Accaldati dalle temperature estive? Pronti per andare in vacanza? E se il vostro aereo si schiantasse, lasciandovi su un’isola deserta, magari con i vostri tre migliori amici, che fareste? Secondo gli sviluppatori Aggro Crab e Landfall, vi mettereste a scalare una misteriosa montagna!
Sviluppatore / Publisher: Aggro Crab, Landfall / Aggro Crab, Landfall Prezzo: 7.49 € Localizzazione: no Multiplayer: Co-op online PEGI: n.d. Disponibile Su: PC (Steam) Data di lancio: disponibile ora Genere: Action roguelike co-op
Ma quanto è difficile fare un videogioco sull’arrampicata? E’ uno sport così fisico! Certo, lo si potrebbe dire anche per tanti altri, ma qui stiamo parlando di un’attività in cui la chiave è il coordinamento di ogni singolo arto, in cui lo spostamento del proprio baricentro di qualche millimetro può fare la differenza tra mantenere la presa e scivolare. Come si trasferisce in digitale qualcosa di così finemente analogico?
Altri ci hanno provato in passato, e anche con buoni risultati: The Climb è una delle prime esperienze VR, e non è affatto male. Altri sviluppatori hanno seguito strade diverse: in Jusant, per esempio, l’aspetto narrativo ha il sopravvento rispetto alla simulazione tecnica, e della montagna si prende soprattutto lo spirito, la sua componente più ascetica e meditativa. PEAK cerca una strada tutta sua, sia a livello di gameplay che nel suo approccio al mondo dell’arrampicata.
L’AEREO È IL MEZZO DI TRASPORTO PIÙ SICURO
La premessa è molto semplice: stavamo semplicemente cercando di andare in vacanza, ma, con la solita fortuna che abbiamo, il nostro aereo si è schiantato sulla spiaggia di un’isola deserta. Una piccola, piccolissima isola, ma con una montagna pazzescamente alta al suo centro.
La nostra unica speranza di salvezza è raggiungerne la cima per far arrivare l’elicottero di salvataggio che ci porterà a casa. Se vi state chiedendo perché l’elicottero non possa atterrare sulla spiaggia dove i resti dell’aereo sono ben visibili, la risposta è molto semplice: in quel caso, PEAK sarebbe un gioco molto ma molto breve. L’approccio alla scalata in quanto sport è molto semplificato: possiamo arrampicarci quasi su qualsiasi superficie, e il consumo di stamina è il medesimo sia che stiamo salendo su una pendenza media o molto alta. In sostanza, dobbiamo gestire la nostra barra di energia, che parte al massimo, ma viene ridotta in fretta a causa dei motivi più disparati: vogliamo farci carico di uno zaino per portarci dietro più provviste? Il peso ridurrà la stamina a disposizione per l’arrampicata. Non mangeremo abbastanza spesso? La fame avrà lo stesso effetto. Toccheremo spine velenose? Stessa roba. Sfioreremo colate laviche? Sì, avete indovinato cosa succede.
L’approccio alla scalata in quanto sport è molto semplificato
Per non parlare delle cadute, che causano ferite che possono essere curate solo con rarissimi bendaggi o kit di pronto soccorso. C’è quindi un aspetto strategico nel decidere quanta roba portarsi dietro: meglio essere attrezzati per ogni evenienza, o viaggare leggeri per avere più stamina, contando di non fare nessun tipo di errore? A voi la scelta. C’è un aspetto di PEAK che mi ha ricordato l’esperienza dell’arrampicata in real life, e cioè quel momento in cui sei davanti a una parete, la scruti in ogni dettaglio, e pensi: “E mo’ da dove salgo?”. In questo gioco infatti conta molto la lettura dello scenario per capire da dove salire.
Ci sono molteplici vie, ma ci sono anche vicoli ciechi, che fanno perdere tempo prezioso, e nel frattempo salirà la nebbia. Perchè ovviamente non bastavano cibi avvelenati, rovi e tutto il resto. No, pian piano sale anche una gelida nebbia che, se ci raggiunge, ci causerà progressivo congelamento fino a portarci alla morte. Questo elemento mette quindi pressione, obbligandoci a pensare in fretta che strada prendere verso la vetta, sperando di averci visto lungo e, con un po’ di fortuna, di aver evitato tratti più ostici di altri.
