In occasione dei 20 anni della sua prima, grande opera, Keiichiro Toyama è stato invitato alla nona edizione di Etna Comics, in quel di Catania. L’abbiamo intercettato per voi mentre si rilassava tranquillamente e, grazie all’aiuto del suo traduttore, il bravissimo John Kaminari, gli abbiamo fatto qualche domanda circa la sua carriera e il suo passato, presente e futuro. Via con l’intervista!
The Games Machine: Le sue opere sono caratterizzate da trame complesse e atmosfere uniche: qual è il lavoro che l’ha lasciato più soddisfatto o al quale è più affezionato?
Keiichiro Toyama: Fin da piccolo sono stato appassionato ad un certo tipo di giochi d’azione, il lavoro di cui sono più soddisfatto è Gravity Rush, anche per la sua storia e la sua ambientazione particolare.
TGM: Parlando di atmosfere, Gravity Rush (o Daze) è molto diverso dalle sue precedenti opere, con un tono quasi fiabesco. Cosa l’ha portata a questo cambiamento?
KT: Da bambino ero molto affascinato dal mondo dei fumetti, così ho deciso di realizzare un gioco con quel genere di atmosfera, per l’appunto fiabesca. Quando ho cominciato a lavorare agli horror, come Biohazard, andavano molto in quel periodo e quindi mi concentrai sulla realizzazione di Silent Hill. Nonostante siano generi differenti, con atmosfere diverse, c’è comunque un qualcosa in comune tra i due videogiochi.
TGM: C’è qualche film o libro a cui sente di essersi ispirato nella sua carriera?
KT: In particolare ho tratto ispirazione dai manga horror del periodo in cui ero ragazzo e da autori come Morohoshi Daijiro e Itō Junji (ndr: due mangaka famosi per le loro produzioni horror).
TGM: Le piacerebbe tornare a lavorare su vecchie ambientazioni? O preferisce guardare a nuovi progetti?
KT: Preferirei lavorare sempre a progetti nuovi, ma ci sono molti fan che vorrebbero seguiti e opere legate al passato, quindi ultimamente sto anche pensando di tornare alle mie radici.
TGM: Ci sono titoli che guarda con interesse nel panorama internazionale?
KT: Ce ne sono tanti. In particolare trovo molto simile al mio modo di creare videogiochi Fumito Ueda di Shadow Of The Colossus. Secondo me per il modo in cui li crea, le atmosfere e le meccaniche penso di essere molto vicino a quel tipo di produzione e lo rispetto moltissimo. È uno dei miei game designer preferiti.
TGM: Non è un segreto che abbia apprezzato molto Remothered: Tormented Fathers. Cosa l’ha colpita di più di quest’opera italiana, e come l’ha scoperta?
KT: Ho apprezzato molto Remothered perché ha ereditato tutto il meglio della produzione horror del passato. È un horror che secondo me è stato influenzato dall’horror all’italiana, come Dario Argento, e si differenzia proprio per questo dalle produzioni di altre nazioni.
TGM: C’è la possibilità che la vedremo collaborare con Chris Darril a un progetto comune?
KT: Attualmente non ho piani ma visto che rispetto molto le serie horror più classiche sarei molto felice di avere l’opportunità di lavorare insieme.
TGM: Il mondo è pieno di persone con una grande fantasia, ma non tutti riescono ad emergere. Se potesse dare un consiglio a degli aspiranti autori, quale sarebbe?
KT: Queste persone non devono pensare di non essere in grado di realizzare le idee che hanno. Anche se sono da soli e non lavorano in una compagnia, devono pensare a compiere ciò che possono fare al momento, senza pensare troppo a cose troppo grandi. È importante creare questi piccoli progetti e renderli in qualche modo disponibili su internet per mostrarli potenzialmente al mondo intero.