Dalla Svezia arriva una nuova variante sul tema soulslike. Si tratta dell’opera d’esordio di Toadman Interactive, uno studio che – sebbene sia alla prima esperienza con un titolo completo – ha affiancato Fatshark nella creazione del primo Vermintide, di Escape Dead Island e Dead Island 2. Nel progetto, tra l’altro, sono coinvolti alcuni membri del team di Battlefield 1, e lo studio non nasconde di avere discrete ambizioni per Immortal: Unchained. Ammetto, però, che né il reveal alla gamescom di quest’estate né i primi trailer mi avevano particolarmente colpito. Tuttavia, quando ti propongono di essere estradato su un pianeta post-apocalittico in un contesto sci-fi oscuro e inquietante, che fai? Non accetti?
DARK RIDDICK
Ho avuto modo di provare in anteprima l’alpha del gioco, dove era possibile affrontare le prime due location con annessi boss, scevre di qualsivoglia forma narrativa e cenni al world building. Insomma, sono stato letteralmente lanciato in un universo cattivo, alieno, privo di qualsiasi confort e contesto.
il nostro anonimo, ma muscoloso reietto vanta fattezze un po’ kratosiane e un po’ riddickiane
Sulla base di queste poche nozioni, Toadman Interactive ha utilizzato l’alpha per presentare i cardini del suo gioco. Inutile dire che i riferimenti ai souls si sprecano: al posto delle anime ci sono i bit, invece dei falò troviamo dei terminali chiamati obelischi, e il meccanismo della morte con recupero delle proprie spoglie funziona in maniera totalmente analoga. C’è, però, un’enorme differenza nel modo di interpretare i combattimenti, visto che Immortal: Unchained è quasi totalmente incentrato sull’uso di armi da fuoco, tanto che – sin da subito – gli slot a disposizione per pistole, fucili e blaster sono ben quattro, lasciando nell’inventario un solo misero spazio a disposizione per l’arma bianca.
rispetto ai souls non cambia la necessità di amministrare al meglio le risorse e le capacità del proprio personaggio, mentre si va alla ricerca dei punti deboli dei nemici
Anche in termini di colpi a disposizione c’è uno squilibrio in favore del combattimento a distanza, visto che ogni arma da fuoco ha due tipi di attacchi (una raffica normale e un colpo speciale che consuma energia), mentre spade e affini possono contare solo su manovre offensive standard, sebbene concatenabili in combo. Al netto di questo, sia sparare che cimentarsi nel corpo a corpo consuma la barra della resistenza, e rispetto ai souls non cambia la necessità di amministrare al meglio le risorse e le capacità del proprio personaggio, mentre si va alla ricerca dei punti deboli dei nemici. Chiaramente, il combattimento a distanza decreta un chiaro cambio di ritmo degli scontri: la possibilità di poter mirare ad alcune zone corporee degli avversari permette, volendo, di disarmare o mutilare chi prova a fermarci, in maniera da garantirci vantaggi non indifferenti nei momenti di inferiorità numerica (tipo sempre).
PERSONALITÀ IN CATENE
In termini di struttura, al di là delle similitudini formali con i titoli FromSoftware, è difficile in questa fase ipotizzare quanto il sistema di sviluppo della build attraverso la modifica delle statistiche possa cambiare il feeling con il personaggio, e la porzione giocata è davvero troppo piccola per comprendere la bontà del looting system o il funzionamento dei progetti delle armi da equipaggiare agli obelischi.
non sono mai gli scontri a essere pericolosi, quanto gli ambienti a essere ostili
Anche l’altro aspetto fondamentale del genere, ovvero il level design, è altalenante, visto che se la prima area, pensata per il tutorial, è semplicemente un susseguirsi di corridoi dark sci-fi davvero poco ispirati, già il secondo livello, ambientato parzialmente all’esterno della fortezza, suggerisce l’idea di voler creare un dedalo intricato di strade. Non ci riesce completamente, anche perché tecnicamente Immortal: Unchained è ancora molto indietro, e fra animazioni goffe, poca varietà di texture e asset ripetuti in continuazione è abbastanza difficile essere conquistati dall’ambientazione, nonostante le basi di partenza siano affascinanti. Ed è proprio la suggestione di fondo, nonché la personalità sepolta sotto una produzione ancora acerba e mediocre, a mantenere viva la speranza che lo studio svedese riesca a far emergere Immortal: Unchained dalla prigione desolata in cui si trova.