Time Machine Reloaded #2 – Codemasters e Micro Machines

Questa seconda puntata della Time Machine Reloaded è la diretta continuazione del viaggio alla scoperta di Codemasters iniziato qualche settimana fa. In quell’occasione avevamo lasciato i fratelli Darling gioiosi e beati nel più classico scenario stile Davide contro Golia: Nintendo aveva perso la causa contro Galoob, il distributore del Game Genie, e spalancato le porte a una vera e propria invasione di versioni e revisioni della vendutissima periferica. Codemasters nel frattempo si era spostata in una ex fattoria del Warwickshire per avere lo spazio necessario da dedicare alla logistica, indaffaratissima nel creare declinazioni del Game Genie per praticamente ogni console esistente all’epoca. Se il futuro pareva ormai cementato presso le lande di Nintendo e SEGA, la vecchia Inghilterra e l’amato mercato dei giochi economici continuavano generosamente a riempire le casse della software house, non senza qualche problema.

Gli otto bit si avviavano verso il viale del tramonto e molte realtà di prim’ordine come Ocean avevano iniziato a invadere le rastrelliere dei budget games con riedizioni economiche di vecchi successi a prezzo pieno, creando una strenua opposizione all’egemonia fino ad allora esercitata dalla continua (seppur altalenante) offerta dei Darlings. Un dominio che iniziò a scricchiolare con la pubblicazione di Pro Boxing Simulator, ovvero la riedizione di By Fair Means or Foul, un vecchio gioco di pugilato creato da Superior Software dove è possibile sbizzarrirsi con gomitate e cattiverie assortite nei momenti in cui l’arbitro è distratto. Pubblicato nel 1990, scatenò l’ovvio malcontento da parte di quegli sprovveduti videogiocatori che avevano già comprato anni prima il gioco originale, convinti di aver investito i propri risparmi in un titolo nuovo di pacca. Il mercato, tuttavia, continuava ad amare i due fratelli, premiando l’arrivo dei puntuali seguiti di Dizzy e il debutto di Seymour, un nuovo personaggio assai simile alla creazione dei gemelli Oliver nella forma e nella struttura stessa delle sue avventure, ambientate stavolta nel mondo reale in una serie di cinque giochi. Il vero successo, però, arrivò proprio sulla console Nintendo che tanti grattacapi aveva causato per la questione del Game Genie: nel 1991 esce infatti Micro Machines, e milioni di presunte amicizie iniziarono a incrinarsi all’unisono. Inizialmente concettualizzato con il nome California Buggy Boys da un gruppo di sviluppatori interno capitanato da Andrew Graham, il gioco venne legato alla celebre linea di giocattoli in seguito alla richiesta di Lewis Galoob durante un incontro di affari. Il fondatore dello stesso marchio che aveva affrontato in tribunale i legali di Nintendo per continuare a vendere il Game Genie, aveva chiesto insistentemente a David Darling di sviluppare un videogioco legato alla linea Micro Machines, in modo da trainare le vendite sotto tono delle celebri automobiline. In seguito alle dovute modifiche a livello di scenario e ambientazione, California Buggy Boys divenne un gioco davvero eccezionale, per giunta ideato sulla base dell’amatissimo BMX Simulator. Chissà se i suoi creatori avevano intuito che il bello sarebbe dovuto ancora arrivare, innalzando il successo fino ad allora ricevuto all’ennesima potenza tre anni dopo, sull’ammiraglia della rivale SEGA.
Micro Machines

Micro Machinese è inizialmente concettualizzato con il nome California Buggy Boys

