Warhammer 40,000: Space Marine, come nasce un cult – Speciale

“Il Codex Astartes è un elenco di regole: ci guidano… ci formano come Ultramarine… ci insegnano a mettere il dovere e l’onore davanti a tutto. Ma il vero Space Marine lo si riconosce da come convive con quelle regole. E tu hai fallito.” – Capitano Demetrian Titus della Seconda Compagnia degli Ultramarine.Warhammer 40000 Space Marine Titus speciale aperturaLa settima generazione di console verrà ricordata per molte cose, ma nella mia mente l’assocerò sempre a due elementi: i videogiochi marroni e i cover shooter. Dal primo Gears of War in poi, gli sparatutto in terza persona di quegli anni lì sono sempre stati molto formulaici. Non solo quelli in cui si spiattellano locuste, ma anche tutti quegli altri videogiochi che si sono successivamente ispirati alla saga di Epic Games e Microsoft hanno spesso riciclato quegli stessi sistemi di gioco. Non solo gli shooter in senso stretto, anche videogiochi appartenenti ad altri generi hanno implementato meccaniche di cover shooting simili: un esempio su tutti? Pensate alla saga di Mass Effect: di fatto una serie action RPG che tuttavia durante le sparatorie ricorda proprio Gears.

Sono davvero pochi i TPS usciti in quegli anni che percorrevano una strada diversa. Uno di questi è Warhammer 40,000: Space Marine. È il 2009: siamo nel pieno di una generazione in cui una Microsoft in formissima stava battendo la concorrenza di una Sony addormentata sugli allori delle due precedenti PlayStation, mentre il PC stava lentamente risalendo la china grazie a Valve e a Steam. Ma al di là di questo: Relic Entertainment aveva da poco pubblicato Warhammer 40,000: Dawn of War II, il secondo capitolo di quella saga di RTS che tanto gli portò fortuna negli anni precedenti. Ed è proprio sulle fondamenta del successo di Dawn of War II che lo studio canadese provò a costruire un videogioco profondamente diverso da ciò a cui si era dedicato in passato.

UNO SPACE MARINE TUTTO MIO

Come avrete intuito, non si può parlare di Space Marine senza partire proprio da quello strategico in tempo reale. O meglio, dobbiamo partire nello specifico dalla campagna single player di Dawn of War II. Qui i giocatori – anche più di uno dal momento che si può affrontare in co-op – prendono il comando di un manipolo di Astartes del capitolo dei Corvi Sanguinari: non c’è costruzione della base, solo schermaglie tra poche squadre in una campagna dalla progressione non lineare.

Con Dawn of War II, Relic replicò il successo del primo capitolo della serie di RTS.

Le squadre e i rispettivi leader acquisiscono punti esperienza e ottengono equipaggiamento, così da permettere ai giocatori di personalizzare le unità man mano che si va avanti nella campagna. Questa formula sarebbe stata approfondita nell’espansione dell’anno seguente, Chaos Rising, che avrebbe introdotto degli ulteriori elementi RPG tra cui le scelte morali in ogni missione.

Relic era sulla cresta dell’onda dopo aver inanellato un successo dietro l’altro

A questo punto, dopo aver fatto questo doveroso passo indietro, arriviamo all’E3 del 2009. Ricordiamolo: Relic era sulla cresta dell’onda dopo aver inanellato un successo dietro l’altro, pertanto la sua presenza a Los Angeles dopo neanche quattro mesi dall’uscita di DoW2 riuscì a catalizzare l’attenzione di stampa e appassionati. In molti si sarebbero aspettati l’annuncio di un nuovo strategico, magari un sequel di Company of Heroes (che sarebbe stato annunciato nel 2012). Invece, Relic spiazzò tutti presentando un action RPG su licenza di Warhammer 40,000. Inoltre, dopo aver lavorato quasi esclusivamente su PC, questo sarebbe stato il primo titolo prodotto per le sole console della settima generazione, dunque Xbox 360 e PlayStation 3.

