Soulstice Intervista

Soulstice

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Soulstice e lo spaghetti stylish action – Intervista

Se è la prima volta che sentite parlare di Soulstice e il nome dell’opera vi ha subito portato a immaginare un nuovo soulslike, resettate tutto. Dopo Joe Dever’s Lone Wolf e il progetto VR Theseus, il team milanese Reply Game Studios si è messo in testa di sfidare i giganti orientali dell’hack ‘n slash “di stile”, Hideki Kamiya come spirito guida e le idee molto chiare su quali debbano essere le fondamenta ludiche che dovranno sorreggere un action adrenalinico, oscuro, tanto curato nei controlli quanto nella messinscena. Velocità di esecuzione, telecamere ad esaltare l’impatto scenico, direzione artistica tendente al dark fantasy e due protagoniste che sembrano avere molto da raccontare. Briar e Lute, due sorelle, una Chimera, metà corpo e metà anima, unica speranza per respingere l’invasione del Sacro Regno di Keidas dagli Spettri, entità sovrannaturali affamate di distruzione e morte. Il racconto diventa combattimento e il combattimento ritorna racconto, inscindibili come le due sorelle.

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Briar e Lute avranno tante minacce da affrontare. Per fortuna sembrano ben preparate!

Ci siamo ispirati a vari media, dal cinema ai videogiochi fino agli anime (da Berserk a Devil May Cry, con tutte le sfumature che ci sono in mezzo, ndr) per dare vita a Soulstice, sviluppando poi tutte le sue particolarità, soprattutto l’anima “duale” del combattimento, dove il giocatore dovrà controllare contemporaneamente i due personaggi principali” racconta Fabio Pagetti, Creative Director e Studio Manager di Reply Game Studios, mentre intorno a noi vibra la Milan Games Week, nell’aria ancora l’eco del gameplay mostrato sul palco principale della manifestazione. “Briar, la sorella maggiore, è quella che gestisce la parte corpo a corpo degli scontri, mentre la piccola Lute si dedica a quella magica. La sua IA indipendente è proprio una delle nostre innovazioni, capace di prendere decisioni spontanee rispetto all’andamento di un combattimento, con la possibilità di reagire e incrementare le sue potenzialità in base allo stile di gioco e alla nostra abilità. Questo è possibile attraverso un meccanismo di Sinergia tra le sorelle (visibile a schermo) che tiene conto dell’interpolazione delle combo ad esempio, sbloccando di conseguenza tutta la potenza di Lute per poi permettere al giocatore di inserirsi con comandi contestuali altrimenti impossibili da attivare.”

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Le due sorelle, indissolubilmente legate, tanto nel combattimento quanto nella narrazione.

Una meccanica interessante che reinterpreta con personalità i combat system di NieR: Automata e Astral Chain. E se nel mezzo della battaglia, tra sangue e acciaio, magari non si fa caso alla direzione artistica, ecco che quando si tira il fiato, lasciando scivolare via l’adrenalina della vittoria, si viene avvolti da Keidas. “Una volta definito il core gameplay di Soulstice ci siamo dedicati alla creazione di un mondo che ci piacesse e che fosse nelle corde artistiche dello studio. Abbiamo artisti bravi nel plasmare grafiche realistiche e ci piacciono contenuti maturi, forti e siamo tutti appassionati di anime giapponesi, nonché di setting e mood oscuri. Io (Fabio, ndr) per esempio sono un amante dei videogiochi ambientati in una singola macro-location (com’è Soulstice).

KEIDAS È UN MONDO OSCURO MA PLAUSIBILE, PSEUDO-MEDIEVALE

Keidas è un mondo oscuro ma plausibile, pseudo-medievale, in cui si insinua però quell’elemento fantastico che manda tutto a rotoli, low-fantasy, a differenza di opere come Il Signore Degli Anelli che rappresenta un tipo di mondo completamente regolato dalla magia, speciale”. Infatti, spiega Samuele Perseo, Product Manager e Game Writer, “è stato molto più difficile plasmare gli elementi realistici del racconto, come ad esempio la religione, le varie credenze sull’aldilà, i segreti e i misteri che circondano l’Ordine [l’organizzazione che si prefigge di proteggere il mondo, creando guerrieri come Briar e Lute], piuttosto che poi innestare l’elemento fantastico”.

