Troglobytes Games, team italiano conosciuto ai più per HyperParasite attualmente trapiantato in Spagna, non ha certo bisogno di presentazioni su queste pagine. Se però vale la pena raccontare una storia, potrebbe essere il caso di farlo con RailGods of Hysterra, un V Rising-like che non infila i vampiri nel suo contesto, ma ben altre tipologie di creature dell’incubo, quelle che ti entrano in testa senza lasciarti.
Sviluppatore / Publisher: Troglobytes Games / Digital Vortex Entertainment Prezzo: 19.50 Localizzazione: Presente Multiplayer: Presente PEGI: Non disponibile Disponibile su: PC (Steam), PS5 Data d’uscita: 2025
Se la vostra adorazione per Lovecraft ha toccato in passato il collasso mentale, ebbene, è utile sottolineare che pure RailGods of Hysterra persegue questo nobile, incredibile intento. Già però ho dato un numero esagerato d’informazioni, alcune delle quali è bene contestualizzare a dovere, prima di gettarci a capofitto in quello che è, a tutti gli effetti, ben più di un progetto analogo a un altro. Vale la pena, quindi, citare la recensione del nostro Marco Brom, quando il nostro prodigioso trentino è divenuto il vampiro più temuto del Südtirol. Ma questa è un’altra storia.
Quella che vi racconto oggi, iniziando il 2025 con le stesse energie del 2024, è quella di Greyson. Greyson è il personaggio che ho creato nelle circa quindici ore che ho passato in compagnia del videogioco di Troglobytes Games. Un po’ Huck Jackman, un po’ il signor Hyde in un momento dei suoi e un po’ tanto, direi troppo, quel simpaticone di Clayton, il nostro è un bizzarro figuro che si ritrova in un luogo angusto quanto oscuro.
RailGods of Hysterra rischia di essere il miglior videogioco di Troglobytes Games
LA STORIA DI GRAYSON, IL MIO PERSONAGGIO SU RAILGODS OF HYSTERRA
Che la costruisce. Gli basta poco, per realizzarla: giusto gli oggetti che si ritrova tra le mani. Fatto questo, è il momento di lasciare quel luogo. Nel corso del playtest, non c’è stata una spiegazione su cosa sta avvenendo e il perché il povero Grayson si ritrova in questo luogo spaventoso. Visto che ci siamo, proviamo a volare un po’ con la fantasia, ché tanto male non fa. Grayson era un ex combattente inglese dell’esercito di Sua Maestà, che ha perso tutto a causa dell’alcool. Si racconta che provenga da una famiglia nobiliare ma che sia il penultimo di sette figli e, d’altronde, si sa: i penultimi figli di una qualsiasi casata nobiliare non sono destinati ad arricchirsi ma a soccombere. È il destino che spetta pure il nostro, che, una volta fuori dalla cripta, si accorge che il mondo là fuori è proprio diventato incolore.
Basta molto poco per accorgersi che, in realtà, a colorarlo è il sangue. No, non solo quello degli strani individui che compaiono con un’accetta e digrignano i denti minacciosi. A volte, com’è consueto, quel sangue che zampilla sul terreno è quello del personaggio appena creato. Uno non penserebbe mai che una grafica cartoon potrebbe celare tutta questa cattiveria. Ciò accade, tuttavia, quando non si sono giocati Cuphead o il già citato V Rising, che consiglio spassionatamente, poiché ogni imprecazione è proporzionale alla perdita di sanità mentale che ci vuole per capirlo a fondo.
Morte o meno, il tutto è davvero rappresentato alla grande
Se in V Rising ciò è sempre stato alla base di tutto, con la traccia di sangue da seguire per arrivare a un determinato obiettivo, in Railgods of Hysterra ciò è chiaramente semplificato, seppure mantenga la medesima qualità. Non essendoci cattivi da uccidere – o almeno, non proposti nei modi della produzione con protagonisti i vampiri alla conquista del mondo – il videogioco di Troglobytes Games mostra i connotati e sa cosa vuole. Come accennavo prima, sono presenti delle dinamiche crafting da seguire alla lettera, sia per realizzare cosa si preferisce, quanto per avere il necessario in base alle situazioni. La sopravvivenza, essendo un survival game, è fondamentale: c’è da cibarsi ed è necessario, soprattutto, avere tanta pazienza anche quando la morte giunge improvvisa, recuperando i materiali al punto in cui si è lasciata la pellaccia. E poi, ecco… c’è treno.
NO, NON QUEL TRENO PER YUMA
Per l’Inferno sì, però. Lo si evince sin dal primo momento, quando lo si raggiunge, ancora nudi di armi e armature ma solo provvisti di qualche oggetto contundente di fortuna, utile per difendersi, per uccidere, per far vedere che, comunque, si è in campo.
Il treno, comunque, ha una sua importanza. O meglio, la locomotiva. Se vi dicessi che è alimentata da una creatura abbietta, ci credereste mai? No? È esattamente così. È al centro di comando e si deve nutrire e rafforzare man mano che nell’avventura si avanza. Anche se non ho potuto vedere altro, mi è rimasto impresso il lato esplorativo, che mi ha condotto in luoghi che ho poi imparato a voler bene, anche se ostici e particolarmente tosti. La possibilità di scegliere il proprio percorso offre diverse strade secondarie da approcciare in base alle situazioni, e molte di esse, diversificate e sempre notevoli, danno vita a situazioni che è sempre molto divertente rivivere.
Un videogioco di grandissimo carattere