Almeno al momento, non accade spessissimo che le grandi firme dei videogiochi si cimentino nella realtà virtuale, e ogni occasione di questo tipo – più corposa di qualche semplice divertissement – va colta al volo. Nella frase c’è già una sorta di personale e implicito complimento al lavoro di 4A Games, casa di sviluppo ucraina creatrice della serie Metro: il loro ARKTIKA.1 occupa l’intera porzione PC di questa VR Machine, ed è sicuramente uno dei titoli più puliti e corposi che la prima generazione di realtà virtuale abbia offerto nel genere sparatutto, peraltro tra i più battuti in questa fase.
Non che siano poco interessanti Sparc e Bloody Zombies su PlayStation VR (il secondo è già disponibile anche per Vive e Oculus, il primo arriverà presto), analizzati dal buon Nicolò con la consueta passione e competenza. Al contrario, visto che i pezzi di hardware spuntano oggi come funghi, siamo convinti che la ragion d’essere più importante della VR continui a risiedere nell’offerta e nella bellezza dei giochi, al di là di visori e periferiche di controllo dalla qualità comunque elevata (e prezzi in discesa). La tecnologia è ancora strabiliante, ma ogni giorno diventa sempre più cruciale quel che ci mettiamo dentro.
ARKTIKA .1
A cura di: Mario Baccigalupi
Piattaforma: Oculus Rift (supporto non ufficiale a HTC Vive)
Controlli: Oculus Touch (supporto non ufficiale a Vive Controller)
Comfort: Buono
Prezzo: 29,99€
Procedendo verso la postazione di controllo di ARKTIKA .1 sembra quasi di entrare nelle città-stato di Frostpunk, se non fosse che l’apocalisse ghiacciata, in questo caso, ha travolto il mondo cento anni nel futuro (nel gestionale di 11 bit studios, invece, siamo in un ucronico ‘800). Ciò detto, il tocco degli autori di Metro 2033 e Metro: Last Light è subito riconoscibile nel taglio delle armature dei soldati, in tante missioni e, ovviamente, anche nelle creature che presidiano strutture e gallerie sotto le coltri di ghiaccio, accanto a mercenari e predoni dagli scopi tutti da chiarire.
L’immersione nel gioco di 4A Games è quasi immediata, appena dopo un suggestivo “ambiente” di presentazione del team di sviluppo (“schermata” inizia a diventare un termine inappropriato in VR), all’interno di un mezzo di trasporto con una bella soldatessa che ci introduce ai nostri compiti, oltre che a quella che è, nella sostanza, la struttura di gioco di ARKTIKA .1. L’organizzazione di missioni e personalizzazione non si discosta troppo da quanto visto in Dead Effect 2, con scansione lineare delle quest e un HUB (su più piani, in questo caso, tra briefing, armeria e garage) in cui comprare armi, accessori e potenziamenti vari; lo stile di shooting, invece, richiama altri modelli comunque molto diffusi in VR, con lo spostamento quasi istantaneo verso postazioni fisse che servono anche da snodi per procedere nei livelli, oppure vengono attivate all’uccisione dei nemici e diventano, a quel punto, ulteriori alternative per le posizioni di fuoco.
D’altra parte, tutto viene proposto con stile e competenza tecnica da primi della classe: obiettivi di missione e opzioni di gioco (scarne, ma c’è tutto quel che serve) passano da un dispositivo da polso che possiamo attivare con la mano virtuale, ed è particolarmente riuscita l’idea “doppiamente virtuale” dei livelli di training, con tanto di riproduzione di Oculus CV1 da infilarsi in testa per accedere all’addestramento. Il meccanismo puramente sparatutto presenta pro e contro, e risulta comunque ottimo nella sensazione fisica: da un lato, l’obbligo di dover premere il tasto laterale per afferrare le armi rende più difficile tenerle costantemente in mano, con la conseguenza di perderle spesso e poterle recuperare irrealisticamente dallo zaino (solito movimento di altri FPS in VR, portando le mani dietro le spalle), come se fossero infinite; dall’altro, in ARKTIKA .1 si ha ancor più la sensazione di stringere una pesante pistola da battaglia, ricaricabile facendo scendere i controller su un fianco, per le armi automatiche, oppure da scuotere verso l’esterno per i “cannoni” dotati di tamburo. A disposizione abbiamo anche scudi di energia cinetica per bloccare i proiettili, e ogni cosa risulta ben bilanciata tra azione e puro spettacolo in VR, senza cadute di stile in una come nell’altra direzione.
