Eccoci ripartire a vele spiegate per una nuova tappa dello speciale “l’ho fatto io!” dedicato a editor e strumenti in grado di trasformare semplici videogiocatori in game designer. Come visto nella puntata precedente, durante l’era degli 8 bit l’offerta certo non mancava quando si trattava di realizzare adventure, ma come sarebbe stato gestire giochi dal gameplay più complesso?
Uno dei primi ad affrontare l’argomento è Doug Carlston, cofondatore di Broderbund, software house che ha all’attivo titoli come Lode Runner, Prince of Persia e Myst. Nel 1982, Doug sviluppa The Arcade Machine per Apple II, il cui manuale di quasi cento pagine recita “No programming knowledge necessary!” con tanto di punto esclamativo finale, ed è la verità.Con TAM si possono creare shoot’em up in stile Galaxian con cinque livelli, sprite e sfondi disegnati a piacere, regole e sistemi di punteggio personalizzati, ondate d’attacco su misura e soprattutto, perché l’ego vuole la sua parte, una schermata iniziale con titolo del gioco e nome dello sviluppatore – sì, proprio il tuo nome! – bello in grande da far vedere agli amici grazie alla possibilità di distribuire le proprie creazioni su disco senza bisogno del software originale. Viene indetto anche un contest, dalla stessa Broderbund, nel quale il miglior gioco creato con The Arcade Machine sarebbe stato premiato con hardware e software per il valore di 1500 dollari. Un bel passo avanti rispetto agli adventure, dal punto di vista tecnico, ma il problema non era stato del tutto risolto. Il software perfetto non dovrebbe vincolare l’utilizzatore a un preciso genere di gameplay, lasciandolo invece libero di esprimere la propria creatività. Sempre la Broderbund nel 1988 torna all’attacco con Arcade Game Construction Kit di Mike Livesay, questa volta per Commodore 64. Non obbliga più gli utenti alla creazione di shoot’em up, e infatti tra i giochi inclusi, da utilizzare come ispirazione o template, oltre al classico clone di Galaxan troviamo anche un maze game, due bei platformer, un beat’em up ispirato a Bruce Lee e un Thrust-like. Un’offerta da capogiro, con l’unico neo di non poter implementare lo scrolling. Ma già tre anni prima, nel 1985, Garry Kitchen, uno degli uomini dietro le tastiere di Ghostbusters della Activision, aveva prodotto Garry Kitchen’s GameMaker, sempre per C64. Si tratta di una suite di cinque strumenti per realizzare immagini di background, sprite, musiche, effetti sonori e codice. Ma come, “codice”? Avevamo detto che non sarebbe stato obbligatorio saper programmare. Certo, ma Garry è un visionario e decide di unire la filosofia no-code alla generazione di script con un linguaggio proprietario simile ai tanti BASIC dell’epoca, arricchito con comandi specifici per gestire grafica e suono, proprio come i framework moderni. Altra caratteristica rivoluzionaria è la modalità di inserimento del codice, che non prevede l’utilizzo di tastiera ma avviene tramite un menù contestuale nel quale prima si sceglie il comando e poi gli eventuali parametri. Per flexare la versatilità della sua creatura, Garry inserisce tra i tanti template anche un buon remake di Pitfall. Il trionfo del cosiddetto low-code. Nuove tecniche, che tuttavia non ancora permettono di realizzare qualsiasi cosa passi per la testa ai game designer in erba, dato che il motore del GameMaker lascia solo poco più di 3 kilobytes a disposizione per il gioco vero e proprio, grafica e sonoro inclusi. Ma la via ormai è tracciata. E mentre c’è chi cerca di sfuggire alla digitazione di script, nei primi anni ’80 i fratelli Darling, David e Richard, imparano a programmare utilizzando schede perforate a scuola e prendendo in prestito il Commodore PET del padre durante i fine settimana. Già che ci sono, creano una versione testuale di Dungeon & Dragons. Iniziano poi a sviluppare giochi per Mastertronic, e ancora adolescenti possono vantare ricavi per duecentomila sterline. Dell’epoca! Nel 1986 fondano la Codemasters entrando nella storia, ma a noi interessa una loro creazione inizialmente pubblicata da Microrsoft nel 1984 per C64 e poi reintrodotta nel mercato da Mastertronic: The Games Creator, anche lui in grado di creare sprite, immagini di sfondo e colonna sonora come tutti i suoi colleghi, e sufficientemente versatile da consentire di riprodurre i più comuni gameplay dell’epoca, dal platformer allo shoot’em up. Abbiamo quindi da una parte il limitato linguaggio BASIC o il ben più ostico Assembly e dall’altra gli editor no-code o low-code. E nel mezzo? Immaginate uno strumento che dia la possibilità di sfruttare le reali capacità dei computer senza dover costringere le persone a manipolare bit ad uno ad uno.
