Possono un paio di pomeriggi di passione (quella brutta) tramutarsi in un piccolo giubilo? Beh, almeno in parte, posso rispondere positivamente. I propositi di revival VR annunciati in questo editoriale, circa le conversioni di alcuni gloriosi FPS, si sono dimostrati veri fino a un certo punto: mettere le mani su Unreal VR, ad esempio, è stato emozionante solo nella misura di un’esplorazione libera dello sguardo, che è potuto passare su tre iconiche ambientazioni del gioco del 1998 ma, purtroppo, senza alcuna interazione con armi o nemici; problemi tecnici alquanto fastidiosi – di quelli che solo un PCista riesce a sopportare, mentre le palpebre calano alle due o tre di notte – sono invece occorsi sui tentativi di far funzionare (come peraltro era accaduto senza problemi meno di un anno fa) le mod VR di Nuke Dukem 3D e del primo Quake del 1996, complici mutamenti nei driver video e nelle versioni dei giochi ufficiali (non esiste più su Steam, ad esempio, la Magaton Edition per il gioco più famoso del Duca) che hanno reso impossibile anche solo la partenza delle prove.
Perfettamente a regime, e non è poco, è rimasta invece la modifica VR di Quake 2, che mi sono goduto per qualche ora come una specie di sogno rétro, splendido e più che ragionevolmente giocabile. Prima, infine, di affidarmi al prode Nicolò per le sessioni molto più fluide su Apex Construct e sull’ottimo Spring Vector, usciti di recente per diverse piattaforme VR, con le diverse qualità puntualmente descritte nelle recensioni, ho avuto la liberatoria idea di installare diversi pacchetti di texture per S.T.A.L.K.E.R.:Shadow of Chernobyl, e di sfruttare il solito VorpX per vederlo come mai prima d’ora. Buona lettura.
QUAKE 2
A cura di: Mario Baccigalupi
Piattaforme: Oculus Rift, HTC Vive
Controlli: Oculus Touch, Vive Controller, XboxOne o DualShock 4 controller
Comfort: Buono
Requisiti: Ultima edizione originale di Quake 2, mod Quake2 VR, software Revive (nel caso di del visore HTC)Voglio essere sincero, giusto per raddensare la nuvoletta di Fantozzi: visto che, tra le altre cose, avevo già abbondantemente provato Quake 2 VR qualche mese fa, avrei preferito di gran lunga il primo capitolo e il fascino oscuro che si porta dietro, a cavalcioni tra medioevo e criptica fantascienza. Purtroppo il destino non ha voluto così, e mi sono ritrovato a giocare in versione VR a quello che è – comunque e senza troppe lagne – un altro caposaldo degli sparattuto classici, più smaccatamente fantascientifico ma anche piacevolmente naif, con i suoi biomeccanoidi e gli elementari obiettivi/segreti in stile id.
Due parole su come far girare la mod: lasciando a monte il fatto – ovvio – che è necessaria l’installazione di Quake 2 da Steam o GOG, con le ultime texture disponibili, su Oculus Rift va tutto liscio come l’olio, senza nulla dover fare al di là dell’installazione della modifica; nel caso di HTC Vive, invece, dopo aver scompattato e sostituito i file, bisogna fare in modo che il software Revive, atto a far funzionare su Steam VR i giochi della libreria concorrente (di cui è comunque necessario l’acquisto, è bene ricordarlo), punti all’eseguibile quake2vr.exe, per poi lanciare il tutto senza troppi problemi.
Un’ulteriore dritta riguarda l’HUD di Quake 2 VR, inizialmente minuscolo e illeggibile nelle opzioni: per ovviare all’inconveniente è sufficiente creare un file autoexec.cfg col blocco note, per poi compilare a piacere le informazioni vr_hud_width e vr_hud_height (io le ho messe in full HD e tanti saluti). Per il resto, c’è da rimarcare la possibilità di usare tutti i sistemi di controllo immaginabili, da mouse e tastiera (che, almeno in VR, sono quasi sempre da sconsigliare) ai più comodi pad Xbox o PS4, fino a una coppia di immersivi – ma anche più macchinosi nei movimenti – controller cinetici. Che altro posso dire? Il gioco è quello, spensierato e nemmeno brutto da vedere in VR, come un cartone animato poligonale che mette ancora di buon umore per le dettagliate animazioni.
