Days Gone - Recensione

PS4

A bordo della sua moto, Deacon St. John procede lungo quello che resta della superstrada. Cadaveri sulla destra, carcasse di auto sulla sinistra, avanza spedito pur senza avere una meta precisa in mente. La sua attenzione viene richiamata da una visione, e da un fetore, che negli ultimi mesi ha imparato a conoscere sin troppo bene. Un covo, ricavato all’interno di una caverna, dove i furiosi trascorrono le ore del giorno in una sorta di letargo di gruppo.

Si avvicina, piazza delle mine di prossimità e lancia una attrattore. Dall’interno delle grotta si odono le prime urla. L’orda è stata risvegliata. Molotov in mano, è pronto a entrare in azione e dare il via alle danze di Days Gone.

VIVERE O SOPRAVVIVERE

La storia di Deacon St. John è comune a quella di molti sopravvissuti. Scampato miracolosamente a un contagio che ha colpito milioni di persone, si trova costretto a vagare in un mondo in cui vige la legge del più forte. Insieme al suo amico Boozer, la vita da “randagio” procede giorno dopo giorno in cerca di taglie e di risorse per sopravvivere. Tutto questo fino a quando una serie di eventi casuali lo porteranno a rivalutare la sua condizione e a scoprire che, quanto credeva scolpito nella pietra, potrebbe anche non essere vero. Seguendo schemi ormai collaudati nella letteratura e nella cinematografia del genere, Bend Studio ha confezionato una storia che funziona in maniera più che discreta e che si dipana tra momenti di disperazione e di speranza. Nel corso dell’avventura non mancano tensione, emozione, violenza, e qualche sorpresa, in un susseguirsi di situazioni che contribuiscono a mantenere un incedere privo di particolari cali di ritmo. La scelta di optare per una narrazione lineare, senza cioè bivi che permettano al giocatore di avere alcun tipo di impatto sullo sviluppo degli eventi, contribuisce a ridurre al minimo i tempi morti e, anche se i principali colpi di scena sono sin troppo prevedibili (è sufficiente un pizzico di attenzione per immaginare cosa stia per accadere), la trama riesce a essere coinvolgente fino ai titoli di coda.

Bend Studios ha confezionato una storia che funziona in maniera più che discreta

Promosso anche il cast che accompagna Deacon, che comprende un campionario piuttosto ampio di “casi umani”. Si spazia dagli immancabili complottisti (con tanto di stazione radio sempre pronta a diffondere le loro teorie), ad accampamenti con ordinamento militare fino ad arrivare a sette composte da pazzi scatenati pronti a mutilare il proprio corpo con l’obiettivo di diventare come i furiosi. All’interno di questi macrogruppi sono poi presenti diversi personaggi di supporto che ricoprono ruoli importanti nello sviluppo della trama. Amici, manipolatori, visionari, odiose facce da schiaffi, generosi e altruisti, tutti i comprimari che ruotano attorno a Deacon sono dotati di personalità differenti, ben caratterizzati nelle loro azioni e convincenti in fase di dialogo.

ESPLORARE E COMBATTERE

C’è una cosa che faccio sempre in un titolo open world. Una sorta di rito che mi accompagna dopo qualche ora, una volta apprese le meccaniche di gioco base e accumulata un minimo di esperienza. Mi fermo per qualche minuto, abbandono il correre da una parte all’altra della mappa per compiere questa o quella missione, e resto a guardare. Osservo, magari nascosto dietro un cespuglio o comodamente appollaiato su un tetto. Guardo l’ambiente intorno a me, come vive, come si sviluppa. Come i vari elementi interagiscono tra di loro senza alcuna interferenza da parte mia. Poi inizio a camminare lentamente, cercando di non disturbare nulla e nessuno. Questo mio piccolo esperimento ha portato a risultati interessanti in Days Gone. L’ecosistema in cui si muove Deacon St. John è attivo, con diverse tipologie di creature che interagiscono tra di loro, si incontrano e si scontrano in maniera del tutto naturale. Ad esempio, un avamposto dei predoni può essere attaccato dai furiosi, con un conseguente scontro che può vedere soccombere indistintamente una o l’altra parte. O ancora un orso, un lupo o un altro animale selvatico può essere assalito da un’orda in cerca di cibo. Le interazioni sono numerose e, oltre a poter essere sfruttate a proprio vantaggio, contribuiscono a dare l’impressione di trovarsi in un ambiente in costante evoluzione a tutte le ore del giorno e della notte.

L’ecosistema di Days Gone è attivo, con diverse tipologie di creature che interagiscono tra di loro

Una volta entrati nel vivo dell’azione, Days Gone presenta una struttura di gioco abbastanza classica, che saccheggia a piene mani dalla tradizione degli open world senza tralasciare alcun aspetto tipico del genere. Ci sono scontri con nemici, numerosi e letali. C’è la componente stealth. C’è l’ormai immancabile possibilità di rallentare lo scorrere del tempo. Ci sono avamposti, basi e piccoli centri urbani da esplorare. Ci sono decine di collezionabili da raccogliere. E ci sono tante risorse da recuperare. A questo proposito, è importante sottolineare come l’enorme mole di rifornimenti messi a disposizione azzeri quasi completamente la componente gestionale. Se nelle prime fasi può sembrare infatti che ci sia carenza di materiali, progredendo appare evidente come bottiglie, garze, rottami e qualunque altro oggetto necessario per la costruzione di armi e medicine sia presente in quantità a dir poco generose. Al contrario di quanto accade in altre produzioni horror, in Days Gone non si prova mai un senso di ansia e di tensione derivante dal dover fare i conti con un inventario limitato numericamente, che costringe a una oculata valutazione di ogni mossa. Il cherosene è finito e non posso più creare molotov? Basta tornare in uno degli avamposti già visitati e magicamente qualche latta farà capolino tra una tenda e una macchina abbandonata. Discorso analogo per il carburante e per i proiettili, sempre presenti nelle basi alleate e acquistabili spendendo i crediti ottenuti completando le missioni assegnate di volta in volta dai capi accampamento.

