua e là, Black Mesa è un ottimo remake e soprattutto un ottimo gioco. Si tratta probabilmente del modo più facile con cui un giocatore più giovane può avvicinarsi ad Half-Life, ma non sostituisce il capolavoro di Valve, che rimane un’opera di grande valore e che è tuttora capace di regalare grandi soddisfazioni a patto di mettere in conto una veste grafica ormai antiquata e qualche spigolosità nei controlli (oltre a un paio di bug in alcuni livelli).

Black Mesa può anche riservare piacevolissime sorprese ai veterani del gioco di 25 anni fa, ed è anzi proprio in questo caso che può essere goduto al meglio, con i fan di lunga data che possono cogliere ogni più piccolo cambiamento e apprezzare la vastità e complessità del lavoro svolto da Crowbar Collective. Ma che si tratti della prima visita nei laboratori che hanno ospitato la prima avventura di Gordon Freeman o di un ritorno, Black Mesa è indubbiamente un’opera di qualità che merita vivamente di essere provata.


Questo articolo è stato scritto per The Games Machine da Frequenza Critica, il blog italiano di approfondimento videoludico.

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