Amnesia: Rebirth – Recensione

PC PS4

L’OSCURITà è IL VERO NEMICO DI AMNESIA: REBIRTH, E POCHE SARANNO LE NOSTRE ARMI A DISPOSIZIONE CONTRO DI ESSA

“I have a constant fear that something’s always near“ dicevano degli ispirati Iron Maiden, ed è esattamente questa l’atmosfera che pervade Amnesia: Rebirth. In ogni angolo buio ci potrebbe essere qualcosa di malvagio che ci osserva, e il sonoro amplifica moltissimo questa sensazione, con un lontano ma costante scalpiccio, accompagnato dal gracchiante rumore del panico che si impadronisce di Tasi mentre si addentra nell’oscurità.

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Un fiammifero, rara fonte di luce e prezioso alleato.

La nictofobia è in agguato e ci troveremo spesso a dover decidere se accendere uno dei nostri preziosi fiammiferi per vedere se c’è veramente qualcuno dietro di noi, o tener duro e cercare di raggiungere quella fioca luce laggiù in fondo rischiando di non vedere oggetti o indizi importanti, inghiottiti per sempre dalle tenebre.

LA PAURA È UN GRIDO, IL TERRORE È UN SUSSURRO

Spaventare è facile. C’era un vecchio giochino Flash dove bisognava muovere in puntatore del mouse attraverso un percorso sempre più stretto, e quando si raggiungeva il massimo della difficoltà – e della concentrazione richiesta al giocatore – improvvisamente appariva un demone urlante, facendoci fare un bel salto sulla sedia.

SENZA RICORRERE A BANALI TRUCCHETTI, FRICTIONAL CI TIENE IN UNO STATO COSTANTE DI TENSIONE

Probabilmente vi spaventereste anche se mentre state leggendo questa recensione qualcuno all’improvviso alle vostre spalle urlasse “Bu!”. Ma sono solo trucchetti. Amnesia: Rebirth invece ha il pregio di tenerci in uno stato costante di tensione che sfocia in vera propria angoscia e terrore, grazie a un sapiente level design, una storia degna di trasposizione cinematografica e il modo in cui il team di Frictional Games ci fa immedesimare nella protagonista: saremo in apprensione per lei. È come se ci fosse una manopola dell’ansia che il gioco si diverte ad alzare sempre più.

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Noi non possiamo combattere, ma anche chi era armato non ha avuto miglior sorte.

Molti punti chiave della narrazione sono scriptati, e questo potrebbe far storcere il naso ai fan dei survival horror, ma sapete che vi dico? Magari gli script fossero tutti così, anche se alcuni particolari stonano poiché ci costringono a comportamenti illogici, come usare un fiammifero per accendere una candela ma non poter raccogliere quest’ultima per illuminare il nostro cammino. Ciò non toglie in ogni caso spessore a un’esperienza veramente da provare. Non ci sono combattimenti, ma saremo messi alla prova con un discreto numero di puzzle pertinenti con la narrazione, senza inutili barriere per allungare la decina di ore necessarie a vedere uno dei tre finali.

HPL ENGINE: NOMEN OMEN

Come le precedenti produzioni Frictional, anche Amnesia: Rebirth usa l’HPL Engine, il cui nome è un tributo al grande Lovecraft. Svolge egregiamente il proprio lavoro senza toccare le vette dei titoli AAA ma regalandoci comunque paesaggi realistici e dettagliati anche su macchine non concepite per il gaming. La rappresentazione del panico avviene tramite un effetto blur che simula a dovere lo stato mentale di Tasi. Ottimo il parlato dei protagonisti, accompagnato da musiche ed effetti sonori che si integrano perfettamente nell’atmosfera del gioco. Abbiamo di fronte due bellissimi viaggi: uno attraverso un gran survival horror, e uno all’interno dei ricordi di un’esistenza tormentata, e non bisogna assolutamente lasciarseli scappare.

In Breve: Amnesia: Rebirth è un survival horror in cui la parte “survival” è garantita in quanto non vi sono eventi che possano portare alla morte della protagonista, virando con decisione l’esperienza verso la componente “horror”, sfruttando la paura del buio e una storia particolarmente angosciante resa imprevedibile dai numerosi colpi di scena. Tre diversi finali e la capacità di spaventare senza effetti splatter, basandosi unicamente sulla sensazione di vulnerabilità, lo rendono un titolo assolutamente consigliabile anche a chi è abituato ad un gameplay più frenetico.

Piattaforma di Prova: PC
Configurazione di Prova: I7, 8GB RAM, GeForce GTX 1050, SSD
Com’è, Come Gira: Fluido anche al massimo dettaglio, non si tratta di un titolo con pretese hardware da AAA, però encomiabile che possa girare al meglio anche su computer non da gaming

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Pro

  • Una trama hollywoodiana / Ansia e angoscia a profusione / Puzzle pertinenti e non inseriti per allungare il brodo / Protagonista molto carismatica.

Contro

  • Interazione con gli oggetti un po' limitata / Qualche lieve incertezza nel motore fisico.
9

Ottimo

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