Lies of P, Collodi, Asimov, Urasawa e la ricerca dell’umanità

Lies of P ha catturato l’attenzione di molti appassionati di soulslike – me incluso – per la sua capace riproposizione di meccaniche già ben collaudate, non dimenticandosi di metterci del suo. E anche dal punto di vista della storia si può riconoscere un percorso simile.

Lies of P

ATTENZIONE: L’articolo include alcuni spoiler su Lies of P e su Pluto.

Cosa definisce un essere umano? La domanda, per gli scrittori di narrativa, talvolta è ben più che un quesito filosofico: è un problema a cui devono cercare una risposta. Prendiamo per esempio i libri di Isaac Asimov, in cui l’androide Daneel Olivaw è un personaggio ricorrente. La sua prima apparizione avviene in Abissi d’Acciaio, quando viene assegnato come collega al detective umano Elijah Bailey, per aiutarlo nella sua investigazione. I due condivideranno varie avventure, ma le storie di Olivaw, funzionalmente immortale, andranno ben oltre quella di Bailey. Lo ritroviamo infatti diecimila anni dopo, nel bel mezzo degli eventi che portano al crollo dell’Impero e alla nascita della Fondazione, stavolta sotto un altro nome: quello di Eto Demerzel, primo ministro dell’imperatore. All’interno degli eventi di Preludio alla Fondazione, la sua identità robotica rischia di essere svelata, ma Olivaw riesce a deflettere questo pericolo: quando durante un’intervista trasmessa pubblicamente viene confrontato sull’argomento, risponde con una risata. Un semplice gesto che convince la gente di Trantor dell’umanità del primo ministro.

INVESTIGATORI E ASSASSINI

Una domanda simile se la fa anche Pluto, il manga di Naoki Urasawa che ha recentemente ricevuto un adattamento animato su Netflix. Le similitudini fra le storie di Asimov e quelle di Urasawa non sono solo tematiche: è evidente che quest’ultimo si è ispirato alle storie del padre delle leggi della robotica – e infatti anche in Pluto troviamo le Leggi Internazionali della Robotica, che fra le loro clausole includono l’impossibilità per un robot di fare del male a un essere umano; non solo, ma anche in questo caso il protagonista principale della storia, Gesicht, è un androide investigatore, incaricato di risolvere misteriosi casi di omicidio. Al di là di queste vicinanze, le due storie prendono strade molto diverse. È più che evidente la critica che nella sua storia Urasawa vuole muovere all’invasione statunitense dell’Iraq, per esempio. Ma diversa è anche la risposta alla domanda posta in apertura a questo articolo: in Pluto, ciò che secondo molti dei personaggi davvero definisce un essere umano è la capacità di odiare (capacità che in realtà ne sottintende almeno altre due, cioè quella di amare e quella di perdonare).

BRAU-1589 è UNO dei personaggi più enigmatici di Pluto, e lo possiamo ritrovare in Lies of P

Uno dei personaggi più enigmatici di Pluto è Brau-1589. Si sa poco di questo robot, se non che è stato l’unico ad aver ammazzato un essere umano, qualche anno prima degli eventi raccontati dalla serie. Gesicht, nel suo tentativo di capire la mentalità dell’assassino a cui sta dando la caccia, si reca spesso da Brau-1589, che nonostante sia semidistrutto e immobilizzato da una lancia impiantata nel suo petto, è ancora in grado di conversare e di captare informazioni provenienti dal mondo esterno. E proprio Brau-1589 è l’evidente punto di riferimento per uno dei personaggi secondari di Lies of P, e cioè Arlecchino, anch’esso assassino robotico rinchiuso in una prigione di pietra e cemento e impalato da una lancia.