Codemasters era diventata nel frattempo un colosso con oltre settanta dipendenti sul libro paga, senza contare i freelancer, e l’esperienza maturata fino a quel momento venne messa all’opera per creare l’uovo di Colombo, ovvero la J-Cart. Si tratta di una particolare cartuccia per il Mega Drive dotata di porte per connettere altri due pad oltre a quelli normalmente supportati dalla console, permettendo dunque esaltanti sfide per più giocatori senza l’obbligo di possedere costose (e piuttosto rare anche all’epoca) periferiche come il Team Player di SEGA. Debutta inizialmente assieme al gioco Pete Sampras Tennis, conosciuto durante lo sviluppo come Tennis All Stars prima che Pete firmasse come testimonial, ma esplode come una supernova assieme a Micro Machines 2 Turbo Tournament. Più grande, vario e divertente: il nuovo Micro Machines diventa in breve un fenomeno di costume, riscuotendo votazioni da capogiro su tutte le riviste di settore, qualificandosi immediatamente come capro espiatorio riguardo gli eventuali ritardi di pubblicazione. Era pratica comune infatti leggere di tornei al fulmicotone che duravano fino a notte fonda presso questa o quella redazione, dove tutti erano impegnati in sfide all’ultima curva al posto di mandare le relative riviste in stampa! Uno scenario assolutamente credibile, specie perché il gioco permetteva anche di condividere i singoli pad con un amico, arrivando a imbandire micidiali sfide dove otto partecipanti sbraitavano davanti allo schermo come ossessi, creando l’esperienza multigiocatore definitiva per la generazione a sedici bit. Il successo viene obbligatoriamente seguito da Micro Machines Military, pubblicato sulla medesima macchina due anni dopo, ancora straordinariamente fresco e, anzi, corroborato dalla possibilità di far fuoco contro i veicoli altrui. Si tratta di un gioco sviluppato dalla sussidiaria Supersonic Software in un periodo in cui i Darling erano rintanati nei loro uffici, intenti a contare mazzette di sterline e a decidere in che direzione si sarebbero mossi durante la seguente generazione di console. Parafrasando il custode templare alla fine de L’Ultima Crociata, scelsero molto bene: sebbene la demo di un’ipotetica versione Saturn del successo annunciato Micro Machines V3 venne presentata all’E3 del 1996, la produzione di Codemasters si focalizzò interamente sulla primissima console SONY, pubblicando durante il solo 1997 un appetitoso terzetto composto dal già citatato Micro Machines V3, Sampras Extreme Tennis e TOCA championship Racing, seguiti a ruota l’anno dopo dal fenomenale Colin McRae Rally.

Codemasters guidava la carica degli sviluppatori britannici su una macchina all’avanguardia durante una delle più nette e importanti rivoluzioni videoludiche

Assieme alla collega Psygnosis, Codemasters guidava la carica degli sviluppatori britannici su una macchina all’avanguardia durante una delle più nette e importanti rivoluzioni videoludiche, un avvenimento che non può essere giudicato con leggerezza, oggi come ieri. La dedizione a SONY fu totale, tanto che l’unico gioco con cui i fratelli si concessero una deviazione fu Micro Machines 64 Turbo, ovvero una conversione del campionissimo Micro Machines V3, messo sul mercato nel 1999 per il Nintendo 64. Addirittura, alla compagnia venne chiesto di sviluppare una versione arcade del suo gioco di maggior successo dell’epoca da far girare sulla nuovissima scheda Namco System 12, messa sul mercato nel 1996. I Darling ricevettero un sontuoso coin-op di Tekken 3 con l’obiettivo di rendere il loro blockbuster perfettamente giocabile su tale hardware, ma l’idea venne accantonata perché le dinamiche imposte dai giochi mangia gettoni avrebbero limitato le opzioni a disposizione dei giocatori, diminuendo il divertimento. Nel frattempo, il successo che i fratelli avevano ottenuto in gioventù grazie alle precise strategie di Bruce Everiss (abbiamo parlato di lui nella scorsa puntata della rubrica) venne amplificato a dismisura dalla trionfale accoglienza riscossa dai loro giochi, tanto che David Darling vinse il premio UK National Entrepreneur of the Year nel 2000. Fu un periodo di successi straordinari, seguiti da grandi annunci; tra questi, l’intenzione di sviluppare giochi per la nascitura Xbox, la creazione di un network per il gioco online e il varo di Operation Flashpoint, ennesima serie di successo destinata a occupare senza troppa fatica i primi posti delle classifiche. Al culmine della gloria, Codemasters aveva addirittura in cantiere un MMORPG chiamato Dragon Empires, annunciato verso la fine del 2001 e cancellato tre anni dopo a causa dell’inadeguatezza dell’infrastruttura online, incapace di supportare l’imponente carico dei beta tester.

Codemasters è divenuta sinonimo di eccellenza per chi ama il mondo dei motori

Verso la metà del primo decennio del nuovo millennio avvennero però fondamentali cambiamenti al vertice, con l’azienda rilevata dal colosso Balderton Capital e l’abbandono da parte degli stessi fondatori nel 2007, in seguito alla vendita dei propri pacchetti azionari. Un avvenimento importantissimo, insufficiente però a rallentare l’offerta della software house, pronta a lanciarsi in nuove sfide come la pubblicazione di titoli decisamente fuori dagli schemi come Clive Barker’s Jericho, uno dei guilty pleasure più inconfessabili di chi sta scrivendo queste righe! Il core business principale, però, continua a essere focalizzato sui giochi di guida con titoli quali Race Driver: Grid o Dirt, nonostante un ulteriore passaggio di consegne avvenuto nel 2010, quando la compagnia fondata dai Darling venne rilevata da Reliance Entertainment. In trentadue anni di carriera, Codemasters è divenuta sinonimo di eccellenza per chi ama il mondo dei motori, tanto da acquisire talentuose realtà come il SEGA Racing Studio di Solihull: il traguardo ideale per una piccola compagnia che deve il suo iniziale successo proprio al genere corsistico grazie all’enorme successo di “giochini”, come l’ormai preistorico Grand Prix Simulator.

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