Soulstice – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Reply Game Studios punta in alto e sfida Bayonetta 3 con Soulstice, nuovo stylish action made in Italy.

Sviluppatore / Publisher: Reply Game Studios / Modus Games Prezzo: 49,99 euro Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: 18 Disponibile Su: PC, PlayStation 5, Xbox Series X/S Data di Lancio: 20 settembre 2022

Briar e Lute percorrono le strade coperte di cadaveri della sacra città di Ilden, il cielo squarciato da una breccia, un velo strappato dal quale la progenie del caos fluisce nel regno degli uomini, reclamandolo, devastandolo, annegandolo nel sangue. Due sorelle unite in una sola Chimera, soldati speciali dell’Ordine della Lama Cinerea chiamate all’azione quando i due mondi collidono, grazie alla loro natura unica, sospesa; Briar viva sul baratro della morte, obbligata a combattere, Lute defunta, spirito ancora aggrappato alla vita, abbracciata a sua sorella, obbligata a proteggerla. Una coppia che rappresenta l’equilibrio in un mondo ormai totalmente sbilanciato, una virtù che si rispecchia anche direttamente e immediatamente nel gameplay di Soulstice, cucito attorno alla personalità e alle caratteristiche delle sue protagoniste.

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L’opera di Reply Game Studios affonda le mani nello stylish action di stampo giapponese, guardando soprattutto a Bayonetta (l’intro è una vera e propria citazione a quella del titolo Platinum Games, una replica della scena in cui la Strega di Umbra combatte tra i resti di una chiesa le cui macerie stanno cadendo nel vuoto) ma buttando un occhio anche ai primi God of War e al DmC apocrifo di Ninja Theory, del quale rielabora varie idee. Questo appoggiarsi dichiaratamente alle fondamenta del genere ha permesso agli sviluppatori di creare un combat system assolutamente a fuoco, tutto combo, moltiplicatori, riflessi ed efferatezza ma senza rinunciare ad idee abbastanza particolari.

Questo appoggiarsi dichiaratamente alle fondamenta del genere ha permesso agli sviluppatori di creare un combat system assolutamente a fuoco ma senza rinunciare ad idee abbastanza particolari.

Briar (ispirata al Gatsu di Berserk, fonte principale nella creazione dell’opera), velocissima, letale e sovrumana è un alter ego il cui peso è subito riconoscibile attraverso un sistema di controllo preciso che, ancora, risulterà molto familiare agli habitué del genere; attacco leggero, attacco speciale (dipendente da varie armi che si sbloccheranno nel corso della missione, da pesantissime falci ad archi o doppi pugnali, facendo le veci di una move list non particolarmente profonda), schivata, salto (doppio all’occorrenza). Tutto in ordine, reattivo, consistente al tatto. Ma è Lute che aggiunge frizzantezza e imprevedibilità ai combattimenti, con un mix di controllo diretto sui suoi poteri e intelligenza artificiale. La sorellina attacca indipendentemente i nemici e cercherà di proteggere la maggiore da alcuni colpi, facendo le veci della parata, da attivare al momento giusto (ovvero quando appare il pulsante dedicato sulla testa di un demone) e contestuale in base alle situazioni e al tipo di attacco che stiamo per subire; una lancia da deviare, un fendente da parare, una carica da rallentare, aprendo la via a contrattacchi devastanti e spietati, in una centrifuga di luci, colpi ed esplosioni altamente scenografica.

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Il passato delle due, raccontato attraverso alcune incursioni di Lute nella memoria traumatizzata di Briar, nasconde interessanti colpi di scena.

È una soluzione sinceramente brillante che rende estremamente dinamici i combattimenti, perché nel casino della battaglia non si ha sempre la lucidità di pensare “ok, adesso bloccherà l’attacco”, lasciandosi quindi trasportare dal flow e reagendo in base agli aiuti di Lute, creando l’illusione che sia effettivamente indipendente, pensante, presente, anche grazie alle frasi che ogni tanto urla, soprattutto quando il suo campo di forza sta per cedere. Questa è un’altra caratteristica particolare: tramite i due trigger è possibile attivare due barriere di energia che consumano l’Entropia del fantasma (la sua stamina) e sono fondamentali per attaccare determinati tipi di nemici, Spettri o Corrotti, prosaicamente blu e rossi, aggiungendo uno strato tattico, un po’ alla Ikaruga, ai combattimenti (ricordate Outland di Housemarque?).

