Indiana Jones e l'Antico Cerchio

Indiana Jones e l’Antico Cerchio – Anteprima Hands-on

La nuova avventura di Indiana Jones sta per arrivare, col suo carico di Avventura con la A maiuscola, scazzottate e umorismo.

Sviluppatore/Publisher: MachineGames / Bethesda Softworks Prezzo: 69,99‎€ Localizzazione: Sottotitoli Multiplayer: Assente Disponibile su: PC, Xbox Series S/X Data di lancio: 9 dicembre

Nella cornice del magnifico Two Temple Place, gioiello dell’architettura londinese di fine ‘800, uno di quei luoghi che sembrano cristallizzati nel tempo, che dietro ogni libreria potrebbero nascondere stanze segrete, cunicoli, tesori di antiche civiltà – addobbato per l’occasione per somigliare al Marshall College, Connecticut – ho avuto il piacere di provare la prossima opera firmata MachineGames, Indiana Jones e l’Antico Cerchio.

Quasi non ci si rende conto di passare dalla realtà della cornice storica alla finzione dell’università statunitense, con Indy mezzo addormentato alla sua scrivania durante una notte tempestosa, lugubre, svegliato e attirato da un rumore sospetto. L’atmosfera – e sarà un elemento ricorrente per tutta la demo – è subito pressoché perfetta. I fulmini illuminano le sale dal college, la pioggia sbatte sui vetri, il legno scricchiola sotto i nostri passi, mentre guardinghi seguiamo le enormi impronte bagnate di un intruso che, difficilmente sarà un comune ladruncolo da quattro soldi.

È dopo aver scoperto che all’appello manca una statuetta ispirata alla dea Bastet che Indiana deciderà di partire verso la prima tappa del suo viaggio, in Italia

Arrivati alla sala espositiva si palesa infatti un energumeno, grondante di pioggia, enorme, inginocchiato a cantar messa in un latino arcaico, per poi alzarsi e aggredire il professore con una raffica di cazzotti ben assestati, lasciandolo incosciente fino al mattino seguente, quando il collega Marcus Brody (il cui modello riporta in vita l’indimenticabile Denholm Elliott) lo soccorre, nello sfacelo generale della stanza. È dopo aver scoperto che all’appello manca una statuetta della mummia gatto – ispirata alla dea Bastet – trovata in una recente spedizione, e aver collegato il furto ad una sua ricerca, che Indiana deciderà di partire verso la prima tappa del suo viaggio, la suggestiva riproduzione di uno dei luoghi più suggestivi d’Italia, per incontrare un suo vecchio amico, che potrebbe sapere qualcosa: don Antonio.

TO ROME WITH LOVE IN INDIANA JONES

Il Castel Sant’Angelo del ’37, sotto il controllo delle camicie nere fasciste, è un’ambientazione pazzesca per cominciare a prendere dimestichezza con quello che l’Indiana Jones di MachineGames vuole essere; un punto d’incontro tra le pellicole (ovvio), il loro erede videoludico (Uncharted) e l’immersive-sim contemporanea di Arkane Studios. Gli scorci notturni di una Roma illuminata solo dai lampioni fanno capolino dalle terrazze e passerelle del castello, incorniciando una mappa piena di stanze, anfratti, nemici e modi per aggirarli o combatterli. Meccaniche stealth consolidate e non particolarmente sofisticate, fatte di attese, attacchi alle spalle con qualche arma improvvisata trovata in giro (bottiglie, spranghe, martelli sono distribuiti in ogni metro quadrato delle ambientazioni), cauti passaggi nell’ombra, rigorosamente accucciati per non far rumore; insomma, il solito – con un’IA abbastanza meccanica e prevedibile – ma comunque funzionale e appagante, ma mai quanto menare le mani.

Ai nazisti non piace essere fotografati, occhio!

Un grande classico dei film, le scazzottate sono riprodotte in modo un po’ rigido nelle animazioni ma molto fisiche e divertenti nella pratica, con la necessità di mettersi in guardia, parare e poi colpire al momento giusto, godendosi le comiche animazioni facciali dei nemici storditi, parecchio espressive. Già da questa prima ora di gioco si capisce una cosa, secondo me, fondamentale per godersi il gioco: l’atmosfera, l’immersione, “essere” Indiana Jones, le musiche pazzesche e la straordinaria cura per i dettagli – tutto esaltato dalla visuale in prima persona – faranno almeno l’80% dei motivi per giocare l’Antico Cerchio.

Il Castel Sant’Angelo del ’37, sotto il controllo delle camicie nere fasciste, è un’ambientazione pazzesca per cominciare a prendere dimestichezza con quello che l’Indiana Jones di MachineGames vuole essere

I soldati fascisti di ronda che chiacchierano delle ultime dichiarazioni di Mussolini (in un italiano da applausi e per nulla macchiettistico), i documenti opzionali capaci di ingrassare a dovere il world building, fino ai quadri appesi alle pareti, i poster, la ricostruzione storica in generale; è tutto estremamente avvolgente e credibile. Il gameplay della demo non ha mostrato elementi fuori dall’ordinario, va sul sicuro, anche tecnicamente, dove ad un egregio lavoro su illuminazione, densità, dettaglio delle superfici fa da contraltare la già citata legnosità delle animazioni, ad esempio. Gli sviluppatori hanno però attinto dal proprio know how per metterlo totalmente al servizio del brand e di quello che ha rappresentato negli ultimi 40 anni: Avventura. È Indiana Jones, in tutto e per tutto, senza bisogno di inventarsi chissà cosa e, l’ultima sezione che ho provato, quella ambientata a Giza, racchiude in sé tutto quello che c’è di buono e meno buono in queste prime ore di gioco.

