Dopo la chiusura di GSC Game World, ai creatori della serie S.T.A.L.K.E.R. proprio non andava giù l’idea di veder morire la propria creatura. Nel 2012, a poco più di un anno dalla cancellazione del secondo capitolo della saga, un manipolo di speranzosi sviluppatori è riuscito a dar vita a una piccola compagnia per tentare di continuare, seppur in maniera non ufficiale, il lavoro lasciato in sospeso. A primo acchito non si può che fare il tifo per gli ucraini di Vostok Games. Purtroppo però, quando si va oltre la facciata e si inizia a toccare con mano il loro lavoro, le cose cambiano drasticamente. Il primo sequel spirituale di S.T.A.L.K.E.R. non soddisfò minimamente le alte aspettative dei fan; molte delle feature promesse dal team di sviluppo non videro mai la luce, compresa la più importante: la sezione open world. L’FPS Survarium diventò così niente più che un generico Deathmatch a squadre post-apocalittico e finì presto nel dimenticatoio. Oggi, appoggiata da Focus Home Interactive, Vostok è tornata con in mano un nuovo progetto, che immerge il suo marchio di fabbrica nel genere più giocato del momento.
LA FORMULA VINCENTE?
Fear the Wolves è un Battle Royale che sembra esser nato per portare, almeno sulla carta, una ventata di aria fresca a un genere che, ancora più rapidamente di quanto successo ai MOBA qualche anno addietro, sta iniziando a diventare un po’ stantio. In puro stile S.T.A.L.K.E.R., siamo catapultati in quel classico mondo post apocalittico a sfondo sovietico tanto amato dai suoi creatori. La famigerata “Zona” fa ancora una volta da sfondo alle nostre scampagnate, con tanto di anomalie, ruderi e accampamenti militari. Maschere antigas, bombole di ossigeno e tute anti-radiazioni sono all’ordine del giorno e fanno parte degli indispensabili strumenti di sopravvivenza sparsi qua e là nei 25 km quadrati di mappa. Le differenze rispetto alla concorrenza si palesano fin da subito. Come lo stesso nome suggerisce, la più grande novità è la presenza di dinamiche PvE: branchi di lupi famelici infestano la zona contaminata e ci danno costantemente la caccia.
In puro stile S.T.A.L.K.E.R., i giocatori sono catapultati in quel classico mondo post-apocalittico a sfondo sovietico.
TRA IL DIRE E IL FARE…
Non si può negare che il concept ideato da Vostok Games sia più che buono. A rovinare la festa di Fear the Wolves è la sua esecuzione, a partire dai suoi punti più innovativi. A differenza di quanto suggerisca il titolo, per esempio, i lupi sono tutt’altro che una minaccia. Limitati nel numero, prevedibili nel comportamento e visibili da chilometri, hanno come unico scopo quello di rendere facilmente individuabili gli sfortunati giocatori che aggrediscono. Un vero peccato, considerando quante possibilità possa offrire il tema Černobyl’ in quanto a bestie mutanti. Anche il modo in cui è stata eseguita l’idea dell’estrazione lascia un po’ perplessi. Sebbene una delle patch pubblicate abbia rimosso l’enorme scritta rossa che avvertiva dell’imminente fuga di un sopravvissuto sull’elicottero, la tattica più sensata durante la sessione conclusiva della partita è senz’altro quella di aspettare un passo falso da parte degli altri giocatori.
A differenza di quanto suggerisca il titolo, i lupi sono tutt’altro che una minaccia
LA PIAGA DELL’ACCESSO ANTICIPATO
Così come molti altri titoli moderni, l’ultimo lavoro di Vostok Games è afflitto dalla sindrome dell’Early Access. Ciò vuol dire che, nel suo stato attuale, è praticamente ingiocabile: innumerevoli bug visivi fanno il paio con una fluidità imbarazzante. Anche quando la mia 980ti ha spinto il frame rate ben al di sopra dei 100 fps, continui singhiozzi hanno messo a dura prova la mia pazienza. La qualità stessa di buona parte degli assetti e degli effetti è davvero altalenante; nella stessa schermata non è raro vedere oggetti cozzare l’un l’altro, sia per quanto riguarda le texture che per il numero di poligoni. Anche il reparto audio non è esente da problemi. Niente mi ha dato più fastidio che sentire il continuo squittire di roditori (che tra l’altro in gioco non hanno nessun modello) far da sottofondo alle mie partite dall’esatto momento in cui mi lanciavo con il paracadute!
L’ultimo lavoro di Vostok Games è afflitto dalla sindrome dell’Early Access.