Il peculiare sistema di controllo viene applicato anche ai divertenti puzzle ambientali con cui 4A Games ha condito obiettivi primari e secondari di ARKTIKA .1, sempre semplici ma ben concepiti: in questi casi è più immediato percepire che il tasto laterale simula lo stringersi complessivo delle mani, mentre i grilletti muovono gli indici e possono in alcuni casi, sparatorie a parte, aiutare a compiere operazioni di relativa precisione, come ridisporre piccole schede su un quadro elettronico difettoso. Per il resto, i momenti d’azione sono sempre ben orchestrati e beneficiano, pur senza stupire, della competenza dello sviluppatore sulle IA “umane”, laddove gli scontri con mostri e boss puntano maggiormente sull’impatto e sulla tensione delle situazioni, con punte horror davvero niente male.
La longevità è davvero discreta per il gaming in realtà virtuale, circa otto ore che possono diventare di più se si ha l’accortezza di alzare il livello di difficoltà, settato in automatico su “easy” (il gioco è privo di localizzazione italiana, peraltro con un ottima resa dei sottotitoli in VR) e modificabile nel menu da polso. Un paio di parole, infine, vanno spese per chi ha intenzione di far suo il gioco su Vive, senza supporto ufficiale da parte degli sviluppatori: il software da adoperare è lo stesso di cui abbiamo parlato tempo fa, Revive di LibreVR (al link trovate l’ultima versione; si tratta di una pratica più che legale, anche perché occorrerà comprare il gioco dallo store di Oculus), e ha dato problemi su ARKTIKA .1 solo in una versione precedente del programma, ora del tutto risolti; chiaramente, in simili condizioni è possibile ampliare drasticamente lo spazio di movimento libero, anche se il sistema di controllo risulta meno istintivo su Vive rispetto a Oculus, per la posizione delle mani e, secondariamente, per come i comandi vengono comunicati (gli Oculus Touch sono mostrati brevemente nelle spiegazioni iniziali, ma la mappatura è identica). Per come la vedo io, considerata la qualità dell’esperienza, sarebbe comunque un peccato che qualcuno se la perdesse.
SPARC
A cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforma: PS VR
Controlli: PS Move
Comfort: Buono
Prezzo: 29,99€
Che c’entra CCP Games, sviluppatore del celeberrimo MMO spaziale EVE Online, con il primo videogioco venduto come vero e proprio “vSport”, ovvero Sparc? Ebbene, un collegamento tra questi estremi è EVE: Valkyrie, sparatutto multiplayer VR con le astronavi, e comunque ora ci troviamo per le mani un prodotto totalmente nuovo rispetto ai tradizionali punti di forza dello sviluppatore. Sparc è uno sport inventato, potremmo dire a metà strada tra la palla prigioniera e lo squash, con regole che vengono efficacemente spiegate nel tutorial: ogni giocatore ha una sfera che lancia verso l’altro cercando di colpirlo, e la può far rimbalzare a piacere sulle pareti del campo per creare traiettorie imprevedibili; al tempo stesso deve evitare di essere centrato schivando o rispedendo al mittente la palla altrui, con i pugni o con uno scudo.
