Phantom Fury – Recensione

PC

La cara, mai invecchiata e più arrabbiata che mai Shelly “Bombshell” Harrison torna con Phantom Fury, ispiratissimo prosieguo di Ion Fury (qui la nostra recensione), un boomer shooter pubblicato nel 2020 che ha deliziato tutti quanti. Me compreso. La vendicatrice numero uno del panorama dei videogiochi sparatutto sarà riuscita a riconfermarsi un’altra volta?

Sviluppatore / Publisher: Slipgate Ironworks / 3D Realms Prezzo: ND Localizzazione: Assente Multiplayer: ND PEGI: 16 Disponibile su: PC  Data di lancio: Già disponibile

Sì, lo ha fatto. Ma come, potrei già chiudere qua la recensione e procedere, che so, a ad altro? Sarebbe troppo semplice. Phantom Fury, però, merita davvero di essere approfondito a dovere, ora che è disponibile su PC (Steam) e ha tutte le carte in regola per offrire ore di gioco spensierate come ha fatto il predecessore due anni fa. Intanto, è bene sottolinearlo: il ritorno di Shelly, che aveva fatto un pochino perdere le tracce negli ultimi anni (nonostante la demo proposta qualche mese fa), è un ritorno più che lieto. Intanto, per come si propone, ma soprattutto per cosa intende offrire di diverso rispetto al precedente capitolo.

È bene sottolinearlo, così da rendere al meglio l’idea: Phantom Fury è un pregevolissimo tentativo di fare meglio rispetto al passato. Un risultato che, al netto di qualche piccola complicazione, ha comunque premiato in modo entusiasta quanto è stato effettivamente proposto al giocatore. È cambiato il motore di gioco, ed è bene parlarne: se qualcuno ha ancora in testa Ion Fury, ricorderà bene quanto la produzione s’ispirasse a Duke Nukem, adottandolo per plasmare l’avventura e farla sia digerire a chi è rimasto indietro con la testa e a coloro che cercano una produzione del passato con l’approccio del presente.

Phantom Fury è un pregevolissimo tentativo di fare meglio rispetto al passato

Come moltissimi boomer shooter presenti sul mercato, anche Phantom Fury, a sua volta collegato con il mondo incredibile del Duca più famoso del panorama dei videogiochi, cerca di ravvivare una fiamma che, lo ammetto, sono proprio felice non si estingua affatto.

DAL COMA AL RISCATTO

Shelly, in coma profondo da quattro anni, si è risvegliata. Ricordate quando ci siamo destati tutti in DOOM (2016), cominciando a triturare da parte a parte demoni e dando al mondo una sontuosa scossa? Ecco, con Phantom Fury ciò che accade è allo stesso tempo vivacissimo e brillante: s’inizia a triturare la qualunque con l’obiettivo di sfuggire alla morte, con ill solo obiettivo di scappare da un luogo che, purtroppo, sta sempre più collassando su sé stesso. Non passano neanche dieci minuti, e la povera Harrison viene reclutata per una missione difficilissima: recuperare il Cuore Demoniaco, un artefatto che ha i poteri di distruggere e annettere l’intera umanità, soggiogandola e costringendola all’estinzione.

Su le mani, vecchio.

È una trama classica, certo, ma ciò che cattura immediatamente rispetto al passato è ciò che ha reso il primo capitolo di assoluta caratura: Shelly si ritrova in un mondo cambiato, ora dominato dalla GDF, una corporazione che, a sua volta, è legata fino alla nausea con la politica e lo strapotere statunitense. Senza fare spoiler che potrebbero rovinarvi l’esperienza, Phantom Fury si può dividere in due approcci narrativi distinti: da una parte una vendicatrice tornata dopo il come con lo scopo di ammazzare e fare male ai suoi nemici, compiendo massacri allo stesso modo della Sposa di Kill Bill, dall’altra una combattente che assume una maggiore consapevolezza di come giri effettivamente il mondo, accorgendosi che nulla è come sembra

.È una trama classica, certo, ma ciò che cattura immediatamente rispetto al passato è ciò che ha reso il primo capitolo di assoluta caratura

Al riguardo, si ha la costante certezza che niente potrebbe effettivamente accadere che possa sconvolgere l’intero piano esistenziale della protagonista. Nessuno ha però fatto i conti con la verità, quella che è bene scoprire da soli e senza particolari indicazioni. Pur non proponendo chissà quali grandi e assoluti colpi di scena, Phantom Fury è una produzione con una storia ben scritta e narrata, arricchita da una crescita totale della stessa Shelly, divisa a sua volta con il passato e sospesa, allo stesso modo, con un presente che è ben più periglioso di quanto avesse mai effettivamente previsto.

