Ho sognato sangue sul Gòlgota, la mia spada benedetta dalla linfa del Divino.
Nella notte cupa, gli occhi a mandorla di Grace si dischiudono e rivelano il lucore delle stelle; la distanza tra noi è fonda come le orme calcate dall’unicorno.
Sono passati diciott’anni dall’ultima vicenda di Gabriel Knight, lo Schattenjäger per antonomasia, e mai ho rimpianto altra trilogia in siffatta maniera, soprattutto perché parliamo di giochi – nel nostro caso “avventure”, in senso propriamente detto – che non hanno spalmato un’unica storia sull’arco di diversi episodi, ma di tre capitoli a sé stanti (Le Colpe dei Padri, La Bestia Dentro e Il mistero di Rennes-le-Château), fatta eccezione per gli immancabili rimandi e per il background dei personaggi che ha visto vizi e virtù affastellarsi nell’arco di altrettanti titoli, creando character vivi e profondi.
AL VOLGERE DELLA MAREA
Poco prima del nuovo millennio, accade il disastro: si afferma la telefonia mob… ahem, intendevo dire, le avventure varcano la “concreta” soglia del 3D. Soprattutto, escono tre giochi meravigliosi, a cavallo di due anni (1998 e 1999), nessuno di questi – tuttavia – accolto da consensi stellari.
Sono passati diciott’anni dall’ultima vicenda di Gabriel Knight, lo Schattenjäger per antonomasia, e mai ho rimpianto altra trilogia in siffatta maniera
GABRIEL KNIGHT, CHI ERA COSTUI?
Gabriel Knight, residente originariamente a New Orleans, la città a mezzaluna, è il proprietario del St. George’s Books, un negozio di libri antichi che conduce con ben poco successo, basti guardare al contenuto modesto della cassa, tristemente collocata sul bancone del negozio, e alle cui spalle spicca il lugubre dipinto realizzato dal padre: un teschio color veleno la cui orbita destra è attraversata da un rettile corallo.
Gabriel Knight è uno Schattenjäger, una stirpe di cacciatori di ombre interamente dedita a respingere gli assalti del male in ogni sua forma
Per rintuzzare gli assalti delle forze avverse, il nostro avrà a disposizione, oltre al suo charme (che funziona in egual misura con donne e uomini, altra perla di J.J.), due cimeli di famiglia: un talismano recante l’effige di un serpente che avvinghia un leone, e che potrà usare come “scudo” per repellere il nemico, e un pugnale benedetto, che sovente adopererà per azioni men che nobili (tagliare una ciocca di capelli, allentare le viti di una grata), a dimostrazione che Gabriel è diventato uno Schattenjäger davvero suo malgrado. La terza vicenda dedicata al cacciatore di ombre, in particolare, vede Gabriel sulle tracce di una blasfema setta di vampiri che, a inizio avventura, rapisce un bambino di nobile casato. L’incipit, con una curiosa policy, forse rappresentante le vestigia degli antichi sistemi di protezione, è contenuto in una graphic novel, dove vengono presentati l’antefatto e la corsa a perdifiato che porta Gabriel sulle tracce dei rapitori fin nei pressi della stazione. Il gioco vero e proprio inizia con il nostro che giace tramortito: i suoi sensi vacillanti “registrano” una criptica frase “c’est san gréal”, mentre allegoriche immagini di unicorni, feti umani, giardini pastorali e viticci che mutano in grondante e appiccicoso sangue impreziosiscono la cinematica d’apertura, purtroppo a bassa risoluzione, ma accompagnata dall’eccellente main theme a cura di Robert Holmes. Arrivati alla stazione di Couiza, e successivamente all’hotel di Rennes, inizia l’avventura dal taglio fortemente investigativo, come da tradizione.