Ma come – vi starete chiedendo – Space Marine non è un action shooter?” Sì, ma spesso ci dimentichiamo che il progetto nacque come un action RPG in salsa hack & slash sulla falsariga di Diablo. Il trailer di annuncio mostrava infatti un manipolo di Ultramarine, quattro per la precisione, affrontare orde di Orki sulla superficie di un mondo imperiale invaso dalla Marea Verde. Tra spade a catena, martelli tuono, requiem pesanti e assalti con i jet dorsali, il Warhammer 40,000: Space Marine ideato da Relic avrebbe permesso ai giocatori di personalizzare il proprio supersoldato geneticamente modificato, scegliendone l’armamento e i pezzi di armatura. Sarebbe stato un videogioco molto diverso da quello effettivamente uscito nel 2011: l’idea alla base del progetto, come più volte ribadito dalla stessa Relic, era quella di mettere un gruppo di giocatori nei panni di una squadra di Space Marine. Il gioco sarebbe stato affrontabile in cooperativa da un massimo di quattro utenti.

THQ non aveva badato a spese

Sarebbe stato un progetto davvero ambizioso, tant’è che THQ non aveva badato a spese. Nel corso degli anni venne messo in piedi un team formato da oltre 200 persone, molte delle quali assunte proprio per lavorare a Space Marine giacché per portare avanti lo sviluppo servivano competenze diverse da quelle generalmente possedute dagli altri membri di Relic. Ecco quindi che allo studio canadese si unirono veterani dello sviluppo di videogiochi per console, tra cui persone che hanno lavorato ai franchise di Gears of War e God of War. Il budget iniziò a lievitare, mentre il team di sviluppo si trovò a un bivio: continuare verso la direzione dell’action RPG, oppure intraprendere una nuova strada.

L’INVASIONE DI GRAIA

Venne deciso di cambiare strada. Evidentemente qualcuno si accorse che un videogioco sulla scia di Diablo mal si presta alla licenza di Warhammer 40,000, perlomeno nell’ambito degli Space Marine, che non sono soliti cambiare spesso equipaggiamento e specializzazione nel bel mezzo di una campagna.

Si optò per il sentiero dello sparatutto in terza persona dalla fortissima declinazione action

Ecco quindi che si optò per il sentiero dello sparatutto in terza persona dalla fortissima declinazione action. D’altronde a quei tempi era il genere più in voga e il team di sviluppo era già composto da persone con una certa esperienza in questo tipo di giochi. Vennero comunque mantenuti diversi elementi del progetto originale: per esempio la storia avrebbe visto sempre gli Ultramarine affrontare un’invasione di Orki, questa volta sul Mondo Forgia di Graia. Venne però accantonata l’idea di una campagna cooperativa: l’avventura sarebbe stata da affrontare esclusivamente in solitaria e avrebbe visto i giocatori prendere il controllo del Capitano Demetrian Titus. Un (super)uomo tutto d’un pezzo, ligio al Codex Astartes, ma non per questo vincolato a esso. Assieme alla sua squadra comando formata dal sergente veterano Sidonus e dal giovane – si fa per dire – Leandros, il Capitano della Seconda Compagnia Titus si ritrova a supportare le forze imperiali sul pianeta effettuando assalti con precisione chirurgica oltre le linee nemiche.

Le esecuzioni brutali sono uno dei tratti distintivi di Warhammer 40,000: Space Marine.

Durante il corso dell’avventura, Titus dimostra non solo di essere un guerriero esemplare e versatile, uno dei migliori al servizio dell’Imperatore, ma anche un leader dall’incredibile acume tattico e un essere umano compassionevole, virtù rara nel quarantunesimo millennio. Ciò che lo contraddistingue, però, è il suo rapporto con il Codex Astartes: l’insieme di regole stilato dal primarca degli Ultramarine Roboute Guilliman all’indomani dell’Eresia di Horus che gettò l’Imperium in una guerra civile devastante. Il codex racchiude non soltanto dottrine militari e strategia di guerra, ma anche le linee guida morali a cui tutti gli Space Marine dovrebbero sottostare per non rischiare di cadere vittima della corruzione del Caos.

