Lo scandalo che ha colpito l’attore Pierre Taki non ha rallentato più di tanto la localizzazione di Judgment, la nuova avventura nata sotto la supervisione di Toshihiro Nagoshi che ha catapultato la mia PS4 nel quartiere di Kamurocho da una settimana a questa parte. Un titolo che tenevo d’occhio da parecchio, avendolo provato durante lo scorso Tokyo Game Show, dove un gargantuesco stand esaltava il pregevole colpo d’occhio del Dragon Engine, stavolta al servizio di un nuovo protagonista. Takayuki Yagami è infatti ben diverso dal torreggiante Kazuma Kiryu, gangster dal cuore d’oro e dal pugno d’acciaio, capace di zittire una stanza colma di yakuza navigati con la sola presenza: snello e agile, Yagami è un ex avvocato caduto in miseria in seguito a un emblematico caso che ha distrutto la sua credibilità, privandolo della fiducia nel sistema in cui credeva fermamente.
DÉJÀ-VU
Spronato da un’insaziabile sete di giustizia, il vecchio legale ha aperto un’agenzia investigativa tra i vicoli inondati di neon della cara vecchia Kamurocho assieme all’amico Kaito, ex yakuza animato dal nekketsu (sangue bollente) tanto caro a Yoshihisa Kishimoto. Una cosa è certa: cambieranno protagonisti e motivazioni, ma Judgment potrebbe passare per un nuovo capitolo di Yakuza senza sforzo, giacché la formula di gioco è sempre quella: c’è una storia davvero ben scritta, un doppiaggio come da abitudine stellare, la prossima destinazione viene puntualmente evidenziata sulla mappa e il familiare quartiere è sempre al suo posto.
Judgment potrebbe passare per un nuovo capitolo di Yakuza senza sforzo
OBIEZIONE!
Messe da parte le grane, Judgment riesce comunque a portare una ventata d’aria fresca grazie alle doti investigative dei due amici, che spesso e volentieri sfociano in risse e situazioni in stile buddy cop movie veramente pregevoli. Yagami si troverà dunque a esaminare scene del crimine con una visuale in prima persona a piedi o ai comandi del fido drone, scassinando serrature o indossando travestimenti per infiltrarsi dove la sua giacca di pelle non sarebbe gradita. Il primo capitolo ruota attorno a un processo dove i trascorsi da avvocato si sposano a meraviglia con la nuova vocazione investigativa, trasformando il gioco in una sorta di Phoenix Wright con contorno di pugni e calci che funziona bene, retto da una narrazione solida e da personaggi convincenti che fanno chiudere volentieri un occhio sulla semplicità all’acqua di rose delle attività secondarie: presentare prove errate ad esempio non sortisce penalità di sorta, mentre la vicenda resta comunque pilotata senza margine di errore.
la vicenda resta comunque pilotata senza margine di errore