Le strategie annunciate (e messe in pratica) da Microsoft nel settore gaming negli ultimi anni, ma facciamo pure nell’ultimo decennio abbondante, si possono definire eufemisticamente erratiche, nonostante Xbox Game Pass. Ricordate la presentazione di Xbox One all’E3 2013 tutta incentrata su TV, TV e ancora TV? Bene, ci siamo. Più di recente, queste ondivaghe manifestazioni di volontà provenienti dal quartier generale di Redmond si sono addensate sul Game Pass, mitologico grimaldello con cui MS contava di scardinare il mercato e per questo motivo arricchito nell’offerta attraverso acquisizione miliardarie.
Di recente ha fatto giustamente rumore l’aumento dei prezzi e la revisione dei tier del Game Pass, al punto da far drizzare le antenne alla FTC, mentre è passata un po’ in sordina un’altra news altrettanto indicativa delle prospettive future di Microsoft, ovvero l’accordo con Amazon per sbarcare sui dispositivi Fire TV. In un certo senso, è la chiusura perfetta del cerchio dal famigerato E3 citato poco fa: dalla TV su Xbox a Xbox sulle TV.
XBOX GAME PASS E IL SUO FUTURO
Per quanto possa sembrare uno dei tanti accordi commerciali un po’ “casuali” di Microsoft, come quello ha già portato l’app Xbox e Game Pass sulle TV Samsung, la partnership con Amazon assume un altro senso se si tiene conto di un altro dato: le diverse generazioni di console hanno smesso di crescere in termini assoluti. Ovvero, detto in altri termini, la somma delle console vendute è cresciuta di generazione in generazione, fino ad arrestarsi. Probabilmente siamo arrivati alla quota limite di persone che sono disposte a spendere 500€ e mettersi in casa un cassone (dall’aspetto per altro non sempre esattamente elegante) per poter giocare. Si tratta in maniera evidente di un grosso problema per le multinazionali che si pongono obiettivi di crescita infinita, ma ancora di più se la tua fetta di torta è la più piccola del mercato.
Il problema immagino sia ben noto dalle parti di Redmond e il Game Pass avrebbe dovuto rappresentare la soluzione, quantomeno sulla carta. Nella pratica, invece, le aggressive strategie di prezzo al limite del regalo per fidelizzare l’utenza non hanno sortito il risultato sperato influendo solo tangenzialmente sulla crescita di Xbox. I conti però non tornano: se il settore cresce, ma le console vendute grosso modo sono sempre quelle, dove sta l’inghippo?
In un certo senso, è la chiusura perfetta del cerchio dal famigerato E3 citato poco fa: dalla TV su Xbox a Xbox sulle TV
Quella di Microsoft è senza dubbio una mossa dettata dalla necessità, dopo aver allargato con forza il menù del Game Pass destinato ai giocatori PC, senza ottenere i risultati sperati, ma apre uno squarcio su un mondo che noi videogiocatori vecchio stampo guardiamo con malcelata superiorità ed evidente snobbismo, incuranti del fatto che la nostra concezione del videogioco stia diventando una nicchia.
TRA JEFF BEZOS E AMAZON
Il tentativo di Microsoft attraverso l’accordo con Amazon è quello di portare la “nostra” concezione del videogioco all’esterno della nicchia, allargare campo e platea per includere anche chi finora ha sempre e solo giocato con un pollice sullo schermino. La scommessa è che azzerando le barriere all’ingresso, trasformando l’acquisto della console nel download di un’app sullo stesso accrocchio con cui fruiscono degli altri contenuti su abbonamento, anche il videogioco (nello specifico il GamePass) entri sommessamente, ma stabilmente, nelle abitudini di consumo delle masse.
Questo approccio, per quanto di sicuro spiegabile guardando al disegno appena illustrato, non tiene tuttavia conto di un fattore: chi compra le console sono bene o male sempre le stesse persone da circa mezzo secolo, all’appello mancano le fasce dei più giovani. E i giovani sono la fascia d’età che (abbastanza ovviamente) gioca di più, solo non lo fa nei modi e con gli strumenti con cui i millennial sono abituati. Se per oggi questo è un problema soprattutto per Microsoft, stabilmente al terzo posto nella corsa a tre con Sony e Nintendo, presto però lo diventerà per tutti coloro che basano il proprio business su un modello che è evidentemente al tramonto.
La struttura dell’industria per come la conosciamo da sempre probabilmente ha i giorni contati: se questo sia un bene o male saranno gli eventi a raccontarlo