SANGUE DEI SANTI, SANGUE DEI DANNATI
Oh, vorrei avere la penna di Jane Jansen per narrarvi di quel terzo capitolo di Gabriel Knight, che personalmente considero come l’apice dell’Avventura, e ancora gradirei che il genere più bello che mai abbia graziato i nostri monitor fosse ancora vivo e vivido come lo fu negli anni d’oro. Ahimè, oso dirlo, il “grande pubblico” non è mai stato particolarmente ricettivo di fronte a storie di altissimo spessore; Torment, il già citato Grim Fandango, e l’ultima indagine di Gabriel ne sono lampante prova. In ogni caso, con Gabriel Knight 3: Il mistero di Rennes-le-Château, l’autrice statunitense imbastisce una cospirazione a tema religioso/politico à la Dan Brown, con la dovuta spruzzata di soprannaturale; lo fa, tuttavia, con quattro anni di anticipo su Il Codice da Vinci, quando i tempi – forse – non erano ancora maturi, quando non era ancora di moda avanzar ipotesi di complotti nella casa del Signore e l’ombra di alcuni recenti scandali non aveva gettato la sua lunga silhouette sulla Chiesa.
L’avventura di Jane Jensen (già coautrice insieme a Roberta Williams di King’s Quest VI) si basa a tratti sulla medesima bibliografia che fa da fondamenta al bestseller browniano (in particolare, il saggio Holy Blood, Holy Grail), affrescando una vicenda che parla della discendenza di Cristo e di come questa possa con ragionevole probabilità, nei termini delle ipotesi avanzate dal racconto, essersi perpetuata sino ai giorni nostri. Il leitmotiv dell’opera, intrisa di Storia templare, particolarmente ricca in questa regione della Francia, è il sangue (il sottotitolo originale è, appunto, Sangue dei santi, sangue dei dannati), e pone sull’eterna scacchiera le forze del bene – il cui cavaliere bianco è, ovviamente, Knight – e la già citata setta di vampiri. Il tema del bianco contrapposto al nero, così come quello del dualismo cataro, sarà ricorrente e centrale nel gioco, e si può ben estendere ai due protagonisti, in quest’ultimo capitolo più che mai agli antipodi, ma in grado di incontrasi nella contingenza di un rapporto intimo nato quasi per caso, come rifugio contro la téma dell’incombente periglio.
Il tema portante di Gabriel Knight 3 è il sangue, intriso di Storia templare particolarmente ricca nella regione della Francia ove è ambientato il gioco
Mi concedo generosi spoiler, dacché sono passate quasi due decadi dalla pubblicazione, e approfondisco per qualche riga l’argomento della linfa vitale color cremisi che, in un tripudio di pampini e viticci, si intreccia a doppia elica col tema del vino e della vite, degli innesti e incroci, ricercati e studiati con lo scopo di manipolare i diversi “nettari” al fine di ottenere una miscela che sia quintessenziale nella sua purezza. Su queste premesse si regge la trama di Gabriel Knight 3, con il tesoro che non è dove viene marcata la X (anche se non mancheranno fasi esplorative in tal senso), ma nelle vene e nelle arterie dei protagonisti e della loro discendenza. Immaginate, dunque, le lotte di potere, gli intrighi e l’alchimia necessari per purificare il prezioso nettare, sia dal punto di vista politico, per insediare una dinastia dominante, che da quello prettamente nutrizionale, ovviamente dalla prospettiva di un emofago immortale.
Il narrato, preziosissimo, è sostenuto da un cast di voice-actor stellare: da Tim Curry (l’ugola di Gabriel, già nella prima installazione) a John de Lancie (Q di Star Trek, per chi fosse a digiuno della creatura di Gene Roddenberry), passando per Samantha Eggar (Il favoloso Dottor Dolittle) e René Auberjonois (MASH, Star Trek: Deep Space 9). I brillantissimi dialoghi alternano le necessarie fasi espositive – mai noiose, e anzi decisamente interessanti – a momenti di puro realismo, tanto che ci troviamo a fare la conoscenza con quelli che paiono personaggi veri: si va dalla presentazione formale, comprensiva dei primi, imbarazzatissimi scambi di battute, fino a tentativi poco graditi di abbordaggio, passando per caustici battibecchi, crisi di gelosia e nostalgiche rimpatriate con vecchi amici, utili anche per riassumere le vicende passate a beneficio dei neofiti della saga.
