Per capire chi siamo, dobbiamo sapere da dove veniamo. Lo studio della storia mi ha spesso posto di fronte a numerosi dilemmi etici e morali, riguardanti momenti che ancora oggi vengono ricordati non solo nei libri, ma anche grazie a diverse ricorrenze, necessarie per impedirci almeno in parte di commettere gli stessi errori del passato. Preservare questi momenti ci permette di sopravvivere alle tentazioni del lato oscuro del nostro animo, ed è per questo che ogni tentativo di ricordare ciò che è stato, magari sfruttando una chiave espositiva originale a seconda dei medium in cui viene riprodotta, è cosa degna di ammirazione.
Seguendo questo ragionamento colgo l’occasione di portare in evidenza My Memory of Us, un gioco pubblicato dal piccolo studio polacco Juggler Games che tenta di proporre, in chiave videoludica, alcuni dei momenti più difficili della Seconda Guerra Mondiale: l’inizio del conflitto nel 1939 e la successiva ghettizzazione degli ebrei.
L’AMORE È LA CHIAVE
Il ritrovamento di un album fotografico da parte di una ragazzina sorridente risveglia in un bibliotecario memorie sopite da tempo, che vengono a galla grazie al ricordo di tante avventure vissute dal protagonista insieme a una bambina. La spensieratezza dei due fanciulli si dissolve in un baleno a causa dell’invasione da parte di un esercito di robot, i quali in maniera piuttosto edulcorata e fiabesca cominciano a dipingere di rosso i vestiti di alcune persone, per poi chiuderle all’interno di un ghetto, separandole da coloro con cui avevano trascorso la loro vita fino a quel momento.
I due bambini si trovano quindi a gestire la loro infanzia in un modo che oggi troveremmo inimmaginabile, e tale passaggio, scandito con ritmo dalla narrazione della storia divisa in capitoli, riusciamo a sentirlo sulla nostra pelle grazie alla purezza con cui viene presentata l’intera vicenda. Ed è importante sottolineare questo passaggio innanzitutto, perché il messaggio che gli sviluppatori vogliono trasmettere con My Memory of Us è chiaro come il sole in una giornata d’estate: non è tanto lo schema o la rappresentazione dei personaggi a fare la differenza, quanto invece la facilità con cui la nostra mente, a conoscenza dei fatti realmente accaduti, riesce immediatamente ad associare luoghi, immagini e personaggi.
Il gioco presenta molti momenti toccanti condivisi dai due bambini, enfatizzando il concetto di amicizia anche durante le difficoltà
A chiudere il gioco di similitudini e metafore è la colonna sonora, che non si avvalora in alcun modo di un doppiaggio in qualsivoglia lingua, sfruttando – al contrario – dei dialoghi senza parole fatti da suoni divertenti, che cambiano vocalità diventando stridii nel caso dei robot. È quindi importantissimo evidenziare che il titolo vuole esplicitamente descrivere una condizione di miseria e disagio durante una guerra, utilizzando come metodo espositivo l’arma più forte in circolazione: la leggerezza di un sorriso.
LA SEMPLICITÀ COME ARMA
Al posto di sfruttare meccaniche di gameplay complesse e stratificate, il titolo sviluppato da Juggler Games si affida alla formula semplice dei platform bidimensionali, lasciando a noi giocatori il compito di guidare simultaneamente i due bambini all’interno dei capitoli proposti in questa occasione (per un totale di diciotto).
Il gameplay elimina una struttura articolata per lasciare spazio alla semplicità, permettendo a chiunque di godersi l’avventura
Anche se la struttura ludica di questo videogioco può sembrare semplice, o addirittura banale, nella sua esposizione, non posso fare a meno di pensare che il medesimo potrebbe risultare un ottimo espediente per avvicinare i più giovani al ricordo, senza necessariamente farli scontrare subito con la serietà di diverse ricorrenze come il Giorno della Memoria. Utilizzare una chiave fatta di sorrisi, ma anche di parole e concetti toccanti, finisce per risultare il metodo migliore utile a farci capire da dove veniamo per non fare gli errori del passato. Pensateci su, ne vale la pena.