Care lettrici e cari lettori di The Games Machine, buon 2025! Inauguriamo un nuovo anno di TGM (e sono tanti ormai) con un nuovo appuntamento con l’Antica Libreria, la rubrica letteraria dedicata al mondo dei videogiochi. Come sapete, ci piace andare controcorrente e se la tradizione dell’ultimo dell’anno è quella di liberarsi delle cose vecchie, noi entriamo nel 2025 recuperandole invece dalla damnatio memoriae a cui il tempo le ha condannate grazie un volume decisamente interessante, ovvero Curious Video Game Machines di Lewis Packwood, edito da Pen & Sword Books (e dunque disponibile solo in inglese).
FILE 024 – Curious Video Game Machine di Lewis Packwood
Dove trovarlo: Pen & Sword Books
La Storia la fanno i vincitori, recita un celebre adagio, e in qualche modo ne siamo testimoni quotidianamente, ma anche senza avventurarci in tematiche più drammatiche, ce lo dimostra anche il circa mezzo secolo di videogiochi a cui abbiamo assistito: i successi restano, i fallimenti spariscono come polvere nella nebbia dei ricordi. In un’epoca in cui la retronostalgia è concepita solo come categoria commerciale, Lewis Packwood ha avuto un’idea quasi rivoluzionaria: recuperare la storia di tutte quelle macchine da gioco estromesse dalla storia ufficiale del videogioco, ma la cui esistenza ha contribuito in maniera determinante all’evoluzione del settore. Ne volete un esempio? Lo sapevate che la prima console portatile non è il Game Boy, come vorrebbe la vulgata comune, bensì il Milton Bradley Microvision, lanciato nel 1979 e fonte di ispirazione per Nintendo sia per i Game’n’Watch che per la successiva (e gloriosa) console portatile?
Quello proposto da Lewis Packwood nel suo volume è un viaggio negli angoli più remoti della storia videoludica, popolato tanto da figure leggendarie, quanto da aziende entrate e uscite dal settore con la rapidità di una cometa.
La struttura è rigorosa come il lavoro di ricerca compiuto: 18 capitoli che esplorano gli angoli remoti e dimenticati della storia, riportando a galla macchine e sistemi sconosciuti ai più, eppure in qualche modo fondamentali per il progresso e il futuro, magari secondo percorsi tortuosi e indecifrabili. Il portabandiera di questo esercito scomparso è il già citato MB Microvision, ma la compagnia è abbondante e curiosa. Per l’appassionato di storia del videogioco, però, le prime pagine sono un po’ pesanti, perché Packwood si prende un diverse facciate belle fitte per raccontare l’emersione del videogioco dall’ambiente militare: scienziati che giocano, supercomputer grandi come pareti, insomma le solite cose. Superato il primo capitolo, tuttavia Curious Video Game Machines inizia il suo brillante percorso nei territori inesplorati dalle ricostruzioni più mainstream.
Il recupero delle console dimenticate di Atari precede una delle tappe più interessanti del volume, quella nella Germania di fine ‘ 70, ancora divisa dal Muro, dove a ovest ci si divertiva con l’Interton Video 2000, console a cartucce che fondeva il Magnavox con alcune caratteristiche delle console programmabili ancora da venire, mentre a est dove il partito socialista decise nel 1977 che anche i giovani tedeschi del blocco sovietico avevano bisogno di una console, la BSS 01 realizzata con componenti importante di contrabbando.
Non è la sola escursione su rotte aliene al tipico racconto incentrato sulle evoluzioni tecnologiche tra USA, Giappone e qualche volta UK.
Più in là Packwood porta il lettore nella Jugoslavia del 1983 per esplorarne la semi-sconosciuta (quanto meno da me) scena Open Source dei primi anni ‘80, ricostruita attraverso una lavoro che affianca la storiografia socio-politica a testimonianze raccolte direttamente intervistando i protagonisti della scena di sviluppo di cui parla.
Anche quando si muove su territori più noti, però, Curious Video Game Machines sa essere interessante, come nel caso della gran quantità di cloni del Famicon o dell’approfondimento su Vituality, uno dei tanti tentativi di rendere la realtà virtuale un fenomeno di massa. Il più grande pregio di Curious Video Game Machine di Lewis Packwood è il rigore storico della narrazione, arricchita spesso da testimonianze dirette, eppure mai noiosa o asettica C’è un delicato equilibrio nella scrittura di Packwood attraverso cui l’eccitazione dell’appassionato riesce comunque a filtrare attraverso uno stile elegante e accademico. Curious Videogame Machines è un libro profondo, che scava alle origini di esperimenti commerciali probabilmente dimenticati anche da chi li ha ideati, e denso, di informazioni e di immagini, ma soprattutto di parole. Facciate e facciate di doppie colonne però volano via che è un piacere.