DALL’ALBA AL TRAMONTO, E OLTRE
Avete presente il ciclo giorno/notte? Quella meraviglia per cui, quando Masser e Secunda sorgono piene nel cielo di Vvardenfell, assistiamo all’avvicendarsi di luce e tenebra? Ormai diffusissimo nei titoli tripla A, ma non solo, nelle avventure non è altrettanto scontato, tanto che al momento mi sovviene la sua presenza solo in alcune ere della saga di Myst e in realMyst, opera volta a ricreare – con sensibili migliorie tecniche – il primo, indimenticabile capitolo della saga dei fratelli Miller.
Orbene, Gabriel Knight 3 tenta di simulare l’avvicendarsi delle fasi del dì suddividendo la giornata in blocchi temporali (dalle 10 a.m. alle 12 p.m., per esempio), spaccati di quotidiano al cui interno si muovono i protagonisti. Le pedine che animano il caleidoscopico universo ideato da J. Jensen degustano calici di vino, dissertando amabilmente sulle tecniche di spremitura dell’uva, si recano a pranzo o siedono alle tavole sparecchiate per una partita di Bridge, oppure visitano le campagne circostanti l’hub principale di Rennes-le-Château in sella a sgangheratissime motociclette a nolo. Gli spostamenti continui, ovviamente scriptati, avvengono principalmente tra un blocco temporale e il successivo, con il cangiare delle posizioni sullo scacchiere di Rennes che sorregge la perfetta struttura investigativa. Nello specifico, è possibile utilizzare un bicchiere per auscultare i dialoghi attraverso le porte delle stanze d’albergo, spiare e/o registrare conversazioni telefoniche, pedinare i motocicli per gli affossamenti e le gibbosità delle campagne francesi; ancora, annotare targhe, raccogliere impronte, carpire dialoghi segreti accucciati dietro il fusto di un albero, oppure intercettare movimenti furtivi orchestrati nottetempo. È possibile altresì interrogare i sospettati, recarsi al museo per apprendere la storia locale (caratterizzata dall’avvicendarsi della dominazione di Merovingi, Carolingi e Capetingi), scavare la nuda terra per dissotterrare celati preziosi, odorare prosperose cameriere, oppure munirsi di binocolo per scrutare inosservati il circondario, per un numero di gesti complessivo che copre uno spettro amplissimo di possibilità, con molte azioni che sono superflue ai fini del completamento del gioco, ma aumentano in maniera esponenziale il realismo.
Gabriel Knight 3 tenta di simulare l’avvicendarsi delle fasi del dì suddividendo la giornata in blocchi temporali
GATTI NERI E SERPENTI ROSSI
Una menzione speciale va al comparto enigmistico, che sì come un Giano bifronte videoludico presenta un volto sorridente e una faccia amara. In Gabriel Knight 3 troviamo quello che è, a mani basse, l’enigma migliore dell’intero genere (rivaleggiato e al più uguagliato da alcuni puzzle della saga di Myst, sempre lei); parlo, ovviamente, di Le Serpent Rouge, un opuscolo criptico in versi rinvenibile circa a metà gioco e contenente gli indizi per risolvere l’enigma cardine dell’avventura.
In Gabriel Knight 3 troviamo quello che è, a mani basse, l’enigma migliore dell’intero genere
EPIFANIA
Prima di passare alle meritatissime lodi, è doveroso segnalare quello che personalmente ritengo come il difetto più grave del lavoro di Jane Jensen: al comparire di un certo personaggio è immediatamente chiaro che costui è la nostra nemesi, o meglio, ciò appare lampante al giocatore. La coppia indagatrice, invece, non si accorge dell’ovvio. Questo accade anche nei primi due capitoli di Gabriel Knight, dove tuttavia la componente investigativa non è altrettanto sviluppata, consentendo di concentrasi sugli enigmi e sul narrato. Di contro, in Gabriel Knight 3 è necessario continuare a raccogliere impronte e vergare numeri di targa sul fido taccuino, già sapendo che tale, meticolosa ricerca del colpevole si rivelerà assolutamente futile.
Gabriel Knight 3 rimane una pietra miliare nel panorama delle avventure grafiche