The Way of Life - Recensione

PC

Un progetto molto fortunato quello di The Way of Life degli sviluppatori italiani CyberCoconut. Ho avuto il piacere di conoscerli e farci una chiacchierata in una delle scorse edizioni della Games Week milanese. Avevo da poco provato la versione free del loro gioco e ne ero rimasto colpito, sia dal titolo in sé che dalla storia che l’aveva originato: nato durante una game jam, poi arrivato quasi per scommessa su Steam dove aveva riscosso un grande successo, e infine passato attraverso una campagna su Eppela che si è rivelata vincente. È passato un po’ di tempo (circa due anni, se la memoria non mi inganna) e finalmente il titolo è arrivato nella sua forma definitiva sulla piattaforma di Valve, con tantissimi contenuti aggiuntivi e la stessa idea ben salda in mente: The Way of Life è un titolo in cui si vivono diverse esperienze viste dagli occhi di un bambino, di un adulto e di un anziano.

NEGLI OCCHI DI CHI GUARDA

Il concetto generale del titolo è quello di dare un taglio profondamente diverso ai protagonisti, facendo immergere il giocatore in esperienze concettualmente simili ma mutate dallo sguardo del personaggio. Per questo ogni esperienza è divisa in cluster tematici come l’amicizia, l’amore, il sogno, l’incubo e la morte, il tutto filtrato da occhi più o meno giovani. Un totale di dieci diverse esperienze interattive durante le quali effettuare scelte narrative e assistere ai pensieri, ai ricordi e alle ambizioni dei protagonisti.The Way of Life immagine PC 04The Way of Life è concettualmente molto interessante. La scuola è quella dei walking simulator e per la maggior parte del tempo si subiscono passivamente gli avvenimenti, camminando in lungo e in largo nelle ambientazioni e aspettando che avvenga qualcosa che richieda il nostro intervento.

ogni esperienza è divisa in cluster tematici come l’amicizia, l’amore, il sogno, l’incubo e la morte, il tutto filtrato da occhi più o meno giovani

La struttura potrebbe ricordare quella di un libro che raccoglie tanti racconti brevi, anzi, tre libri, perché il “tono di voce” dei protagonisti è talmente diverso che sembra scritto da altrettanti autori: trasognante e lievemente goffa la linea del bambino, angosciosa e matura quella dell’adulto, profondamente nostalgica quella dell’anziano. Il che si riflette, ovviamente, anche sulle situazioni che bisogna affrontare nelle diverse scene: quelle del bambino sono le meno riuscite, perché a volte presentano concetti così semplici e stereotipati da risultare banali; quelle dell’adulto, almeno dal mio punto di vista (e cioè quello di chi lotta contro il mondo del lavoro), sono “tragicamente” attuali; quelle dell’anziano sono gonfie di cordoglio e dolore per una vita che finisce e per un’esistenza che pian piano ha perso i suoi pezzi. La narrazione adulta è chiaramente il punto forte della produzione, mentre la rappresentazione della pre-adolescenza è meno incisiva.

NELLE MANI DI CHI AGISCE

Avanzando nei piccoli livelli si devono compiere azioni spesso reiterate, che simulano in maniera efficace una certa routine giornaliera. C’è un singolo momento in una delle esperienze dell’adulto che mi ha “bucato” il petto (il rapporto con la routine del lavoratore medio tutto scadenze, solitudine e lunghe sessioni davanti al PC), e in generale il senso di “noia” è ben simulato anche nei panni dell’anziano. Il tutto, a volte, è interrotto da piccoli frammenti di gameplay che variano la formula con meccaniche un pochino goffe che aggiungono ben poco al titolo.The Way of Life immagine PC 09A questo proposito viene naturale dire una cosa: la scrittura e la maturità di The Way of Life sono a volte sorprendenti e piacevoli, ma dal punto di vista ludico non c’è mai un’infrastruttura all’altezza. Tradotto in soldoni: puoi raccontarmi la cosa più bella e interessante del mondo, ma se mi fai passare la voglia di starti a sentire c’è qualcosa che non va. Complice una certa mancanza di senso del ritmo, e anche per colpa di alcune attività che vengono ripetute troppo a lungo, il meccanismo di noia simulata a volte viene sostituito da vero tedio (in particolare, un momento con l’anziano che deve essere affrontato ben quattro volte).

al titolo manca l’esperienza necessaria per agganciare l’attenzione del giocatore

Se dal punto di vista concettuale, quindi, The Way of Life centra il bersaglio calandoci nei panni a volte scomodi dei suoi personaggi, dal punto di vista ludico difficilmente fa centro, perché quasi mai gli riesce la magia di far divertire il giocatore. È un duplice peccato, sia perché il cuore c’è e la maturità tematica pure, sia perché dal punto di vista artistico lo stile adottato è interessante e curato. Le forme dei personaggi senza volto, le geometrie esasperate dei livelli, la scelta cromatica di filtrare il mondo attraverso gli occhi dei protagonisti (ultra colorato quello del bambino, desaturato quello dell’adulto, offuscato quello dell’anziano) sono trovate non banali che restituiscono una coerenza rara e preziosa al titolo, a cui però manca l’esperienza necessaria per agganciare l’attenzione del giocatore e per mantenerla costante lungo i racconti che compongono l’offerta.

La scommessa è vinta parzialmente: se dal punto di vista estetico e della scrittura The Way of Life presenta elementi interessanti e riusciti, lo stesso non può essere detto per quanto concerne il reparto ludico. Quando riesce ad acciuffare l’attenzione del giocatore il gioco tira troppo la corda, reiterando meccanismi e routine, fino al punto di spezzarla. Gli manca l’esperienza per riuscire a stimolare continuamente chi ascolta la storia, ma si tratta di un’opera prima coraggiosa e a tratti riuscita.

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Pro

  • Alcuni momenti sono molto suggestivi.
  • Riesce perfettamente a portare su schermo le ansie dell’età adulta.

Contro

  • A volte è troppo goffo nelle meccaniche che presenta.
  • Non riesce mai davvero a divertire il giocatore.
6

Sufficiente

Avete presente quelle persone che sembrano un po’ ciula, ma poi non lo sono affatto? Ecco… non è il caso di Fabio, battezzato in tanti di quei modi da fare il giro (scegliete voi tra De Luigi, Stefano Accorsi o Stanis). Per lo meno ci mette l’anima, nonostante proprio non gli riesca di pronunciare “pala eolica” come a tutti i comuni mortali.

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