“È intelligente, ma non si applica”, dicevano i professori a mia madre durante i colloqui scolastici, e Dio solo sa quanto era vera quella frase. Nintendo Switch è un po’ come il Kikko adolescenziale, incapace di ammettere che potrebbe fare meglio, con un po’ più di attenzione e voglia. Chiaro che quando ti esce il compito in classe perfetto te ne torni a casa bello baldanzoso, con l’aria di quello che si fa scivolare addosso le critiche come l’acqua sulla roccia. L’acqua sulla roccia, però, a lungo andare scava e porta a galla la verità, ed eccomi qui a 45 anni a scrivere di giochini, invece di dominare il mondo. Stai a vedere che mi tocca dare ragione a mia madre.
LE COSE CHE VANNO
Nintendo Switch come l’Ivan Conte liceale, si diceva, che pure le belle cose le portava in cascina, quando si metteva di buzzo buono. La nuova console di Nintendo tiene fede alla voglia di Difference con la quale vanno vestiti in quel di Kyoto, e bisogna dare adito a chi di dovere di aver voluto osare, ancora una volta. Di certo, l’idea di una console che sia fruibile su TV e come portatile allo stesso tempo ha un senso in questo periodo storico, e ben si adatta alla frenesia della vita che ci costringe a rosicchiare minuti per i videogiochi perfino al rosso del semaforo (ok, è un’esagerazione, ma rende l’idea).
Ho sempre pensato che Nintendo Switch fosse più una console portatile che all’occorrenza si può attaccare a uno schermo grande anziché il contrario
Nonostante abbia letto pareri contrari un po’ ovunque, devo poi spezzare una lancia a favore della batteria. Mantenendo la luminosità in automatico la durata è di circa tre ore, ma abbassandola nelle occasioni di buio o di bassa luce (tipicamente di sera) sono arrivato a ridosso delle quattro e mezza, peraltro giocando prevalentemente a Zelda, un software “succhia risorse” come pochi altri. Certo, un tablet arriva anche a garantire una decina di ore di fruizione, ma con un utilizzo tipico; il mio Samsung Tab 10, per dire, quando mi immergo in lunghe sessioni di Knights of the Old Republic o di Hearthstone difficilmente supera le cinque ore prima che sia costretto ad attaccarlo da qualche parte per una spremuta di Ampere.
C’è poi da dire che finalmente Nintendo è riuscita a partorire un Sistema Operativo reattivo e che fa cose senza che ci si addormenti davanti allo schermo. Dopo l’elefantiaca esperienza su Wii U, ammetto di essere abbastanza sorpreso della velocità con la quale ci si palleggia tra menu e opzioni, a prescindere che si navighi nell’eShop o nelle sezioni di gestione degli altri contenuti. Non che ci volesse molto per far di meglio rispetto al passato, ma il risultato è pregevole – anche dal punto di vista meramente estetico – e va sottolineato.
Tra le cose ben riuscite vanno annoverati i Joy-Con
LE COSE CHE NON VANNO
In una console che non si vergogna di provare strade nuove, fa imbestialire ancor più del solito la testardaggine tutta giapponese di Nintendo nel restare ancorata a logiche fuori tempo massimo. Sony, Microsoft e Valve hanno dimostrato da tempo quale sia la via per consegnare in mano al giocatore le chiavi di accesso alla community, e invece con Switch siamo ancora qui a scambiarci i “codici amico” come su ICQ al posto di una sana ricerca tramite nickname, che pure verrà aggiunta in un prossimo futuro.
Gli acquisti digitali sono finalmente legati all’account e non più alla console (vivaddio, eh), ma anche in questo caso il passo è fatto con un piede solo, visto che non c’è modo di fruire dello stesso gioco su più device, costringendoci di fatto a cambiare continuamente la console primaria: un problema secondario certo, considerata anche la natura portatile di Switch, ma che lascia addosso l’ennesima sensazione di opera incompiuta. Peraltro, al momento non è possibile di spostare i salvataggi dei giochi su scheda SD, col risultato che se dovete sostituire per qualche motivo la console, potete dire addio alle vostre 70 ore di fatica su Zelda. Si spera in un aggiornamento firmware, o magari in un eventuale spazio cloud del futuro servizio online; quest’ultimo consentirà di giocare in multiplayer via internet, ma richiederà una’App esterna su smartphone per l’uso della chat vocale (anche qui… ma che costava pensare a un sistema built-in?).