S.T.A.L.K.E.R. SHADOW OF CHERNOBYL & CALL OF PRYAPT
A cura di: Mario Baccigalupi
Piattaforme: Oculus Rift, HTC Vive
Controlli: XboxOne controller, DualShock 4
Comfort: Variabile
Requisiti: Edizioni originali dei giochi, pacchetti texture da Nexus Mod, software VorpXAlla fine ho voluto provare e moddare i due migliori “episodi” della serie di GSC Game World, senza limitarmi al seminale capolavoro Shadow of Chernobyl, per ragioni che una volta spiegate suonano pure comprensibili: il software VorpX, seppur nominalmente aperto alle successive DirectX, ha problemi anche sulle variazioni alla nona generazione di librerie Microsoft, motivo per cui è bene limitarsi alle modifiche che interessano solo ed esclusivamente le texture, senza toccare file di sistema che vengono normalmente usati da shader-compiler come SweetFX per impreziosire effetti di luce, ombre e quant’altro.
Ciò significa automaticamente che Call of Pripyat vince ai punti per estetica, o anche per KO in alcuni casi, partendo di base da un’evoluzione degli effetti del’X-Ray Engine. Il punto di riferimento rimane sempre e comunque il sito Nexus Mod, con interventi più frazionati per il fratello maggiore, fra scenari naturali, strutture, armi e quant’altro, e modifiche un pochino più complessive per Call of Pripyat, dove comunque occorre avere pazienza nel selezionare le texture e andare a sovrapporre solo quelle migliori.
Dopo di che VorpX dovrebbe agganciare senza problemi il leggendario file eseguibile XR_3DA.exe o il suo seguace nel caso di Call of Pripyat, xrEngine.exe, e consentirvi di lavorare con la dettagliata interfaccia interna (da richiamare con il tasto “cancella”; il tasto centrale del mouse, invece, è fondamentale per allontanare l’immagine e poter interagire con dialoghi e normali menu) per trovare la giusta profondità visiva della stereoscopia, la velocità più consona per l’head-tracking e così via. In questo caso, al di là dalla materia di questa rubrica, non saprei nemmeno cosa scegliere: esistono mod molto profonde che aumentano a dismisura la prestazione estetica su normali schermi o monitor, senza troppo penare, laddove in VR si raggiungono enormi benefici di immersione solo dopo un lungo lavoro di fino. A voi la scelta: la cosa grave, casomai, è che con ogni probabilità non vedremo mai un vero secondo capitolo, sulla cui latitanza non avrò mai versato abbastanza lacrime.
APEX CONSTRUCT
A cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforma: PSVR, Oculus Rift (20 marzo), HTC Vive (20 marzo)
Controlli: PS Move, Oculus Touch, Vive Controller
Comfort: Ottimo
Prezzo: 29,99 €
Apex Construct ci mette nei panni dell’unico essere umano rimasto sulla Terra, risvegliato dal “Vuoto” da un’IA chiamata Padre. Ben presto scopriremo che l’entità é in conflitto con un’altra Intelligenza Artificiale denominata Madre, mettendo ben in evidenza l’intreccio di temi froidiani e sci-fi. A noi non rimane che armarci di un poliedrico arco, all’occorrenza capace di proiettare uno scudo di energia, e seguire le indicazioni del nostro liberatore per sconfiggere l’arcigna nemica in una catena di quest. Nei suoi primi minuti, Apex Construct offre il meglio di sé, laddove muoversi liberamente in livelli aperti avvicina il titolo di Fast Travel Games agli standard cui siamo abituati fuori dalla VR. Inoltre, il mondo post-apocalittico ricostruito risulta piacevolmente sui generis: niente lande desolate e colori cupi, a cui viene preferita una palette cromatica vivace, insieme ad architetture urbanistiche dall’aspetto quasi “escheriano” (o, se volete, in stile Inception).