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Un regno decadente, un bello spadone d’acciaio pesante, nemici grotteschi. Pare ci sia tutto!

Quello di Soulstice è un mondo tratteggiato partendo dai suoi riti e miti, per poi prendere forma attraverso la direzione artistica, guidata dal Lead Artist Christian Ronchi. “La cosa più semplice che viene in mente quando si parla di un tipo di gioco molto “giapponese” è che anche la grafica debba avere quello stile, cosa che non abbiamo voluto fare completamente, cercando una via di mezzo. Non ci sono sproporzioni o teste molto grosse ad esempio, abbiamo cercato di mantenere un certo tipo di credibilità. Abbiamo sicuramente una semplificazione delle forme, anche per motivi di leggibilità, unita però a una resa realistica dei materiali. Noi arriviamo da prodotti con una direzione artistica precisa e abbiamo riutilizzato le esperienze dei singoli artisti, ad esempio la grafica di Theseus aveva sempre quest’impronta. I personaggi hanno gambe molto lunghe e occhi più grandi del normale, però ad occhio è tutto credibile. Anche nell’ambientazione troviamo oggetti pseudo-reali ma magari con proporzioni gigantesche. Prendi la cittadella dove si svolge il gioco, ha delle proporzioni che sarebbero…” “Gigalitiche!” dice Fabio.

I RIFERIMENTI DELLA NOSTRA INFANZIA SONO I CAVALIERI DELLO ZODIACO, I CINQUE SAMURAI, TUTTE COSE CHE ABBIAMO USATO COME SPUNTI

Esatto, è tutto esagerato ma senza cose magiche fuori di testa, solo elementi che potrebbero funzionare. Questo si riflette anche sull’animazione, dove abbiamo cercato di rifarci a quelli che sono i nostri riferimenti anche della nostra infanzia, tipo i Cavalieri dello Zodiaco, I Cinque Samurai, tutte cose che abbiamo nel nostro bagaglio culturale, le abbiamo reinterpretate e utilizzate come spunti e citazioni”. “Siamo cresciuti con Goldrake, Mazinga, quella roba lì, non Pinocchio, per quanto fosse italiano!”. Questione di influenze, vissuto, ma anche di budget, secondo Samuele. “Se punti al realismo puro c’è sempre qualcuno che ha più soldi di te! [ride] E quindi abbiamo detto, troviamo una chiave per far capire che comunque, questi siamo noi e questo è il valore aggiunto che portiamo.” “Ma anche per quanto riguarda la scelta del genere. Noi cosa vogliamo fare nella vita? Giochi di combattimento. È questo che ci piace” aggiunge Fabio, e noi non possiamo che essere felici di questa scelta!

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Lo spadone (e in generale il look) alla Gatsu è uno dei chiari riferimenti culturali degli sviluppatori.

Però al di là di quel che ci piace, era una nicchia che ci pareva rimanesse tutto sommato sgombra. Tolti Platinum, Ninja Theory in Europa, Capcom, non era uno spazio così frequentato; e, sopratutto, non lo era nell’ambito dark fantasy, o low-fantasy. Per cui abbiamo detto: se andiamo lì, possiamo magari dire la nostra, farci notare, senza andare ad infilarci in un segmento super saturo” “Poi sono anche giochi corti, quindi magari quando finisci quei due tripla A magari ti viene voglia di fare esperienza anche con Soulstice!”. Un’opera a cui piace essere scenografica, coreografica, con telecamere fisse, belle carrellate e combattimenti ripresi più da lontano, per dare il giusto colpo d’occhio in mezzo al caos e al turbinar di lame. È venuto da sé chiedere un approfondimento su questa scelta ben precisa. “Allora, diciamo che da un punto di vista di design è molto importante che in combat il giocatore abbia la piena visione del campo di battaglia, perché non essendo un sistema di combattimento “lento” ma molto veloce, devi capire quanti nemici hai attorno, chi ti sta per attaccare, chi è lontano, come ti puoi spostare” racconta Fabio.