COME È DURA L’AVVENTURA?

La risposta alla domanda appena posta, che funge da titolo a questo paragrafo è molto semplice: a livello “normale”, non è molto dura. La sopracitata abbondanza di risorse, unita a un sistema di evoluzione del personaggio abbastanza generoso e alla presenza di alcune armi particolarmente potenti, rende la missione di Deacon St. John sin troppo scorrevole. Può capitare qualche volta di morire, ma non sono presenti passaggi ostici che richiedono numerosi tentativi per essere superati. Si poteva probabilmente fare qualcosa di più per quanto riguarda l’intelligenza artificiale dei nemici umani, che troppo spesso sembrano incapaci di rispondere agli attacchi e sono protagonisti di comportamenti privi di logica. Con un fucile da cecchino, trasformare un manipolo di predoni in carne da macello è una questione di pochi minuti e una manciata di proiettili. Divertenti, e in alcuni casi ben più impegnativi, gli incontri con le orde. Per quanto possa sembrare strano avendo a che fare con creature praticamente prive di qualunque tipo di capacità cognitiva, l’elemento strategico è fondamentale in questi frangenti. Per riuscire a sopravvivere infatti è necessario pianificare un minimo le proprie azioni piazzando trappole, esplosivi e attrattori in punti strategici in modo da sfruttare al massimo gli istinti degli infetti. Detto questo, il mio consiglio per chi è alla ricerca di una sfida adeguata è quello di partire subito dalla difficoltà massima, onde evitare di percorrere un viaggio troppo rilassato e privo di tensione.

Il mio consiglio per chi è alla ricerca di una sfida adeguata è quello di partire subito dalla difficoltà massima

Particolare e controverso l’impatto iniziale con la moto. Nei primi secondi in sella ho apprezzato le migliorie apportate al sistema di controllo (avevo provato una porzione di gioco a un evento Sony, e le fasi di guida necessitavano di una messa a punto), ma appena accelerato ho notato drammatici problemi di fluidità, con crolli verticali del framerate fino ad arrivare a livelli quasi improponibili. Per qualche giorno la situazione è stata al limite del tragico, poi una volta installata una corposa patch ho riscontrato dei notevoli miglioramenti. Non siamo ancora al massimo della fluidità, qualche rallentamento è sempre presente, ma ora nella maggior parte dei casi si riesce a viaggiare abbastanza bene. Tutto questo è fondamentale perché, anche se per i tragitti più lunghi l’opzione di trasporto automatico diventa ben presto una fedele compagna di gioco, la moto resta comunque un elemento di importanza capitale di Days Gone. Un po’ per motivi stilistici, la natura di biker di Deacon è un aspetto cardine della sua storia, un po’ perché lanciarsi a tutta velocità per colpire un infetto è divertente che sia la prima, la seconda o la decima volta, è difficile pensare di avventurarsi più di tanto lontano dal proprio bolide.

I BEI GIORNI ANDATI

Nel complesso, pur senza inventare nulla, Days Gone funziona bene. Ma non è privo di difetti. La realizzazione tecnica è apprezzabile per cura delle ambientazioni e per character design, ma presenta alcuni evidenti problemi. A parte alcune texture poco curate, sono presenti glitch grafici con elementi del fondale che diventano improvvisamente invisibili o che possono essere attraversati senza problemi. Proprio uno di questi bug mi ha clamorosamente salvato nel corso di una fuga, con un’orda composta da almeno una cinquantina di furiosi che è magicamente sprofondata nel bel mezzo di un ponte. Anche in questa caso, come per quanto scritto riguardo alla moto, ho rilevato evidenti miglioramenti con la patch 1.03. A livello di gioco, una maggiore varietà nelle missioni (riconducibili nella maggior parte dei casi al trittico uccidi questo personaggio, prendi il controllo di questa area, recupera questo materiale) avrebbe probabilmente giovato, ma onestamente era difficile inventarsi qualcosa di diverso con un’ambientazione del genere. Pur con tutte queste cose ben chiare in mente, giunto al termine dell’avventura ho ripensato con un sorriso sulle labbra alle ore trascorse nei panni di Deacon St. John, e devo ammettere che si è trattato di un viaggio che è stato piacevole e impegnativo al punto giusto.

Days Gone riprende gli elementi narrativi tipici delle produzioni del genere “mondo colpito da un contagio” e li affianca a tutti gli elementi ludici tipici degli open world. Il risultato, grazie a una buona caratterizzazione dei personaggi e a dinamiche di gioco solide e ben calibrate è un titolo di buonissima fattura, che riesce a divertire pur senza inventare nulla. Non si tratta di un titolo perfetto, allo stato attuale sono ancora presenti diversi bug grafici che speriamo vengano eliminati con patch correttive, ma chi è in cerca di un’avventura divertente e ricca di contenuti trascorrerà sicuramente diverse ore piacevoli a girovagare per l’Oregon in versione Bend Studio nei panni di Deacon St. John.

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Pro

  • La componente narrativa presenta spunti interessanti…
  • Divertente, per quanto non originale.
  • Buona mole di contenuti.

Contro

  • … anche se i “colpi di scena” sono piuttosto prevedibili.
  • Qualche problema grafico.
8.2

Più che buono

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