PEAK, OVVEROSIA: “NON MI LASCIARE GABEEEEEE”
PEAK è un’esperienza piuttosto arcade, nel senso che c’è un’unica modalità, si parte sempre dalla spiaggia e si affrontano uno dietro l’altro dei macro-livelli ambientati in diversi biomi, che spaziano con una certa fantasia dalla classica montagna innevata a quella vulcanica ricca di fiumi di lava attivi, passando per aree tropicali piene di liane che fanno da scorciatoie. Non c’è una campagna narrativa, né selettori di livelli o altre facezie simili come modalità d’allenamento. Se pensate che scalare questi picchi sia più che altro una questione di esperienza, e basti imparare quale sia la traccia più agevole da seguire, mi sa che ci hanno pensato anche gli sviluppatori. Per questo motivo, ogni ventiquattr’ore ci troveremo davanti a livelli nuovi di pacca, di fronte i quali la conoscenza accumulata fino a quel momento sarà quindi inutilizzabile.
PEAK è pensato come esperienza co-op fino a quattro giocatori
Questo continuo cambio di scena mi è parsa un’idea semplice ma geniale, che riduce la ripetitività in caso in cui avessimo dovuto affrontare sempre le stesse rocce una dopo l’altra. D’altra parte, PEAK implementa un sistema strettamente roguelike che a me non ha convinto affatto. Quando si raggiunge la cima di una delle aree di cui vi ho detto, si accende un falò e compare la nuova cima da scalare, la cui difficoltà aumenta in maniera netta rispetto a quella precedente, sia in termini di percorsi da individuare che di ostacoli da evitare. La scelta di utilizzare proprio un falò, tra l’altro, mi è sembrata un po’ una trollata, perché in realtà non esiste nessun tipo di salvataggio: se dovessimo morire, alla partita successiva ripartiremo dalla spiaggia. Back to square one, insomma.
A me questo sistema non piace perché mi impone di dover passare del tempo a ripercorrere quei livelli che ormai ho imparato a affrontare senza particolari problemi, mentre vorrei ritrovarmi subito sulla parte della montagna che rappresenta ancora una sfida. E siccome il tempo a disposizione di ognuno di noi è di solito un bene di lusso, non apprezzo molto quando quel tempo viene sprecato. Chiaramente si tratta di un’opinione personale, ma lo trovo comunque un aspetto importante da consoscere, di fronte al quale ognuno può farsi un’idea propria. Altrettanto fondamentale è capire che PEAK può sì essere giocato in solitaria, ma è pensato come esperienza co-op fino a quattro giocatori, tutti rigorosamente amici nelle nostre liste di Steam, visto che non esistono opzioni di matchmaking. In gruppo ci sono modi per aiutarsi a vicenda, come far salire sulle spalle un compare, oppure tendere la mano per recuperare amici in difficoltà. Potrebbe sembrare che si guadagnino poche decine di centimetri, ma spesso questo può far la differenza tra la vita e la morte. In questa configurazione, PEAK ha il potenziale di offrire momenti degni del prologo di Cliffhanger, e infatti si dimostra abbastanza a proprio agio nel dare spunti per reel di TikTok con momenti che spaziano tra l’epico e l’assurdo più ridicolo, anche grazie all’estetica degli scalatori, ben poco seriosa.
In Breve: Niente campagna, niente modalità alternative. Niente fronzoli, insomma. PEAK si focalizza nel fare una cosa sola, e prova a realizzarla al meglio. In questo caso, poi, si tratta di uno di quei rari esempi in cui il livello di divertimento è direttamente legato alle persone con cui lo giocherete: la sua natura lo rende perfetto come titolo co-op da condividere con un gruppetto di amici stretti, sempre che non si facciamo spaventare troppo dalla componente roguelike.
Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: i7 14700k, RTX 4070 SUPER 12GB, 32GB RAM DDR5, SSD
Com’è, Come Gira: Se ci fosse stato anche solo qualche leggerissimo calo di framerate, avrei sfasciato il gamepad contro una parete. Il comparto tecnico di PEAK gli permette infatti di girare anche su configurazioni leggere.