Credo di non ricordare una delusione più cocente di quella provata con No Man’s Sky: un’opera che si è rivelata ben diversa da quella più volte pubblicizzata da Hello Games. Sulla carta, il videogioco della piccola software house indipendente britannica avrebbe dovuto soddisfare gran parte della mia sete di esplorazione spaziale.
D’altronde le premesse c’erano tutte: un universo potenzialmente sconfinato che avrebbe richiesto milioni di anni reali per essere esplorato completamente, libertà infinita di fare qualsiasi cosa ci fosse passata per la testa, rovine di misteriose civiltà aliene da esplorare, fauna e flora da catalogare, stazioni spaziali con cui intrattenere rapporti commerciali, pirati da combattere a suon di blaster e tonneau. Insomma, il gioco di Hello Games prometteva ciò che un appassionato di spazio e fantascienza ha sempre desiderato (e che, con la rilevantissima eccezione dei pianeti, trova una controparte infinitamente più “simulativa” solo in Elite Dangerous, ndII-V).
Nel 2016 No Man’s Sky ha dovuto fare i conti con le promesse che ne avevano segnato l’annuncio
BLUEPRINT FOR A SLOW MACHINE
A dire il vero, per quanto le novità introdotte siano davvero tante, il multiplayer continua a rappresentare una piccola parte dell’esperienza complessiva, per certi versi addirittura marginale. Gli sforzi di Hello Games si sono concretizzati principalmente sulla completa revisione del sistema alla base della raccolta di risorse e, di conseguenza, del crafting. Sono stati aggiunti molti elementi, alcuni dei quali derivano dalla raffinazione dei materiali grezzi raccolti direttamente dal protagonista.
Il multiplayer continua a rappresentare una piccola parte dell’esperienza, per certi versi marginale
Così facendo, una procedura che avrebbe richiesto qualche decina di minuti nella prima versione del gioco, ora può arrivare a rubare anche un paio di ore a seconda delle risorse presenti nel sistema. Chiaramente tale meccanismo va ripetuto per ogni singolo upgrade successivo: sembra che Hello Games abbia voluto fare di tutto per allungare il brodo e nascondere artificiosamente una mancanza di contenuti cronica che si sente anche in quest’ultima versione del gioco, seppur in maniera minore grazie anche all’aggiunta di un sistema di quest procedurali.
END OF THE WORLD SUN
NEXT porta con sé anche alcune gradite migliorie al comparto visivo che, però, rendono decisamente più pesante il gioco, almeno su PC. L’aggiunta di nuove feature grafiche incide molto sulle performance, causando rallentamenti apparentemente casuali anche su hardware che in teoria dovrebbero superare abbondantemente i requisiti consigliati. Certo è che queste novità offrono l’opportunità di osservare paesaggi dal fascino indiscutibile, grazie anche all’introduzione di pianeti dotati di anelli. Peccato che, come prevedibile in caso di giochi che si affidano ad algoritmi di generazione procedurale, a lungo andare i pianeti tendono ad assomigliarsi in base ai biomi di appartenenza; un difetto che purtroppo non è stato corretto.
NEXT porta con sé migliorie al comparto visivo che, però, lo rendono più pesante