LA TELECAMERA è COMPLESSA, E CAMBIA A SECONDA DELLE SITUAZIONI: IN UN CONTESTO PUÒ ESSERE ON RAILS, IN ALTRI ESSERE COMPLETAMENTE LIBERA E IN ALTRI ANCORA DIVENTARE QUASI TOP-DOWN

Nella fase di navigazione, ovvero fuori dai combattimenti, era interessante avere degli scorci comunque pensati da noi, che valorizzassero l’ambientazione e quant’altro, ma anche in quei casi la telecamera è movibile, pur non essendo libera. Il sistema di camera del gioco è complesso, passiamo dalle camere “on rail” alla God of War alla camera completamente libera in terza persona, a seconda delle situazioni. Un po’ come fa NieR: Automata, che a un certo punto hai il sidescrolling… abbiamo avuto un esempio durante la presentazione del primo boss del gioco, che a un certo punto sale in alto, e ti punta con l’arco: lì il gioco cambia e diventa quasi top-down”. Un progetto registico che fosse sia gestibile a livello produttivo che esaltante per gli artisti, come ci ha detto Samuele. “Ci piaceva l’idea di avere una regia, e poi anche dal punto di vista produttivo è una scelta che abbiamo fatto per gestire al meglio i nostri sforzi, perché una camera totalmente libera in un mondo 3D implica uno sforzo produttivo molto più grande”. E anche una quantità di problemi in più. “Esatto! Poi una cosa carina da dire è che è stato fatto il primo passaggio dai designer, ma poi è stato chiesto agli artisti “ok, queste sono più o meno le camere che vorremmo usare lato gameplay, suggeriteci quali scorci ci tenete ad evidenziare”, quindi c’è stato un doppio, triplo passaggio”, esaltando così la collaborazione all’interno di un team di dimensioni comunque generose, 47 impiegati in crescita costante dai 13 di partenza nel 2017, senza asset esterni, creando tutto in loco, più un team di Monza, Maga Animation Studio per le cinematiche. Soulstice è 100% made in Italy, ci tengono a sottolineare i suoi creatori.

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Siamo molto curiosi di vedere da vicino gli altri personaggi che popolano Keidas.

ABBIAMO SCELTO UNA STRUTTURA LINEARE ANCHE PER QUESTIONI DI COMPLESSITÀ

Tornando poi al cuore di Soulstice, il gameplay, è interessante scoprire come Reply Game Studios ha deciso di impostare la progressione. “Allora, il gioco ha un level design lineare, anche se presenta qualche deviazione all’interno dei livelli, quindi c’è il percorso principale, ma anche dei piccoli bivi che ti permettono di trovare altre cose. Ci sono boss fight sia con nemici minori che con veri e propri boss, ma il gioco è lineare. Abbiamo scelto così anche perché ci sembrava meno rischioso che non avventurarsi in una struttura più complessa. Per quanto riguarda la crescita di personaggi, si dovranno gestire sia le abilità della sorella maggiore che quelle abilità più spirituali della sorella minore, quindi una doppia ramificazione. Una crescita che dipenderà da come il giocatore affronterà l’opera”, prediligendo uno stile piuttosto che un altro. “Ci sono anche armi secondarie da combinare con la primaria (che è proprio caratteristica del personaggio e non cambia nel corso del gioco), creando build molto personali, preferendo ad esempio che Lute aiuti con attacchi, abilità di supporto, crowd control o prendendo di mira bersagli singoli”.

E dopo questa interessante chiacchierata la voglia di provare con mano Soulstice è sicuramente cresciuta esponenzialmente. Al momento in uscita per un generico 2022 su PC, PlayStation 5 e Xbox Series X|S le vibrazioni sono quelle delle opere promettenti, di cuore, come filosofia di sviluppo, valori produttivi e visione di game design, in un panorama decisamente affamato di hack ‘n slash stylish, pronto a divorare qualsiasi cosa si presenti in questa forma. Preparatevi anima e corpo per liberare il Sacro Regno di Keidas, la resa dei conti si avvicina.

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