L’esame di oggi è andato bene. Dovevo giustiziare un innocente che manco sapeva perché stava per morire. Ha supplicato un po’, come tutte le vittime di The Outlast Trials.
Sviluppatore / Publisher: Red Barrels / Red Barrels Prezzo: ND Localizzazione: Testi Multiplayer: Co-op online PEGI: 17+ Disponibile su: PC (Epic Games Store, Steam) Data di uscita: 18 maggio (Accesso Anticipato)
Cancella il tuo passato. Rinnega i tuoi genitori. Dimentica gli amori della tua vita. Distruggi ogni documento che certifichi la tua esistenza. Liberati di tutti i tuoi averi. Ora non hai più niente. Ora non sei più nessuno. Sei diventato una tela bianca, vergine, sulla quale dipingere l’essere perfetto.
Questa situazione mi ha un po’ ricordato la filosofia di Fight Club – lo so, non dovrei parlarvene – in cui il bipolare protagonista distrugge tutto quanto ha costruito per iniziare il suo percorso verso l’abisso. La realtà, perlomeno quella dipinta da Red Barrels nella sua ultima produzione The Outlast Trials, è ancora peggiore: stiamo per entrare nei laboratori della Murkoff per fare qualche esamino. Prima, però, una piccola formalità: dopo esser stati incappucciati, drogati e massacrati di botte, ci viene avvitato direttamente nel cranio un visore notturno, senza anestesia alcuna. Del resto i “dottori”, se così si possono chiamare i sadici sanguinari che lavorano all’interno di una struttura metà manicomio e metà braccio della morte, hanno gli stessi metodi educati e delicati dei facoltosi clienti della saga cinematografica Hostel.
THE OUTLAST TRIALS: SOFFERENZA DI GRUPPO
Fedele alla filosofia della saga iniziata nel 2013, The Outlast Trials è un survival horror in prima persona, e per gli appassionati della serie segnalo che questo non è il terzo episodio annunciato ancora nel 2017 bensì un progetto parallelo in qualche modo legato a Outlast 2, ma destinato a proseguire per una propria strada. Non sapete di che sto parlando? Non importa, non è necessario conoscere il lore per lanciarsi in una delle esperienze più angoscianti che la storia del videogame ricordi.
The Outlast Trials non è il terzo episodio annunciato ancora nel 2017 bensì un progetto parallelo in qualche modo legato a Outlast 2
Dopo aver configurato il proprio aspetto tramite una serie di preset che non lasciano grande libertà, entriamo nel vivo dell’azione con il prologo che funge da tutorial. Non fatevi ingannare dalla parola “tutorial”, l’ordalia comincia subito e la curva della difficoltà parte bella ripida. Già questa sezione introduttiva è capace di farvi saltare dalla sedia e i più sensibili potrebbero voler posare il mouse senza nemmeno completarla. The Outlast Trials è violento, barbaro e terribilmente esplicito, e le vittime di tanta brutalità siamo noi e povera gente come noi, tutti gettati come cani a lottare per la sopravvivenza. La famosa opportunità decantata nel volantino si rivela subito un esperimento di lavaggio del cervello, dal concetto simile alla terapia subita da Alex in Arancia Meccanica, ma dall’efferatezza elevata al cubo. E questo non sarebbe niente, se tra un ciclo e l’altro non vi fossero dei test per valutare l’efficacia di ciò che stiamo subendo, i famosi Trial che danno il nome al gioco.
UOMINI O MANICHINI, IO NON VEDO DIFFERENZA
Le prove avvengono in set dall’aspetto simile ai finti paesini costruiti per misurare il grado di devastazione delle armi nucleari, con tanto di manichini che si muovono su rotaie per dare l’impressione che vi sia vita in quelle fredde simulazioni. Questo non significa che siamo soli, tutt’altro. Solitamente i nostri obiettivi, da eliminare senza esitazione, sono persone in carne ed ossa come noi, e lo stesso dicasi per vari pazzi psicopatici che gironzolano urlando e imprecando, assetati di sangue e molto più forti di noi. Dal punto di vista pratico, non sono altro che semplici manichini anche loro, pedoni assassini in una partita a scacchi giocata dalla Murkoff.
Un nemico, un solo elemento ostile all’interno di un livello, è più che sufficiente a eliminarci
La sensazione di fragilità e vulnerabilità, il lento incedere al buio per risparmiare preziosa batteria, con le pupille dilatate per captare qualsiasi movimento e le orecchie tese per cercare di capire quanto lontano sia il pazzo che urla cercando proprio noi, restituisce una sensazione di tensione che mi ha davvero affascinato e, a modo suo, divertito. Immedesimarsi è facilissimo e durante le fughe precipitose avevo davvero il cuore in gola, merito anche di una realizzazione artistica impeccabile che lascia davvero poco spazio all’immaginazione.
Le scritte sui monitor in stile Essi Vivono sono un tocco da maestro, tutto The Outlast Trail è molto Carpenteriano