Possiamo chiamarli zombie, morti viventi, infetti o con un qualsiasi altro nome di fantasia. Possiamo pensare che siano frutto di qualche esperimento sfuggito di mano, che siano la conseguenza di un’epidemia che si è diffusa in maniera incontrollata o che siano uno scherzo della natura, una mutazione genetica inattesa e imprevedibile. Possono essere lenti o veloci, stupidi o intelligenti. In ogni caso, una cosa è certa. Da qualche anno queste creature sono diventate il terrore di qualunque appassionato di cinema, fumetti, serie tv e videogiochi. Perché sono ovunque, davvero ovunque.
L’INIZIO DEL VIAGGIO
A bordo della mia fedele motocicletta procedo lungo quella che un tempo era un’affollata superstrada. Sono solo e, a parte il rombo del motore, tutto ciò che mi circonda è avvolto in un silenzio totale, assoluto. Arrivo nei pressi di un ponte e noto con grande disappunto delle macchine accatastate che bloccano il passaggio. Scendo, le esamino, recupero del materiale che potrebbe tornarmi utile, quindi decido di cercare una via alternativa. Alla mia destra si apre un sentiero sterrato. Certo, è meno comodo dell’asfalto. Certo, rischio di sporcarmi i jeans. Ma sono fastidi da poco. Buche e fango non possono essere considerate un problema in un’epoca in cui ogni viaggio, anche il più breve, potrebbe essere l’ultimo. Con questo pensiero in testa procedo con estrema cautela, osservando con attenzione ciò che mi circonda. All’improvviso una creatura spunta di fronte a me. Non provo neanche a sterzare, la colpisco in pieno senza alcun rimorso. Il suo corpo, già martoriato dalle piaghe, non resiste all’urto. Il braccio sinistro si stacca e prende il volo, per posarsi a qualche metro di distanza. Procedo fino a raggiungere una piccola spianata. Mi fermo e, fucile alla mano, scendo dalla moto. A sud vedo un accampamento di sopravvissuti. La sottile linea rossa dei mirini laser dei fucili di precisione mi suggerisce subito una cosa: non sono amichevoli. A sud, nei pressi di una vecchia stazione di rifornimento, intravedo dei covi. Un gruppetto di infetti si muove tra le foreste a ovest. A nord invece, noto tra le montagne alcune caverne. È lì, con tutta probabilità, che si nasconde l’orda, pronta a uscire a caccia nel cuore della notte. Nord, sud, ovest, est. Qualunque direzione scelga, sarà dura sopravvivere.
Nord, sud, ovest, est. Qualunque direzione scelga, sarà dura sopravvivere
INSIDIE OVUNQUE
In azione, Days Gone mette in mostra tutte le caratteristiche tipiche degli action game con struttura open world. Deacon è il prototipo di protagonista del genere, con il suo sistema di evoluzione a tre rami (combattimento ravvicinato, dalla distanza e sopravvivenza), la classica “ruota” delle opzioni per selezionare armi e gadget di varia natura, la capacità di costruire oggetti e un’abilità speciale, qui denominata “survival vision”, che gli permette di rilevare tracce e indizi presenti nell’ambiente circostante. Tutte cose a ben vedere già viste e ampiamente sperimentate, a cui si affianca quella che potrebbe essere considerata l’unica vera novità presente: la moto. Al contrario di quanto accade in altri titoli, in cui sono disponibili diversi mezzi di trasporto intercambiabili tra loro, in Days Gone la moto assurge al ruolo di co-protagonista che deve essere accudita (con riparazioni e rifornimenti di carburante) e che può essere migliorata in caratteristiche quali maneggevolezza e velocità. Per metterla alla prova, con le mani ben serrate sul manubrio sono partito e ho macinato qualche chilometro. Ciò che ho visto non mi particolarmente convinto, destando in me più di una perplessità soprattutto per quanto riguarda la risposta ai comandi, con una sterzata troppo brusca e un controllo poco preciso soprattutto una volta raggiunto velocità elevate. Tutte cose che possono ancora essere calibrate a puntino, e che verificheremo con la massima attenzione in sede di recensione.
in Days Gone la moto assurge al ruolo di co-protagonista
UN MONDO IN EVOLUZIONE
Days Gone non è un titolo che ha nell’innovazione il suo punto di forza, sia per quanto riguarda le premesse narrative che per le dinamiche di gioco. Partendo da questo presupposto, Bend Studio sembra comunque essere riuscita a produrre un’avventura che ha tutte le carte in regola per essere godibile dalla schermata iniziale fino ai titoli di coda. Quanto ho visto e toccato con mano non mi ha fatto saltare sulla sedia e non mi ha stupito più di tanto, ma devo ammettere che una volta poggiato il pad al termine della mia prova avrei voluto continuare a giocare. Perché mi stavo divertendo. E, tutto sommato, è questo ciò che conta.