MINI OPEN WORLD CON VISTA SULLE PIRAMIDI

In questa anteprima non parlo molto della trama, perché la demo non è stata particolarmente esaustiva a riguardo, a parte le premesse iniziali. Fatto sta che a Giza mi sono ritrovato in compagnia della co-protagonista di quest’avventura, già vista nei vari trailer usciti in questi mesi. Gina Lombardi, giornalista italiana sulle tracce della sorella, che incarna quelle che saranno altre caratteristiche salienti del titolo: la recitazione e il tipico humor.

Gina promette di essere una compagna di viaggio fantastica!

La regia esalta le scene narrative, i siparietti non mancano – in particolare una scena esilarante con Indy intento a dar da mangiare ad un serpente, sua grande fobia – mentre Gina chiacchiera amabilmente dei piani nazisti con il loro contatto in loco, un’archeologa egiziana molto carismatica. In questo contesto la mappa di sviluppa su un’area abbastanza ampia ed esteticamente ammaliante, tra i siti di scavo intorno a piramidi e Sfinge (bellissimo e suggestivo trovarcisi al cospetto), campi base popolati da soldati tedeschi e vivaci villaggi. Un piccolo ecosistema dove il sole picchia senza pietà, tanto che sembra di sentire la sabbia attaccarsi alla pelle sudata mentre, consultando la fidata mappa, si sceglie il prossimo obiettivo.

Girare per i villaggi di Giza restituisce proprio la sensazione di essere in un luogo esotico, quasi in vacanza.

Gli insediamenti regalano un feeling da RPG, con un sacco di gente che fa cose, parla, contratta, osserva.  Sono ambienti vivi, densi, scenografici, che fanno venire voglia di fotografarne ogni angolo (cosa assolutamente possibile), case colorate, tappeti appesi, bancarelle ricche di prodotti locali, artisti. In giro è possibile acquistare oggetti particolarmente utili, come un fondamentale accendino, ma anche trovare travestimenti per passare inosservati in determinate aree (e totalmente inutili in altre).

Interazioni continue e gradite: si sfoglia il taccuino, si usa l’accendino per far luce, lo si avvicina alle superfici per cogliere dettagli, si afferrano oggetti, si salta, si attivano interruttori

Ma il piatto forte sono le tombe che, di piccole o grandi dimensioni che siano, sono l’essenza dell’esperienza. Intanto bisogna arrivarci, osservare le ronde, sgusciare, capire come entrare, decifrare un level design sorprendentemente verticale – con appigli per calarsi/arrampicarsi con la frusta – e sufficientemente intricato, dopodiché si apre tutto il catalogo dell’antica arte enigmistica egizia. Giochi di specchi per far arrivare la luce dalla superficie, trappole mortali, platforming, indizi da interpretare, cunicoli angusti e bui, centinaia di scorpioni, steli da posizionare nelle corrette conche. Anche qui, niente di clamorosamente nuovo ma, quello che fa piacere, è constatare la totale manualità delle azioni e il buon livello del puzzle design. Con le mani si fa di tutto: si sfoglia il taccuino, si usa l’accendino per fare luce, lo si avvicina alle superfici per cogliere dettagli o semplicemente ammirare le texture, si afferrano oggetti, si salta, si attivano interruttori, a volte si sta anche semplicemente zitti ad ascoltare il fantastico audio ambientale; è un gioco fisico, materico, tattile.

Ovviamente la frusta non servirà solo nelle fasi platform e nelle arrampicate, ma anche per domare i nemici.

C’è libertà di movimento e le cose non succedono da sole, semplicemente perché lo dice il copione, il giocatore deve sempre trovare attivamente la via per andare avanti. Ancora una volta: Avventura. I tempi e i ritmi cinematografici sono sovvertiti, questa è a tutti gli effetti una immersive sim a livelli, non un action-adventure lineare alla Uncharted (in MachineGames lo definiscono “adventure-action” infatti), da cui attinge però il gusto per il dettaglio e lo spettacolo ludico.

Anche qui, niente di clamorosamente nuovo ma, quello che sorprende, è la totale manualità delle azioni e il buon level design di base

Poi si possono dire tante cose meno positive, con scontri a fuoco goffi che creano anche situazioni abbastanza grottesche e poco naturali, nemici che talvolta si comportano in modo bizzarro, collisioni non perfette su cui è doveroso sospendere il giudizio, vista la build non definitiva; però un senso di scoperta così è veramente difficile da trovare nei tripla A contemporanei, ricordando quasi certi momenti degli ultimi Zelda. Indiana Jones e l’Antico Cerchio è pura dedizione verso la licenza che rappresenta, nessuna rivoluzione e in generale un gameplay fondato su sistemi stra-collaudati, amalgamati però tra loro con competenza al fine di raggiungere un unico obiettivo: trasformarci in Indiana Jones e farci fare un giro per alcuni dei luoghi più suggestivi al mondo a mettere i bastoni tra le ruote alle forze dell’Asse. La partenza è fissata per il 9 dicembre sulle console della famiglia Xbox e PC, preparate il Fedora, che in valigia non può mancare!

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