Di questo nuovo rilancio del franchise di Evil Dead con La Casa: Il Risveglio del Male, vogliamo subito sottolineare un paio di cose. La prima è che il remake uscito quasi dieci anni fa rimane un caso isolato, apparentemente disconnesso da questo nuovo film. La seconda è che, nonostante tutto, La Casa ha tutte le carte in tavola per diventare un franchise tanto brillante quanto facilmente declinabile alle esigenze di registi e sceneggiatori con una propria visione.
Stavolta si abbandonano sinistri cottage perduti nei boschi per spostarsi nella periferia urbana, quella sporca e decrepita. In realtà il grande omaggio alle origini del franchise (che sia il remake o i tre film originali di Raimi, poco importa, l’impronta è quella) è posizionato subito nei primi dieci minuti iniziali, con una sequenza da manuale, precisa, pulita, temibile quanto potente nella rappresentazione del Male emerso dall’ennesimo libro dei morti. Ma è un passaggio momentaneo, perché la storia principale ci porta indietro di una dozzina di ore.
Due donne, sorelle, due famiglie, una con prole al seguito, l’altra è in fuga giacché rimasta incinta e chiede aiuto; il libro maledetto, però, fa capolino nell’appartamento, l’antica formula viene recitata e il demone prende il sopravvento.
La Casa: Il risveglio del male gioca con lo spettatore utilizzando stilemi forti, iconici, agganciandosi sia alle sue origini quanto alla stessa storia del cinema horror. La Casa ha sempre presentato grande cura alla natura estetica del concetto di possessione demoniaca, lungi dalle classiche declinazioni con esorcista al capezzale pronto a estirpare l’entità. Qui i corpi sono veri e propri veicoli motrici di disperazione e infezione, l’ilarità che rese quel La Casa 2 leggendario diventa la voglia del demone stesso di deridere le povere vittime.
il film è una promessa mantenuta su sangue, tensione e adrenalina. uno degli horror più interessanti dell’anno
Ma è anche un film che sfrutta gli stilemi del cinema horror per replicare e incastrare vari momenti, tutti estremamente riusciti, coma la fuoriuscita di litri di sangue dalle porte di un ascensore o anche il classico uso della tecnologia nel richiamare e veicolare i messaggi demoniaci, o la stessa esecuzione attiva del demone nei corpi delle vittime. Tutto allo stato dell’arte, rivisto e contestualizzato per l’obiettivo comune, ma consapevole e ben innestato.
A deludere invece è la scrittura, che vorrebbe sfruttare la metafora dell’horror come declinazione delle paure che tengono sotto scacco il genere umano. Mentre fuori dalla porta di un appartamento ci sono l’ignoto e il pericolo, c’è chi lotta per tenere unita la famiglia e anche chi cerca di sopravvivere per dare alla luce lo stesso nucleo famigliare. Un accenno di tocofobia pervade l’opera, ma esattamente come l’incontro/scontro tra le due sorelle avverrà più sul piano demoniaco più che quello terreno, tutte le intenzioni metaforiche si perdono poco dopo, dando ragione a quella fetta di pubblico che da un horror di questo calibro vuole lo splatter condito da litri di sangue. Con un risultato così convincente, come dargli torto?
VOTO 7.5
Genere: horror
Publisher: Warner Bros
Regia: Lee Cronin
Colonna Sonora: Stephen McKeon
Interpreti: Mirabai Pease, Richard Crouchley, Anna-Maree Thomas, Lily Sullivan, Gabrielle Echols
Durata: 97 minuti