Nelle mie due settimane di uso ci sono stati poi due momenti in cui mi sono imbattuto in situazioni di scomodità che, con un po’ di testa da parte di Nintendo, non avrei sperimentato. Il primo è capitato fortunatamente a un passo dall’andare a letto: giocavo sul TV coi Joy-Con attaccati all’impugnatura (che in famiglia abbiamo amorevolmente rinominato “Hello Spank”) quando questi si sono scaricati; a quel punto, se avessi voluto continuare a girare per Hyrule, sarei stato costretto a passare alla modalità handheld, con la console connessa all’alimentazione. Non si capisce perché l’impugnatura compresa nella scatola della console non sia dotata di una porta USB Type-C. Il motivo, in realtà, c’è ed è solo uno: farci spendere i 30 euro per la versione “completa” di Hello Spank venduta separatamente, o per un eventuale Controller Pro. L’alternativa è ricordarsi di staccare i Joy-Con dall’impugnatura e riattaccarli alla console ogni volta che si va a nanna la sera: scomodo, piuttosto anzichenò.
Fa imbestialire ancor più del solito la testardaggine tutta giapponese di Nintendo nel restare ancorata a logiche fuori tempo massimo
Il secondo problema è emerso in redazione, mentre io e Claudio ci stavamo prendendo a schiaffoni coi minigiochi di 1-2 Switch: non è possibile tenere il monitor nella modalità “da tavolo” e contestualmente alimentarlo, visto che la presa è proprio sul punto di appoggio: da un lato capisco la comodità di avere la porta USB in basso quando si tratta di inserire la console nella docking station, ma dall’altro si potevano studiare soluzioni ingegneristiche diverse da quella un po’ pigra che è stata scelta, e che – a mio modo di vedere – limita in modo importante la fruizione in mobilità.
Sorvolo, infine, sui problemi di disconnessione del Joy-Con sinistro che molti stanno lamentando in questi giorni, in primo luogo perché a me (fortunatamente) non sta capitando, e poi perché confido vivamente in un pronto intervento di sostituzione delle unità difettose da parte della casa madre. Resta il fatto che, in presenza di così tanti videogiocatori che hanno a che fare con questo problema, c’è più il rischio che l’origine sia un difetto di progettazione, più che di produzione, ma spero vivamente di sbagliarmi.
ERGO?
Alla luce della mia esperienza, non ho modo, oggi, di consigliarvi o meno l’acquisto di Nintendo Switch: mai come in questo caso si tratta di una valutazione del tutto personale, che non può prescindere dai gusti in fatto di software (guardando alle uscite dei prossimi due o tre mesi) e dalla disponibilità economica di ciascuno, visto che i soldi chiesti non sono pochi e vanno comunque integrati con almeno un paio di accessori essenziali, come un secondo alimentatore per la gestione in mobilità (io, per dire, ogni volta che parto per un fine settimana non posso smontare mezzo mobile per recuperare il cavo) e un’impugnatura per i Joy-Con dotata di porta USB. Certo, c’è in canna la fregola di giocare a Zelda, ma nulla vi vieta di farlo su Wii U; a ogni modo, il gioco non sbiadisce e tra qualche mese è ancora lì che vi aspetta, bello e colorato come il primo giorno. Ecco perché, tornando al paragone scolastico di inizio articolo, per quanto mi riguarda Nintendo Switch è “rimandato a settembre”, in attesa di capire come la casa di Kyoto raddrizzerà il tiro su alcune criticità, alcune delle quali facilmente risolvibili con un opportuno aggiornamento firmware. Sono anche convinto che “il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette”, ma per vederlo con addosso la maglia numero sette, forse, toccherà aspettare l’altro anno.