Titus si ritrova spesso a piegare le regole del Codex a suo piacimento

Per Titus, il Codex Astartes non deve essere un ostacolo sul cammino di uno Space Marine, ma deve invece guidarlo verso il compimento del suo dovere. Per questo, durante il corso dell’avventura, Titus si ritrova spesso a piegare le regole del Codex a suo piacimento, se non addirittura a contravvenire ai suoi dettami, provocando reazioni di forte ostilità nei suoi confronti da parte del membro più giovane della squadra comando, Leandros, che invece ritiene il Codex Astartes sia da seguire alla lettera per evitare di cadere preda delle divinità corrotte del Warp.

ERESIA

Se dunque nella prima parte dell’avventura i rapporti tra Titus e Leandros appaiono sì tesi ma vi è comunque una fiducia reciproca, soprattutto perché quest’ultimo non nasconde la stima che ha per il suo capitano; è nella seconda metà del videogioco – quando la situazione su Graia precipita – che qualcosa tra Titus e il suo più giovane sottoposto si spezza.

Ben presto si scopre che l’invasione degli Orki cela un complotto più grande ordito dalle forze del Caos con l’aiuto dell’inquisitore Drogan, in realtà null’altro che un cadavere posseduto da Nemeroth, un potente Lord del Caos che ambisce ad ascendere a Principe Demone. Di fatto una marionetta priva di volontà il cui vero scopo è quello di aprire un portale verso l’Immaterium da cui far fuoriuscire demoni e Space Marine del Caos per permettere loro di sacrificare Graia in un rituale che permetterebbe a Nemeroth di compiere il suo destino. È in questo momento che Titus scopre di avere una resistenza alle forze psioniche fuori dal comune per un essere umano, persino uno potenziato geneticamente come lui.

Leandros inizia a essere sempre più diffidente nei confronti del suo capitano

Alla scoperta di questo potere inumano, Leandros inizia a essere sempre più diffidente nei confronti del suo capitano. È in questa situazione così complessa che viene fuori la vera personalità di Titus: nel produrre la sceneggiatura di Space Marine, il team narrativo guidato da Philippe R. Boulle (già autore delle ottime storie di Dawn of War II e dell’espansione Chaos Rising) e da Bonnie Jean Mah (una debuttante) è riuscito a scrivere un personaggio particolarmente complesso proprio perché, come già accennato qualche paragrafo più su, si tratta di un Ultramarine atipico. Ciò è merito anche della contrapposizione tra Demetrian Titus e Leandros, che riesce a esaltare i tratti della sua personalità mettendone in risalto il senso del dovere e dell’onore prima di tutto, nonché il suo spirito di abnegazione e la volontà di sacrificarsi per salvare le vite dei suoi compagni.

Il combattimento finale è incredibilmente trash, ma anche molto appropriato.

Iconiche, in tal senso, le battute finali del videogioco, con un Titus che si lancia nel vuoto per fermare Nemeroth dal trasformarsi in un Principe Demone. Certo, la scazzottata a mezz’aria tra un un superumano in un’armatura ingombrante e un quasi-demone che spara fiamme viola mentre blatera parole senza senso risulta decisamente trash, ma è una sequenza che riesce a trasmettere tutta la determinazione e l’incrollabile volontà del protagonista, persino in una situazione così disperata, mentre tutto intorno a lui viene inghiottito – letteralmente – dal Caos.

Titus e Leandros non si lasciano nel migliore dei modi, per usare un eufemismo.