Tramite i due trigger è possibile attivare due barriere di energia che consumano l’Entropia del fantasma e sono fondamentali per attaccare determinati tipi di nemici

In certi casi la soluzione diventa però macchinosa, cozzando un po’ con la necessità stilistica di mantenere un certo flusso, tenere sul filo dell’eccitazione il moltiplicatore, soprattutto quando sul campo di battaglia sono presenti contemporaneamente nemici di entrambe le tipologie (ovviamente ci sono anche quelli “neutri”), perché i campi hanno comunque bisogno di qualche secondo di cool-down e il rischio di perdere fluidità è concreto. Sbavature e spigoli che vanno poi ad ammorbidirsi con la progressione e lo sviluppo dei personaggi, dove investire i punti guadagnati per sbloccare nuove mosse o far sbocciare definitivamente i poteri di Lute e indirizzarli verso una determinata tendenza (io ho scelto Caos, privilegiando quindi l’attacco), sentendo crescere costantemente, come una mare, la loro potenza.

Gli sviluppatori sono riusciti a mescolare bene i vari tipi di nemici durante i combattimenti, rendendo ogni scontro molto interessante da giocare e con un bel senso di sfida.

La condizione di Chimera delle due sorelle le pone poi a un passo dal Trascendere, lasciarsi dominare dal cristallo che le tiene in vita, incastonato nel petto di Briar, scivolare lentamente nella mostruosità e nel delirio. Una condizione che se dominata scatena però uno stato di Furia capace di devastare i campi di battaglia e spadroneggiare sul nemico. Se la sinergia tra le due raggiunge il suo apice (concatenando combo senza subire danni) è possibile andare in berserk ed essere praticamente invincibili per una manciata di secondi, abbastanza per ribaltare una situazione disperata o chiudere un combattimento nel modo più spettacolare possibile. Ma anche qui entra in scena l’entropia e, se si abusa di questo potere durante la stessa battaglia, c’è davvero il rischio di trascendere, ritrovandosi davanti ad una scena tanto clamorosa quanto inevitabilmente macchiata da due parole: Game Over. Una scena che mi è capitato di vedere solo una volta, ma che mi ha sinceramente sorpreso e divertito!

Se la sinergia tra le due sorelle raggiunge il suo apice è possibile andare in berserk ed essere invincibili per una manciata di secondi

Il vero merito di Reply Forge Games è quello di aver fatto sembrare semplice una cosa difficilissima, ovvero creare un combat system di livello e con delle idee caratteristiche uniche che funzionano (mentre la telecamera fa qualche capriccio di troppo nell’affollamento), anche grazie a nuove tipologie di nemici sparse praticamente per tutta l’avventura ed esaltanti boss fight.

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Il primo incontro con questo testone è uno dei livelli più particolari del gioco, una fuga “alla Crash Bandicoot” con telecamera puntata in faccia alle protagoniste.

Quello che però contesto a Soulstice è la mancanza di set piece particolarmente memorabili e un’ambientazione purtroppo poco interessante dopo un inizio particolarmente scenografico. La scelta di ambientare tutto il gioco nella città di Ilden la appoggio, perché dà coesione e urgenza a tutto il racconto, il problema è che troppe volte si percepisce una ripetitività negli ambienti acuita da scelte cromatiche estremamente piatte, quasi monocromatiche, causa di una cronica mancanza di profondità, e dalla scelta di utilizzare telecamere fisse che, usate sempre nello stesso modo, svelano il trucco di un riciclo di asset e strutture che sarebbe stato meglio mascherare (capita proprio di trovare la stessa inquadratura dello stesso ponte di 2-3 livelli prima, nonostante non sia lo stesso ponte).