La narrazione si sviluppa su una dozzina di missioni, in cui ci troveremo più volte ad affrontare gli stessi livelli, ma con obiettivi diversi e nemici via via più numerosi. Le creature di Madre non brillano per varietà e nemmeno, paradossalmente, per Intelligenza Artificiale, ma tutto sommato i combattimenti sono divertenti e richiedono una buona coordinazione nei movimenti del torso, onde evitare i colpi nemici con i gesti richiesti per incoccare e rilasciare le frecce, molto naturali nell’esecuzione. La costruzione degli enigmi è poco riuscita, essendo quasi sempre legata alla ricerca dei codici per sbloccare porte chiuse.
La nota dolente é la sensazione di trovarsi di fronte a un prodotto acerbo: nonostante una corposa patch al day one, le compenetrazioni poligonali del nostro avatar con i muri sono frequenti e non mancano i bug nel comportamento dei robot. In alcune istanze, poi, i glitch hanno serie conseguenze: una volta mi sono trovato davanti un boss che non si è “attivato”, costringendomi al suicidio per tornare all’ultimo checkpoint. Ad Apex Contruct va comunque riconosciuto il coraggio di aver osato di più rispetto alla media della VR: per quanto lasci in eredità alcune lezioni su cosa non fare, tenta comunque di aprire le porte a tipologie di action adventure vogliosi di sfruttare la realtà virtuale in modo più elaborato. Onore alle armi, insomma, un po’ meno all’esecuzione.
SPRINT VECTOR
A cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforma: PSVR, Oculus Rift, HTC Vive
Controlli: PS Move, Oculus Touch, Vive Controller
Comfort: Buono
Prezzo: 29.99 €
Dopo quel capolavoro di Raw Data, i ragazzi di Survios ne hanno combinata un’altra: Sprint Vector è una di quelle esperienze VR che trascinano anima e corpo in un’altra realtà da cui dispiace dover tornare indietro. Lo sviluppatore losangelino ha creato una sorta di simulatore di corse su skate ambientato in un TV show galattico, dove si sfidano per la gloria atleti che vengono da tutto l’universo conosciuto. La scelta del nostro personaggio è puramente estetica e non influisce in alcuni modo sul gameplay; per controllare il nostro avatar dovremo muovere le braccia e sfruttare le combinazioni dei tasti dorsali e frontali del Move per correre, saltare, curvare, ed altre azioni che vengono ben spiegate nei tutorial.
Muovere i primi passi risulta piuttosto immediato, ma solo con l’esperienza è possibile abbassare i tempi sul giro verso gli apici delle classifiche online. Aggiungete, poi, vari power-up per ottenere vantaggi per sé od ostacolare gli avversari, e chiuderete il quadro di un titolo semplice solo in apparenza, che richiede prontezza di riflessi e mente lucida come pochi altri giochi VR. Per quanto sbracciarsi come forsennati non porti a risultati eclatanti, Sprint Vector rimane un titolo molto fisico che vi farà prendere qualche pausa per asciugarvi il sudore tra una gara e l’altra. Le dodici piste a disposizione spaziano tra diverse ambientazioni, che offrono notevoli viste panoramiche in grafica low poly, con un bel carattere giocoso completato dall’accompagnamento audio e dal commento dei presentatori dello show.
È evidente come i tracciati siano stati pensati per le competizioni online: per padroneggiarli al meglio bisogna prima studiarli con attenzione, pratica affatto semplice a fronte di passaggi che si sviluppano in verticale; non mancano scorciatoie o strade secondarie, che possono far guadagnare secondi preziosi. In quest’ottica, l’unico peccato è l’assenza di qualche percorso più semplice per rendere Sprint Vector l’ideale showcase VR per amici e parenti. Oltre alla modalità principale troviamo alcuni livelli più brevi, incentrati su obiettivi specifici, come la raccolta di oggetti disposti strategicamente: si tratta di esercizi mirati a rinforzare aspetti specifici della tecnica di pattinaggio, che trovano poi applicazione sui vari tracciati. Oltre a essere un’esperienza divertente di per sé, Sprint Vector si colloca a buon diritto nell’Olimpo dei titoli di sport virtuale a là Sparc, rispetto al quale ha anche il merito di mostrare a tutti come il problema della mobilità in VR possa essere superato con scelte di design intelligenti, messe in pratica con cura ed eleganza.