Post-apocalisse: oltre la fine del mondo

C’è un setting particolare che, più di tutti, sembra tenere banco nell’ambiente videoludico. Al di là dell’ambientazione bellica per gli sparatutto, o le mille declinazioni fantasy quando si parla di giochi di ruolo di stampo classico, è la post-apocalisse che davvero affascina sia chi i videogiochi li sviluppa e produce, sia chi dovrà poi fruirne in prima persona.

post apocalisse speciale

Nel corso degli anni abbiamo viaggiato attraverso lande devastate dall’olocausto nucleare, città riconquistate dalla natura dopo che un terribile morbo ha trasformato la quasi totalità dell’umanità in zombie, mondi tecno-fantasy ben al di là della decadenza, intere galassie a pezzi a causa del crollo della civiltà. Insomma, tutti questi videogiochi sono accomunati da un paio di elementi cardine: un’ambientazione che deve fare i conti con gli strascichi di eventi cataclismici, mentre i protagonisti di turno cercano di barcamenarsi alla bene e meglio in una società spesso regredita, sovente con una struttura tribale.

ALLA RICERCA DELLA SPERANZA

Un altro tratto distintivo della post-apocalisse, sia essa conseguenza o meno delle azioni dell’uomo, è il totale senso di sconforto che ammanta l’intera opera. Ciò che resta dell’umanità, o di eventuali altre specie fittizie, è ormai privo di fiducia nel futuro. Spesso l’unica cosa che conta è sopravvivere, a ogni costo. Non vi è il motivo di programmare una sorta di rinascita della civiltà, perlomeno in tutti quei titoli ambientati nell’immediata vicinanza temporale – o quasi – all’evento che ha causato la devastazione su larghissima scala.

Il percorso tracciato da Brian Fargo e compagni viene seguito ancora oggi.

O perlomeno, questo è il sentimento che accomuna gran parte della popolazione sopravvissuta all’ecatombe. Prendiamo ad esempio il videogioco post-apocalittico che di fatto ha dato il via a tutto: il primo Fallout. Sì, lo so che qualcuno a questo punto ha alzato il sopracciglio. È vero, fu Wasteland a settare molti dei parametri utilizzati qualche anno più tardi anche da Feargus Urquhart e compagni, ma è stato l’orginale Fallout a imporsi sul mercato e guadagnarsi il titolo di videogioco post-apocalittico per antonomasia.

Di solito è proprio l’avatar del giocatore a dare il la a un processo di risveglio della coscienza civica

Dicevo, nell’opera diretta da Urquhart abbiamo diverse fazioni organizzate in maniera molto differente tra loro, ma nessuna di esse punta a ristabilire ordine nella società civile. Di solito è proprio l’avatar del giocatore a dare il la a un processo di risveglio della coscienza civica. È il protagonista di turno a fungere da faro, a sobbarcarsi il peso di ciò che resta dell’umanità per condurlo verso un futuro migliore.

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