Steel Seed – Recensione

PC PS5 Xbox Series X

Dopo aver pubblicato l’avventura narrativa Close to the Sun nel 2020, Storm in a Teacup si ripresenta sul mercato con un cambio di genere: Steel Seed è un action platform con elementi stealth ambientato in un futuro lontano lontano.

Sviluppatore / Publisher: Storm in a Teacup / ESDigital Games Prezzo: ND Localizzazione: Completa Multiplayer: Assente PEGI: 12 Disponibile Su: PC (Steam, Epic Games Store), PS5, Xbox Series X|S Data di Lancio: 22 aprile

Cos’è che manca agli studi italiani per fare il grande botto? Non è una domanda dalla risposta semplice o univoca. Manca il capitale? L’esperienza? La mentalità? I talenti, che preferiscono andare all’estero? Probabilmente sono vere tutte e quattro le cose, e altrettanto probabilmente forse anche qualche altra.

Detto questo, penso che un appunto che non si possa fare agli studi italiani è che mancano di ambizione e di voglia di spingersi sempre un po’ più in là. Steel Seed di Storm in a Teacup ne è, a mio avviso, un buon esempio.

L’AMBIZIONE DI STEEL SEED

In un futuro lontano in cui gli esseri umani sono stati posti in sospensione criogenica nell’attesa che le macchine riescano a rendere nuovamente abitabile la superficie terrestre, una giovane donna di nome Zoe si risveglia in una megastruttura tecnologicamente avanzatissima e in un corpo la cui quasi totalità è stata sostituita da protesi meccaniche che la rendono più forte, più agile e capace di interfacciarsi direttamente con un curioso robottino volante di nome Koby. Dopo qualche salto e una fuga da un paio di robot decisamente intenzionati a porre fine alla sua permanenza in quegli abissi d’acciaio, Zoe incontra un’intelligenza artificiale dall’aspetto di un dio greco dorato che le spiega come tutto quello che vede intorno a sé sia stato realizzato dalle creazioni di suo padre, un geniale inventore che ha preparato tutto questo per salvare l’umanità dalla sua estinzione. Prima di risvegliare gli esseri umani, però, è necessario che Zoe recuperi i quattro frammenti della personalità di suo padre, da lui caricati sulla blockhain e sparsi per i quattro settori della megastruttura.

Oh, quando dico che a livello di ambientazioni Steel Seed se la cava alla grande non scherzo mica, eh.

PURTROPPO LA STORIA RISULTA ESSERE PIUTTOSTO GENERICA

Devo dire la verità: la storia di Steel Seed non è certo uno dei suoi punti di forza. Per quanto ci sia evidentemente dietro un certo sforzo nella costruzione di un background che inserisca le vicende di Zoe e Koby in un quadro più ampio – dopotutto dal filmato introduttivo al risveglio di Zoe sono passati migliaia di anni – e alcuni personaggi portino con loro una buona dose di carisma (è il caso di Shamyr, per esempio), nel complesso la storia si può comodamente definire come “non brutta, ma piuttosto generica”. Anche il doppiaggio, presente sia in italiano che in inglese, aiuta fino a un certo punto, vista la sua qualità non sempre omogenea: in italiano ho trovato Zoe un po’ rigida; meglio in inglese, ma in questa lingua è invece Archer che mi ha fatto storcere il naso. Certo, far doppiare interamente un gioco in sei lingue è un impegno anche economico non indifferente, ma proprio per questo forse sarebbe stato meglio concentrarsi sul solo inglese.