A dire il vero c’è anche una sezione “challenge”, una sorta di tutorial avanzati, pochini e non particolarmente azzeccati. Manca invece una modalità “carriera”, e non si può sfidare l’IA in partite singole; sarebbe stata un’ottima opportunità per allenarsi con calma senza la pressione dei match online, quindi dispiace constatare quest’assenza. Peraltro, il controllo dei Move è quanto di più preciso abbia sperimentato su PSVR, e ciò aumenta la sensazione di presenza nel campo virtuale: dopo poche sfide ci si rende conto dell’importanza di coordinare le azioni fisiche di base (lancio, schivata, deviazioni) e che serve una mentalità tattica per mettere in difficoltà lo sfidante con il giusto tempismo. I miglioramenti vengono dalla continua pratica e dai match con giocatori più forti di noi, da cui imparare le strategie più efficaci a suon di schiaffoni (per fortuna, la comunità sembra essere molto rispettosa e paziente con i niubbi). L’attività, nel complesso, ha una fisicità non indifferente: ho da poco ripreso il tennis “reale” e vi assicuro che mezz’ora a Sparc mi ha fatto sudare più di una lezione su un campo all’aria aperta.
Il nuovo prodotto di CCP Games trasuda l’essenza della realtà virtuale e, per questo, lo consiglio a chiunque abbia una periferica PSVR. Mi auguro che lo sviluppatore islandese spinga con decisione sull’aspetto dello vSport e sull’esaltazione degli atleti virtuali: in parte, Sparc lo fa già con le notevoli possibilità di personalizzazione del proprio avatar e le movenze calcolate dalla triangolazione di PS Move e visore, davvero immersive nell’effetto virtuale. D’altronde, si può far meglio sugli aspetti a corredo del gioco: giusto per fare un esempio, Rocket League ha seguito una politica di continui aggiornamenti, skin, arene, veicoli e una massiccia presenza su YouTube. Questo, al momento, manca a Sparc, e non è ancora stata chiarita l’eventuale uscita di DLC o altro. Attendiamo fiduciosi, visti gli sviluppi degli ultimi mesi di EVE: Valkyrie, perché più Sparc avremo, più ci divertiremo.
BLOODY ZOMBIES
a cura di: Nicolò Paschetto
Piattaforme: PS VR, Oculus Rift, HTC Vive
Comfort: Ottimo
Controlli: DualShock 4, Xbox One/360 controller
Prezzo: 14,99€
Di orde zombie ne abbiamo viste davvero di tutti i tipi negli ultimi anni, e personalmente le inquadro ormai come un genere a sé stante, con le proprie variazioni al pari di altre categorie di giochi. Bloody Zombies è un picchiaduro a scorrimento orizzontale ambientato in una Londra post-apocalittica, in cui quattro sopravvissuti devono trovare dei dispositivi sparsi per una decina di livelli in modo da… va beh, fermiamoci pure qui con la trama, che fa fatica a reggere anche come mero pretesto. Questo, comunque, non pesa sugli equilibri del gioco, che non punta ad essere un’esperienza narrativa indimenticabile, focalizzandosi invece sul combattimento e un peculiare co-op.
Lungo il susseguirsi degli scenari andremo ad affrontare zombie di varietà e quantità sempre maggiori, talvolta con affollamenti di nemici a schermo non da poco. Il livello di difficoltà appare tarato per essere affrontato con uno o più compagni: il design dei nemici è azzeccato e il loro mix obbliga il giocatore a darsi delle priorità, invece di riempire di sganassoni il primo zombie a tiro. Non altrettanto convincenti sono i vari personaggi a nostra disposizione: seppur dotati di un certo carisma distintivo, scegliere uno o l’altro cambia pochissimo (quasi nulla, di fatto) lo stile di gioco.
L’uso della VR non porta a sostanziali differenze di gameplay, al di là del fatto che, con il visore, l’inquadratura non sarà più fissa: guardandovi attorno potrete vedere come si sviluppa un livello nella sua interezza. nDreams ha quindi costruito tutti gli scenari tenendo conto di questa libertà, con conseguente aumento di dettagli che, in prodotti non VR, non ci sarebbero stati, non potendo osservare il retro delle “quinte teatrali”. In definitiva, il pollice è alto, ma non altissimo: senza supporto ai visori non si tratterebbe certo di un capolavoro del genere, e anche così – pur se divertente – Bloody Zombies è un buon mestierante, ma non molto di più.