I videogiochi mi piacciono. Mi piacciono un sacco, altrimenti non sarei qui a scriverne. Ma a volte vorrei mi piacessero un po’ meno, esserci dentro meno in profondità. A volte vorrei essere un casual gamer.
Specifico per chi con la terminologia videoludica fosse rimasto a inizio anni 2000: per me casual gamer è un termine che non ha assolutamente alcuna accezione negativa; semplicemente indica qualcuno che si approccia ai videogiochi in maniera meno costante, più rilassata, e che se si informa sulle nuove uscite lo fa in maniera sporadica, generalmente limitandosi ai titoli più grandi e a quelli che rientrano nella sua nicchia di interesse. Ripeto, non c’è nulla di male in questo: il bello dei videogiochi è che ce ne sono così tanti che permettono a chiunque di avvicinarsi a loro al ritmo che preferisce. Giocare una volta a settimana, giocare sul cellulare, giocare solo a FIFA, non ti rende un giocatore di seconda categoria.
Quello che fa, a volte, è renderti frutto della mia invidia. Non per ragioni da “i am very smart” tipo che siccome io gioco di più allora riesco a vedere meglio difetti e problemi e allora, me tapino, sono maledetto dal peso della conoscenza mentre ah, loro anime pure e ingenue sì che possono godersi in maniera scevra da preconcetti il puro piacere del ludo! No, assolutamente, anche perché a me i videogiochi continuano a piacere e a divertire, spesso in modo differente ma non per questo più o meno giusto. Il problema mio è che dato che dei videogiochi mi piace leggerne, scriverne, parlarne, discutere, spesso e volentieri mi tocca anche vedere quello che c’è dietro. Facciamo un esempio: è notizia recente che, durante l’ultimo Dev Talk, gli sviluppatori di Overwatch 2 hanno chiarito che la visione iniziale per la componente PvE è cambiata di molto. A differenza di quanto annunciato nel 2019, non ci sarà più una vera modalità storia, ma semplicemente eventi occasionali che saranno rilasciati con le varie stagioni, in linea con la struttura live service del gioco.
CHE I PIANI DI SVILUPPO CAMBINO È NORMALE. MA LA MODALITÀ STORIA ERA LA GRANDE GIUSTIFICAZIONE PER OVERWATCH 2
Volete un altro esempio? Ma certo, dopotutto al momento della stesura di queste righe siamo solo a mercoledì mattina, volete che questa settimana non abbia già altri motivi di sconsolati sospiri da offrire? Trasferiamoci dalla costa occidentale degli USA a quella orientale, per la precisione nei dintorni di Boston, dove alloggia il piccolo studio The Molasses Flood. Da qualche ora a questa parte un po’ più piccolo di prima, dato che CD Projekt – che ha acquisito i creatori di Flame in the Flood e Drake Hollow nell’ottobre del 2021, per metterli a lavorare su un spinoff di The Witcher – ha deciso, in seguito a “cambiamenti al progetto”, di licenziare 21 persone.
THE MOLASSES FLOOD È UN PICCOLO STUDIO. DA QUALCHE ORA A QUESTA PARTE, UN PO’ PIÙ PICCOLO
E ripeto, ho preso solo i primi due (2, numero pari inferiore a 4) giorni di questa settimana. E ancora ci sarebbero altre cose di cui parlare, ma non ho la voglia né la forza di mettermi a parlare dei sauditi che aumentano la loro percentuale di azioni di Electronic Arts, o del dibattito su quando la qualità tecnica dei videogiochi è importantissima e quando invece si può tranquillamente chiudere un occhio, o del fatto che gli sviluppatori di Battlefield abbiano ritenuto necessario sottolineare ancora una volta come no, le minacce personali non aiutano chi lavora ai videogiochi a fare di meglio. Quindi sì. A volte vorrei davvero essere solo un casual gamer, e non dovermi trovare esposto quasi quotidianamente a notizie che a questo punto non sono nemmeno più sorprendenti ma solo stancanti.