The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak – Recensione

PC PS4 PS5 Switch

Dai, siamo appena in tempo: un nuovo Kiseki, The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak, è ai nastri di partenza, e non c’è momento migliore per accompagnare Van Alkride e compagni nell’universo narrativo creato dai veterani di Nihon Falcom.

Sviluppatore / Publisher: Nihon Falcom / NIS Prezzo: € 60,98 Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile su: Switch, PC (Steam), PlayStation 4, PlayStation 5

Se amate i giochi di ruolo firmati Falcom, The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak dovrebbe rappresentare un acquisto obbligatorio. Non capita infatti tutti i giorni di iniziare una nuova avventura legata al sotto filone Trails (Kiseki nella terra dei samurai), a sua volta parte della longeva – e pericolosamente inteconnessa – serie Eiyu Densetsu.

Va bene, mi rendo conto di aver iniziato la recensione elencando tanti di quei nomi da far girare la testa dei non addetti, ma il succo è che The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak rappresenta il primo capitolo di una storia che si dipanerà attraverso altri giochi in futuro, quindi salire a bordo adesso vi risparmierà la lettura di interminabili riassunti in futuro. Ne vale però la pena?

L’ARDITO RETROFUTURISMO DI THE LEGEND OF HEROES: TRAILS THROUGH DAYBREAK

Se avete un problema apparentemente irrisolvibile e abitate a Edith, la fortuna non vi ha abbandonato. Lì fuori, da qualche parte, Van Arkride è pronto a credere in voi e ad accettare la vostra richiesta, non importa quanto scomoda possa essere. Lui è uno Spriggan, un tuttofare pronto a rischiare la vita per la giusta motivazione: immaginate Ryo Saeba, ma con una libido ridimensionata e una passione per i dolci decisamente preoccupante.

Non c’è un vero ciclo giorno notte, ma le missioni permetteranno di visitare Edith e dintorni in vari orari.

Quando alla sua porta bussa una studentessa chiamata Agnes chiedendo di cercare l’unico ricordo del nonno scomparso, gli ingranaggi del destino si mettono in moto gettando Van al centro di un’avventura ben più complicata dei soliti, triviali incarichi a cui è abituato. Vivere in prima persona l’inizio di un nuovo Trails è una figata, specie perché Van è un cicerone eccezionale: al netto dell’assuefazione per il glucosio, la sua professione lo porta a comportarsi da duro, conoscendo a menadito le regole dei bassifondi e guidando il giocatore durante la sua turbolenta permanenza nella Repubblica di Calvard.

Immaginate Ryo Saeba, ma con una libido ridimensionata e una passione per i dolci decisamente preoccupante

Meta indubbiamente familiare a tutti i fan dei Kiseki (per tutti gli altri un pratico compendio aspetta solo di essere consultato), Calvard attraversa una vera e propria rivoluzione tecnologica in cui scampoli del fantasy più classico condividono la scena con automobili, maxischermi e cellulari, dando vita a un’ambientazione dotata di grande personalità. Un palcoscenico allestito con le modeste risorse di Nihon Falcom, un tempo protagonista di spicco della scena JRPG (nonché nella diffusione del software occidentale in Giappone, ma questa è un’altra storia) e oggigiorno incapace di attingere ai fondi di una Square Enix qualsiasi. Come risultato le architetture e i personaggi devono vedersela con una conta poligonale assai contenuta e con animazioni spesso rigide e riciclate, lasciando al buon character design e all’uso del colore il compito di reggere decorosamente la direzione artistica. Come punto a favore va detto che il gioco gira fluidamente reggendo quasi sempre i 60fps fissi, sia in versione PS4 che PS5, con i tempi di caricamento nettamente più brevi sull’ammiraglia SONY come unico, tangibile discriminante.