IO, CYBORG

Dove invece Steel Seed se la cava alla grande è negli ambienti che pone di fronte al giocatore, aspetto che peraltro Storm in a Teacup aveva già dimostrato di padroneggiare alla grande in Close to the Sun. Le vaste strutture sotterranee ultratecnologiche che ci troviamo ad esplorare non mancano di panorami da togliere il fiato, con parti in movimento che danno davvero l’impressione di trovarsi di fronte al risultato di migliaia di anni di lavoro e di usura, con una buona capacità di passare dagli ambienti rugginosi e sferraglianti delle prime aree alle strutture in chiave solarpunk del nodo biologico, ultima delle quattro zone che affronteremo. Tocca però tornare a muovere qualche critica nel parlare del gameplay, che si divide in tre aspetti: platform, stealth, e combattimento. La struttura di gioco, a grande linee, lo vede diviso in occasionali arene che nella maggior parte dei casi possiamo affrontare in stealth – talvolta invece dovremo per forza di cose combattere – connesse da sezioni platform funzionali e cineticamente piacevoli da guardare anche se piuttosto guidate. Le meccaniche stealth sono piuttosto semplici così come i comportamenti dei nemici, che ci vuole poco per “resettare” anche se dovessimo venire scoperti; ma il fascino di eliminarli silenziosamente, uno alla volta, è innegabilmente presente anche in Steel Seed.

Steel Seed Recensione

Nelle sezioni stealth è importante mandare Koby a fare ricognizione… e magari sfoltire i ranghi nemici!

Presta molto di più il fianco alle critiche il combattimento, caratterizzato da animazioni della protagonista non proprio fluidissime, interazioni non sempre precise (in particolare ho trovato il timing della schivata perfetta davvero erratico) e nemici un po’ più coriacei di quanto sarebbe legittimo aspettarsi; questo potrebbe andare bene nell’ottica di incentivare lo stealth, ma come ho accennato sopra in alcuni casi ci troveremo per forza a sguainare la spada laser e a sfiancare il nemico a suon di tasti del controller pestati a ripetizione.

IL COMBATTIMENTO NON FA MAI UN CATTIVO LAVORO, MA NEMMENO BRILLA

Così come per altri aspetti, anche il combat può essere definito funzionale: non fa mai un cattivo lavoro, ma allo stesso tempo è piuttosto lontano dal brillare, anche a causa di alcuni glitch poco simpatici. Mi è capitato per una manciata di volte che nemici finissero per attraversare i muri, per esempio; e una volta è stata Zoe a rimanere incastrata al di là di un pannello, obbligandomi a ripartire dall’ultimo (per fortuna non troppo lontano) checkpoint. Un ultimo chiarimento sul gameplay: in giro potreste aver letto che Steel Seed ha elementi soulslike, ma in realtà questi si limitano unicamente al fatto che decidere di curarci a uno dei punti di salvataggio farà ricomparire tutti i nemici. Tornando al discorso in apertura, Steel Seed è sicuramente un gioco ambizioso, ed è difficile voler male a qualcuno che non si accontenta di restare nella sua comfort zone ma cerca di espandere i suoi orizzonti. Resta però che questo titolo presenta ancora diversi limiti che impediscono a Zoe e a Koby di ricevere una promozione a pieni voti.

In Breve: Steel Seed è un titolo sicuramente non perfetto: soffre, in particolare, per un combattimento non pulitissimo, per occasionali glitch, e per una storia che ha davvero pochi punti alti. Resta comunque un gioco di media qualità caratterizzato da ambientazioni spettacolari e da una colonna sonora con alcuni bei momenti. Se in futuro Storm in a Teacup riuscirà a sistemare il feel pad alla mano dei suoi giochi, non è impossibile che da qui a cinque anni il gruppo romano riesca a farci qualche bella sorpresa.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: Ryzen 5 3600, 16 GB di RAM, GeForce RTX 3060, SSD
Com’è, Come Gira: Con tutto a Ultra riesce a tenere tranquillamente i 60 fps. Ambientazioni bellissime, un po’ meno le animazioni, e se c’è l’opzione per il Vsync io non sono riuscito a trovarla.

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Pro

  • Ambientazioni spettacolari / Ho un debole per i robottini che fanno beep boop.

Contro

  • Gameplay non pulitissimo / Qualche occasionale glitch.
7.8

Buono

Dai monti del Trentino scende Marco Bortoluzzi – figurativamente, s'intende, perché per smuoverlo dal suo paese servono le cannonate. Non chiedetegli mai perché ha giocato così tanto a Dota 2.

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