Lies of P, in linea di massima, non è un gioco che fa mistero delle sue fonti di ispirazione. Per esempio, l’animazione che il silenzioso protagonista del gioco – che chiameremo P – compie quando utilizza l’orologio da taschino, oggetto che gli permette di tornare all’hub centrale, è quasi identica a quella che vediamo i nostri personaggi fare nei Dark Souls quando utilizziamo l’Homeward Bone, oggetto dall’identico scopo. Il Grande Patto a cui sono sottoposti tutti gli automi di Krat non sono altro che le Leggi della Robotica di Asimov sotto altro nome. Ma l’ispirazione più forte di Lies of P, evidenziata in apertura con un tributo a Carlo Collodi, è la storia di Pinocchio: quasi tutti i personaggi secondari prendono il loro nome da personaggi inventati da Collodi, anche se non va fatto l’errore di pensare che quella a cui ci troviamo di fronte una volta preso in mano il controller sia solo un adattamento delle avventure del burattino di legno. La storia di Lies of P, per quanto di quando in quando tocchi temi simili, è una cosa a sé: e la differenza più importante, a livello narrativo, sta nell’importanza che viene data alle bugie.

RICORDATI SEMPRE DI ESSERE OBBEDIENTE

Pinocchio è stata scritta da Carlo Collodi con l’intento di essere una storia educativa, e in quanto tale rispetta i canoni della storie educative per bambini di fine Ottocento. In una cornice non certo allegra e fiabesca come quella resa popolare in particolare dall’adattamento Disney, le marachelle, gli atti di disubbidienza e le bugie di Pinocchio non sono ritratte in luce positiva o goliardica, anzi: ciò che infine gli permette di diventare un vero bambino in carne e ossa è l’aver accettato di comportarsi in maniera rispettosa, ascoltando in particolare ciò che gli viene detto da mastro Geppetto.

È INTERESSANTE COME PINOCCHIO SIA STATO SCRITTO COME UNA STORIA EDUCATIVA, MENTRE INVECE LIES OF P CI DICE CHE È LA CAPACITÀ DI MENTIRE A RENDERE UMANI

Richiamarsi all’obbedienza è qualcosa che fa anche il Geppetto di Lies of P, che in almeno in un paio di occasioni chiede al protagonista – che da lui è stato creato – di ascoltare e seguire ciò che lui ha da dirci. Diverso è però il valore che viene dato alle bugie: fin dall’inizio, da quando cioè dobbiamo entrare all’Hotel Krat, ci viene detto che mentire è un tratto distintivo dell’umanità; i robot, infatti, sono incapaci di dire menzogne. Certo, le menzogne che possiamo dire in Lies of P sono spesso le cosiddette “bugie bianche”, dettate più da empatia e compassione che non da interessi personali. Per esempio, una delle prime quest secondarie vede il protagonista aiutare una persona sola e malata, resa ormai quasi cieca e insensibile dal morbo pietrificante. Ciò che ci viene chiesto di fare è trovare la sua nipotina, allontanatasi in compagnia dei genitori verso il municipio di Krat. Una volta lì arrivati, ci renderemo conto ben presto che il tentativo di fuga è finito nel peggiore dei modi: in mezzo a un mucchio confuso di corpi, l’unico oggetto utile che troveremo è una piccola bambolina. Tornati dall’anziana, potremo decidere di dirle la verità; oppure mentirle, dicendole che il pupazzo è in realtà la sua nipotina, e permetterle di passare felice i suoi ultimi momenti, convinta che la piccola sia al sicuro.

Anche se la trama di Lies of P è tutto sommato relativamente semplice, gli spunti interessanti non mancano. È significativa, per esempio, la contrapposizione fra il percorso che intraprende il protagonista e quello che invece intende percorrere Simon Manus, il capo degli alchimisti. Nel corso del gioco, oltre agli automi impazziti ci troveremo anche ad affrontare quelli che sono esseri umani orribilmente mutati dal morbo pietrificante. Alcuni di loro pare mantengano un barlume di coscienza, ma la maggior parte sono regrediti a uno stato istintivo in cui attaccano tutto ciò che ci muove. Progredendo nel gioco, scopriremo che a causare l’epidemia di questo morbo è stato proprio Simon, che intende sfruttarlo per permettere all’umanità di raggiungere il prossimo stadio della sua evoluzione; e la terza categoria di nemici che affronteremo saranno proprio questi essere umani evoluti.