COMBATTERE NEI BASSIFONDI

Trails Through Daybreak è un JRPG tra i più classici, e abbraccia la solita formula che vede alternarsi esplorazione a incursioni nei dungeon fino alla resa dei conti con il guardiano di turno. Per l’occasione Nihon Falcom ha riscritto il sistema di combattimento, ibridando scontri in tempo reale e a turni non senza qualche ingenuità. Vibrare colpi dinamicamente è una pratica poco stimolante e limitata rispetto a quanto visto negli ultimi Ys, priva della possibilità di saltare e limitata a combo e schivate; brilla in verità quando usata per stordire i nemici e attivare subito dopo la modalità a turni, riversando sugli sventurati danni extra e posticipando le loro azioni. Qui le opzioni belliche sono più soddisfacenti, permettendo di muovere liberamente i membri del party nel loro turno in maniera non dissimile a quanto visto nel recente Infinite Wealth, per colpire alle spalle o lateralmente.

Character design e uso del colore fortunatamente svolgono un lavoro dignitoso.

Ci sono attacchi speciali e magie – le seconde soggette a tempi di preparazione – e, andando avanti, Van potrà trasformarsi nel Grendel, una sorta di armatura demoniaca capace di inanellare più attacchi alla volta e mestamente relegata a ruolo di prevedibile deus ex machina durante le situazioni disperate, almeno nelle prime ore. La profondità che continua a rendere celebre la scuola Falcom è al suo posto con un sistema che prevede l’alloggio di cristalli negli slot offerti dal cellulare per guadagnare bonus vari, ma spesso la strategia più efficace prevede l’accumulo dei CP (una sorta di punti azione che aumentano nel cuore dell’azione) per scatenare a ripetizione le potentissime S-Craft a mo’ di smart bomb, causando danni enormi o semplicemente facendo scempio dei nemici minori.

LA VITA DELLO SPRIGGAN

The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak deve fare i conti con dinamiche eccessivamente classiche e con una direzione artistica modesta, elementi che contribuiscono ad attribuirgli un aspetto innegabilmente datato, specie se confrontato con i ben più ambiziosi JRPG usciti negli scorsi mesi.

Per l’occasione Nihon Falcom ha riscritto il sistema di combattimento, ibridando scontri in tempo reale e a turni

Nonostante ciò la narrazione rimane interessante dall’inizio alla fine, con un cast (quasi) sempre intrigante e un’apprezzabile propensione a terminare questa prima avventura senza lasciare troppe questioni in sospeso; il lavoro di Van, poi, consente di donare un filo di imprevedibilità alla narrazione, concedendo al giovane Spriggan di decidere come terminare i compiti secondari.

Van conosce gente da non sottovalutare. E se il suo allineamento virerà verso il caos potrà frequentarli anche più spesso.

Questo influenza il suo allineamento, consentendo di entrare in contatto con diverse fazioni e sbloccare nuove scene e dialoghi; un meccanismo narrativo che, pur non intaccando direttamente lo svolgimento della trama principale, offre quel pizzico di incognita tale da giustificare una seconda partita, a patto che non ne abbiate avuto abbastanza dei sobborghi di Edith.

In Breve: The Legend of Heroes: Trails Through Daybreak è un gioco di ruolo piuttosto classico e farà la gioia dei fan di Nihon Falcom, anche solo per inaugurare l’ennesimo filone narrativo in una dinastia oramai infinita. Il sistema di combattimento non è però perfettamente levigato come quello visto in Trails of Cold Steel e la trama ama mantenere una cadenza un filo troppo lenta, ma come inizio non c’è di che lamentarsi troppo, grazie anche al carisma di un protagonista come Van e a un mondo di gioco intrigante come solo Falcom è in grando di creare.

Piattaforma di Prova: PlayStation 4 Pro / PlayStation 5
Com’è, Come Gira: 60fps quasi sempre su entrambe le macchine, un risultato prevedibile a fronte di una messa in scena assai modesta. Buono – seppur saltuario – il doppiaggio in giapponese, mentre la colonna sonora si affida al pentagramma di veterani come Yukihiro Jindo (oramai di casa presso Falcom) con ottimi risultati.

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Pro

  • Trama appassionante e cast ben scritto / ambientazione vivace e intrigante / L'inizio di un nuovo Kiseki è sempre qualcosa di speciale.

Contro

  • Il sistema di combattimento “misto” non funziona sempre come dovrebbe / tecnicamente modesto / a tratti eccessivamente verboso e lento.
8

Più che buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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