Nel 1985 Ocean, uno dei nomi più importanti dell’epoca, pubblica Laser Basic per Amstrad 464/664, Commodore 64 e Spectrum. Si tratta di una massiccia serie di comandi aggiunti ai BASIC delle rispettive macchine, dal centinaio dello Spectrum agli oltre 250 del C64, in grado di gestire sprite e sonoro, oltre al famigerato Interrupt: la capacità di mettere la CPU in una micropausa per dedicarsi momentaneamente ad altro, e tornare poi al compito interrotto. Un esempio di Interrupt? Il cursore lampeggiante.
Esiste poi il Raster Interrupt che permette al Biscottone di visualizzare più degli otto sprite hardware. Uno strumento ben più complesso di un editor, a tutti gli effetti un framework senza il quale purtroppo non si potevano condividere le proprie creazioni, a meno di non disporre del Laser Compiler, venduto separatamente, che rendeva finalmente il lavoro distribuibile e anche commercializzabile senza dover pagare alcun diritto alla Ocean. Il Laser Basic sarà stato utilizzato anche da professionisti? Non è dato saperlo, certo è che alcune software house erano solite utilizzare software proprietario, come il Freescape, uno dei primi motori 3D con il quale Incentive Software realizza nel 1987 Driller, che si guadagna un meritato 96% nello Zzap!64 inglese.
Lo sviluppo del Freescape culmina con il 3D Construction Kit nel 1991 e il sequel 3D Construction Kit II nel 1992, entrambi nati per permettere a noi giocatori di generare mondi virtuali in 3D. Anche lo Spectrum ha visto passare per i propri bit editor di un certo livello, come 3D Game Maker del 1987, che a dispetto del nome non permetteva di creare giochi tridimensionali ma isometrici, dall’aspetto simile a Head Over Heels o a Batman del 1986. Esiste anche il 2D Game Maker, uscito l’anno successivo, sempre a opera di CRL Group, la software house responsabile nel 1985 della trasposizione videoludica di Blade Runner senza possederne licenza alcuna, premiata da Zzap!64 con un bel 39%. Il gioco più redditizio di CRL è comunque l’ottimo Tau Ceti, 93% sullo Zzap! italico, che dimostra una certa abilità nella realizzazione di videogame in 3D.Ed eccoci arrivati al momento clou, un po’ da ridimensionare ora che abbiamo mostrato quanto ricco era il panorama dei game editor, ma al cuore dei gamer non si comanda. Chiedete a qualsiasi videogiocatore attivo nell’epoca a 8 bit quale sia l’engine preferito, e vi risponderà SEUCK, ovvero Shoot’Em Up Construcion Kit, medaglia d’oro Zzappiana nel 1987. Sensible Software è una delle software house più amate del panorama Commodore, merito della grande personalità di Jon Hare ma soprattutto di giochi del calibro di Wizball, Sensible Soccer e Cannon Fodder. Come suggerisce il titolo, il SEUCK è in grado di produrre solo shoot’em up però va detto che il risultato finale è di gran lunga superiore rispetto a quanto generabile con i suoi colleghi, grazie alla possibilità di introdurre scrolling, anche programmandone le pause, e alla presenza opzionale di un secondo giocatore. I giochi erano distribuibili senza bisogno del software originale e nacquero compilation di giochi SEUCK con titoli dalla qualità altalenante. Tra i template inclusi invece spiccano Slap ‘n’ Tickle, clone di Slap Fight che comunque non esce benissimo dal confronto con l’originale, e Blood ‘n’ Bullets, run and gun ispirato a Commando disponibile però solo sui sistemi a 16 bit, perché ormai i poveri C64, ZX Spectrum e colleghi erano stati spremuti alla grande, e dalla loro configurazione hardware veramente non si poteva pretendere di più. Parleremo del fantastico mondo Amiga nella prossima puntata, ma prima vediamo cosa offre oggi la scena ottobittiana a chi volesse sviluppare qualche gioco in grado di girare sulle vecchie glorie. 8Bit-Unity abbraccia la filosofia cross-platform del celebre tool di Unity Technologies con una SDK in grado di compilare lo stesso codice da voi scritto per Apple II, Atari a 8 bit, C64, Oric 1/Atmos, Atari Lynx e NES. Non sembra essere molto popolare a giudicare dal forum che mette a disposizione, ma il clone di Super Sprint, chiamato 8bit-Slicks, è interessante. ugBASIC è un linguaggio di programmazione per retrocomputer che consente di scrivere un codice universale in un BASIC evoluto simile al già menzionato Laser Basic e compilarlo poi per le più celebri piattaforme del passato: Amstrad, ColevoVision, ZX Spectrum, Commodore 64 e altri. È disponibile su itch anche una IDE in grado di trasformare il vostro PC in un completo ambiente di retrosviluppo.
Arcade Game Designer è un software responsabile della creazione di oltre duecento nuovi videogiochi per Spectrum e Amstrad, anch’esso basato sull’estensione dei linguaggi BASIC originali, e se volete pubblicare su più piattaforme potete contare sul fratello maggiore Multi Platform Arcade Game Designer. Per i veri duri è invece disponibile C64 Studio che permette di darci dentro con l’Assembly ed eseguire il debug direttamente all’interno di VICE, il celebre emulatore.
E chissà, magari nelle prossime pagine di RetroTGM o Zzap! campeggerà un vostro gioco.