Peccato che gli sforzi di Titus non sarebbero stati ricompensati, giacché la sua vittoria su Nemeroth e sulle forze del Caos avrebbe assunto ben presto un retrogusto amaro. Leandros, ormai diffidente nei confronti del suo Capitano, lo accusa addirittura di eresia dinanzi a un Inquisitore imperiale – Thrax – che nel frattempo aveva raggiunto la superficie di Graia scortato da un manipolo di Space Marine del capitolo dei Templari Neri. Thrax è intenzionato a prendere in custodia Titus per scoprire le “molte verità” che si celano dietro la sua anomala resistenza psionica. Nel consegnarsi all’autorità imperiale, pena la condanna per eresia per lui e per tutti coloro i quali lo hanno spalleggiato durante la campagna di Graia, Titus si rivolge a Leandros per dimostrare ancora una volta la caratura del suo personaggio. Demetrian Titus, incanalando tutta l’autorità da Capitano della Seconda Compagnia degli Ultramarine, rivolgendosi al suo sottoposto gli dice che ha fallito e che non può essere considerato un vero Space Marine. Poche parole, pesanti come macigni, che trasmettono per l’ultima volta l’autorità di colui che da lì in avanti non sarebbe più stato un Capitano degli Ultramarine.

SVOLTA DEL FATO

A questo punto Relic aveva dei piani ben precisi per almeno due sequel di Warhammer 40,000: Space Marine, tuttavia lo scarso successo commerciale del gioco e il fallimento di THQ costrinsero lo studio canadese ad accantonare i progetti legati al fu Capitano Titus. In una intervista pubblicata nel 2013, due anni dopo il lancio di Space Marine e l’anno successivo al fallimento di THQ, il director Raphael van Lierop svelò che la trama del sequel avrebbe visto Titus fronteggiare coloro i quali avevano messo in dubbio la sua lealtà nei confronti degli Adeptus Astartes e dell’Imperium. Invece, nel capitolo conclusivo di quella che sarebbe stata una trilogia, Titus avrebbe lasciato gli Ultramarine per fondare un nuovo capitolo successore con tutti coloro i quali avrebbe ritenuto degni della sua fiducia.

La saga di Space Marine venne ripresa successivamente da Saber Interactive

SEGA, il publisher che rilevò Relic Entertainment in seguito alla liquidazione di THQ, non sembrava però interessato a portare avanti la serie, pertanto Van Lierop lasciò il team canadese per fondare Hinterland Studio e sviluppare l’acclamato The Long Dark. La saga di Space Marine, invece, venne ripresa successivamente da Saber Interactive, che però decise di seguire una strada tutta sua, pur partendo dal finale del primo capitolo della serie.

Titus ritorna con il grado di Tenente per combattere la bioflotta tiranide.

Ecco quindi che dopo essere stato in custodia dell’Inquisizione per oltre un secolo, Demetrian Titus servì tra le fila dei cacciatori di alieni della Deathwatch prima di ritornare tra i ranghi degli Ultramarine, sempre nella Seconda Compagnia, ma questa volta potenziato ulteriormente dopo aver superato il Rubicon Primaris. Tuttavia è stato degradato al rango di Tenente, anche se in realtà la decisione di dargli un nuovo grado è semplicemente un’operazione narrativa per portare la storia di entrambi i videogiochi in linea con il nuovo canone ufficiale di Warhammer 40,000. Sì perché ufficialmente il ruolo di Capitano della Seconda Compagnia degli Ultramarine è stato rivestito prima da Cato Sicarius, e poi da Sevastus Acheran, pertanto sarebbe stato impossibile reintegrare Titus nella sua vecchia posizione senza intaccare la continuità narrativa ufficiale.

Titus è talmente popolare tra gli appassionati di Warhammer 40,000 che Games Workshop gli ha dedicato una miniatura ufficiale.

In ogni caso, la popolarità di Titus e lo status di cult acquisito da Warhammer 40,000: Space Marine nel corso degli anni hanno spinto Games Workshop a creare persino una miniatura ufficiale del Tenente come parte di un board game dedicato. Questo vede Titus affrontare da solo una piccola orda di Tiranidi: una sorta di antipasto del videogioco in uscita a settembre che porta il Tenente degli Ultramarine a combattere proprio contro questi alieni affamati di biomassa. Cosa ne sarà, adesso, di Titus? Una cosa è certa: data la presenza della Stirpe dei Mille e delle forze demoniache di Tzeentch in Space Marine 2, la resistenza psionica del nostro amato Ultramarine verrà messa a dura prova, sperando che anche in questo sequel il team narrativo sia all’altezza delle aspettative.

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