Soulstice soffre la mancanza di set piece particolarmente memorabili e mostra un’ambientazione purtroppo poco interessante

È un peccato perché la mitologia raccontata è anche interessante, curiosa, ricca, ma l’ambiente non riesce quasi mai a raccontarla, impantanata in un dark fantasy “da catalogo” che ha veramente pochi guizzi stilistici (tra cui le fasi finali che mostrano più personalità e, più in generale, il design di personaggi e nemici), nonostante proprietà tecniche invidiabili e una buonissima illuminazione, con una colonna sonora timidissima, che accompagna quasi esclusivamente i combattimenti e stenta a comunicare l’epicità che la vicenda dovrebbe avere. Questo salta all’occhio anche perché l’opera non disdegna brevi fasi esplorative dove distruggere meccanicamente barili, casse e simili (per guadagnare frammenti di cristallo) condite con piccoli enigmi ambientali e fasi platform; poco intriganti e un po’ pesanti le prime (trova tot cristalli per rompere una barriera di cristallo gigante, ripetuto tot volte, non è una meccanica che può suscitare interesse alla lunga) e un po’ fuori posto le seconde, con la telecamera quasi sempre molto lontana dai personaggi che rende difficoltoso prendere le misure; per fortuna non è mai questione di game over. Questi sono due affluenti di un problema che riguarda la longevità, la quale, a mio parere, va oltre il necessario. 25 livelli in cui spesso le situazioni si ripetono e dove, fisiologicamente, le idee vanno ad esaurirsi. Si ha spesso la sensazione, alla fine di certi stage, di non aver fatto granché; certo, belli i combattimenti, ma oggi come oggi la compattezza è una virtù che vale molto più della durata, soprattutto in titoli del genere nati per essere anche rigiocati ai vari livelli di difficoltà.

Lute usa i suoi campi di forza per permettere a Briar di colpire gli Spettri, esempio perfetto della sinergia tra le due protagoniste.

Il discorso è più sfaccettato, perché c’è sicuramente la volontà degli sviluppatori di presentare al pubblico qualcosa di “grosso” per identificarsi in una produzione di alto profilo (e sotto certi punti di vista lo è sicuramente), ma serve anche senso della misura, soprattutto quando sai di non poter offrire gran varietà ambientale e ludica, con la spinta delle trovate iniziali che già perde inerzia nella seconda metà.

In Breve: Soulstice si è rivelato un buono stylish action, con un combat system solido impreziosito da buone idee, capace di raccontare le sue ottime protagoniste, Briar e Lute, tanto attraverso la battaglia quanto con le scene di intermezzo. La vicenda del Velo squarciato sopra il cielo di Ilden è intrigante, con bei colpi di scena e una mitologia ben studiata, è quindi un peccato che l’ambientazione non sia capace di sorreggere questo fascino, nonostante la buonissima tecnica di base, intrappolata in una direzione artistica spesso troppo generica e ridondante. Non certo indimenticabili neanche le fasi puzzle e platform, ma fortuna vuole che il prossimo combattimento è sempre dietro l’angolo: qui il gioco da il meglio di sé, diventando veloce, feroce, tecnico e tattico. Avesse avuto più personalità audiovisiva e una struttura più asciutta staremmo parlando di un grandissimo gioco. Ma comunque il titolo Reply Game Studios rimane un buon esponente di un genere raro, ambizioso e tecnicamente di livello.

Piattaforma di Prova: PS5
Com’è, Come Gira: Su PlayStation 5 il gioco è solido, con un frame rate stabile a 60fps in modalità prestazioni. Buona illuminazione.

 

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Pro

  • Combat system di alto profilo, veloce, brutale e tattico, con una gran varietà di nemici / Intrigante rapporto tra le sorelle, sia a livello narrativo che ludico / Mitologia affascinante…

Contro

  • …Non supportata a dovere da un’ambientazione sui generis / Colonna sonora impalpabile / Fasi puzzle e platform poco interessanti.
7.5

Buono

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