IN PHANTOM FURY SI SPARA E ANCHE BENE

Il videogioco di Slipgate Ironworks è, come accennavo prima, uno sparatutto in prima persona che s’ispira a motori grafici vetusti ma sempre iconici. In questo caso, cambia completamente quel genere di approccio, e la produzione si potrebbe definire un modernissimo DOOM 3 con ispirazioni ai moderni FPS. Penso, in tal senso, a opere come Wolfenstein: l’utilizzo di una sega per aprire le porte sbarrate, d’altronde, rimanda con la testa a The New Colossus a opera di MachineGames, produzione assolutamente memorabile e dal grande stampo. Ciò che però definisce ancor più Phantom Fury è la scelta di deliziare il giocatore con situazioni spesso al limite come si confà a un classico Duke Nukem al femminile. Quanto è proposto, infatti, riesce a convincere e sorprende, dando al giocatore un numero esagerato di possibilità e momenti da scoprire e definire, fornendo inoltre la possibilità di godere di un ottimo gunplay.

Un manganello elettrificato per impedire ai nemici di muoversi nervosamente? Check.

È un’evoluzione, infatti, di Ion Fury: è un sistema maggiormente più fluido, specie se si sceglie di affidarsi a mouse e tastiere com’è stato fatto da me nel corso della scoperta di Phantom Fury. Pur non innovando particolarmente la formula, l’armamentario di Phantom Fury è vasto, VASTISSIMO, ricco di armi e bocche di fuoco capaci di dare appagamento e soddisfazione nel corso dell’intera esperienza, lunga e sempre piena zeppa di moltissimi momenti ben inseriti per dare all’opera ancora più cose da fare e vedere.

Phantom Fury, al riguardo, è un videogioco estremamente vario: non si limita a essere un FPS come ce ne sono tanti, ma prende un pochino da altri esponenti del genere

Phantom Fury, al riguardo, è un videogioco estremamente vario: non si limita a essere un FPS come ce ne sono tanti, ma prende un pochino da altri esponenti del genere. Penso, e lo faccio col sorriso, ad Halo: nell’opera è infatti possibile muoversi anche con i mezzi di trasporto, salendo a bordo di una jeep che potrebbe ricordare i momenti fantastici vissuti da Master Chief nei vari videogiochi della saga, su un elicottero e, addirittura, a bordo di un sottomarino. Il tutto è spalmato ottimamente, con l’obiettivo di non limitarsi alle chiavi blu, gialle, verdi e rosse da cercare per accedere successivamente a una nuova area. L’esplorazione, maggiormente curata e ancora ben implementata, dà modo di interfacciarsi con un mondo di gioco curato, diverso per atmosfere e momenti da vivere.

Un classico fucile a pompa che sa sempre il fatto suo.

Complice l’ispirazione, Phantom Fury permette di evolvere le capacità belliche di Shelly: grazie a esse, muta e si rafforza, diventando letteralmente una combattente nata. E le sue skill, lo ammetto, sanno proprio intrattenere. In certe situazioni, ammetto che il level design ha saputo mettermi in seria difficoltà: tutto è pensato, in tal senso, per offrire una sfida elevata e linea con il passato, ma comunque capace di non differenziarsi troppo da altre produzioni. Scelta che, come visto con il recente Stellar Blade, funziona e anche bene.

UN LATO TECNICO TALVOLTA CLAUDICANTE

Se le atmosfere, le musiche, le scelte narrative e il sistema di gioco funzionano e coinvolgono, il lato tecnico a volte non sembra voler collaborare. Sia chiaro: il videogioco non soffre di particolari problemi, questo soprattutto grazie alle tempestive patch pubblicate nel corso degli ultimi giorni per sistemarlo a dovere.

La produzione è stata aggiustata, ma il sentore che si potesse fare molto di più sotto questo aspetto è inebriante

Al riguardo, ora la produzione è stata aggiustata, ma il sentore che si potesse fare di più sotto questo aspetto è molto forte: spesso, tra le altre cose, ho dovuto ricaricare un vecchio salvataggio per recuperare a che punto ero nell’avventura. Niente di particolarmente grave, comunque, specie per cosa offre la produzione. Tutto è, dunque, rientrato a dovere, ma serve ancora una pulizia più marcata.

In Breve:  Phantom Fury è un FPS classico che riesce a coinvolgere e intrattenere. È un’evoluzione semplice ma ben curata del suo predecessore, al quale deve molto e che sa essere, ancora oggi, un ottimo metro di paragone nel panorama dei boomer shooter. La nuova produzione, pur non brillando per l’originalità, sa essere un notevole seguito.

Piattaforma di Gioco: PC
Com’è, come gira: Al gioco serve ancora qualche piccola rifinitura, ma le complicanze maggiori sono state sistemate. Anche se sono presenti alcuni bug, il videogioco di sa davvero il fatto suo.<

 

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Pro

  • Piacevole e leggero / Storia interessante e coinvolgente / Di nuovo nei panni di Shelly / Gameplay evoluto

Contro

  • Un lato tecnico talvolta claudicante / Non particolarmente nulla di nuovo
8

Più che buono

Cosa succede se unite letteratura, tanta curiosità e un mix letale di videogiochi indipendenti e di produzioni complesse? Otterrete Nicholas, un giovane virgulto che scrive tanto e vuole scrivere di più. Chiamato "Puji" ben prima di nascere, dovete dargli una penna per tenerlo calmo. O al massimo un pad.

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