P E SIMON MANUS SONO UNO IL NEGATIVO DELL’ALTRO: MENTRE IL PRIMO CERCA L’UMANITÀ, L’ALTRO VUOLE TRASCENDERLA

Simon Manus e gli alchimisti a lui fedeli, dunque, perseguono il transumanesimo, mentre P fa il percorso inverso: lui è già superiore a un essere umano, è più forte, è più resistente, è in grado di utilizzare qualunque arma; e non soffre nemmeno delle limitazioni tipiche degli automi, dato che può mentire e prendere decisioni in piena autonomia. Ma ciò che cerca – almeno secondo quello che è il percorso canon – è l’umanità, che non viene definita solo da caratteristiche fisiche (un dettaglio curioso del gioco è che, mano a mano che sale il suo livello di umanità, P inizierà a grugnire quando subisce danni o compie gesti faticosi) ma anche dalle emozioni. Quando durante il gioco compiamo gesti che avvicinano il protagonista al suo lato umano, a schermo apparirà una scritta. A inizio gioco, essa reciterà “i tuoi ingranaggi si stanno muovendo”, e cambierà con l’aumentare del livello di umanità di P, fino a diventare “il tuo cuore batte forte” al livello più alto.

DELL’UMANITÀ

Non sorprendentemente, anche in Lies of P sono le emozioni a distinguere l’umano dal semplice automa. Il gioco spiega anche come fanno le creazioni di Geppetto e dell’industriale Venigni a provare sentimenti: nelle fasi finali, verrà infatti rivelato che l’Ergo, il minerale che dà vita agli automi, non è altro che la forma cristallizzata delle anime degli uomini. È interessante, qui, tornare a parlare di Arlecchino: se in P infatti questo legame a un’anima umana si concretizza – almeno in quello che possiamo considerare il finale canonico – in sentimenti positivi, come l’empatia che dimostra regolarmente, Arlecchino incarna l’esatto opposto: in lui, l’anima umana, una volta risvegliatasi e resasi conto della sua condizione, ha dato il via a comportamenti che non esiteremmo a definire sociopatici. Lui non uccide solo per odio impulsivo, causato da una momentanea rabbia, come succede in Pluto all’ispettore Gesicht. Uccide perché prova soddisfazione nell’atto di uccidere: a differenza di Brau-1589, il personaggio che lo ispira e che mantiene una coltre di mistero sul perché del suo atto, Arlecchino non esita a spiegare a P le sue motivazioni, raccontando con crudele perfidia come abbia deciso di lasciare in vita Venigni non per un atto di improvvisa empatia, ma spinto dalla curiosità di vedere cosa ne sarebbe stato di un giovane costretto ad assistere all’omicidio dei suoi genitori e a crescere come orfano.

Lies of P

La vicinanza con Naoki Urasawa e con Pluto, dunque, sembra andare oltre la sola presenza di Arlecchino. In Pluto, ci viene detto per l’intera durata della storia che ciò che distingue gli umani dai robot è la capacità di odiare, ma in realtà vediamo continuamente esempi di altre caratteristiche umane da parte dei robot: basti pensare, a titolo di esempio, a Brando e alla sua famiglia di pargoli adottivi, o a North n. 2, il robot da guerra che vuole imparare a suonare il pianoforte – e, guarda un po’, all’interno dell’Hotel Krat c’è proprio un pianoforte che P impararerà a suonare mano a mano che si avvicina alla sua umanità. Al di là di questo, similmente a quanto avviene in Pluto in Lies of P a distinguere l’umanità dai robot sono due capacità negative, cioè quella di mentire (come ci viene chiaramente detto a inizio gioco) e quella di provare l’impulso cosciente di uccidere (come ci dice Arlecchino, a fine gioco); ma, in realtà, per tutta la durata delle sue avventure P mostra di essere capace di provare empatia nei confronti degli altri, e di non ragionare solo secondo la fredda logica dettata dai circuiti. E qui andiamo a ritrovare quel parallelismo con le meccaniche di gameplay: Lies of P non passerà certo alla storia per essere stato il videogioco più coraggioso e rivoluzionario di sempre, visto il tributo che paga ad altri che sono venuti prima di lui. Ma questo tributo riesce sempre a sembrare sincero, genuino, e non privo di spunti aggiuntivi.

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