Marzo è appena iniziato e già mi ritrovo davanti all’anteprima più difficile dell’anno, con il cuore che galoppa felice da una parte, e il cervello, burbero e razionale, che cerca di trattenerlo a fatica. Il motivo è presto detto: Master of Orion. Non serve aggiungere altro. Dio solo sa quante notti ho passato in bianco, nonostante la tenera età e di conseguenza il fisiologico non capirci un tubo, sul capolavoro SimTex, che ha raggiunto l’apice nel ’96 con il secondo capitolo della saga. Inutile dire che di titoli del genere se ne son visti davvero pochi nel corso degli anni, tanto da far quasi disperare noi amanti dello spazio siderale; devo tuttavia ammettere di aver saltato a piè pari il terzo capitolo, uscito sotto la bandiera QuickSilver nel lontano 2003. Ora però Sua Maestà è tornato, e non con un quarto episodio spuntato con fin troppo ritardo, ma con un reboot pronto a portarci indietro di vent’anni. Forse.
LA TOMBA DEL FARAONE
È sempre un rischio risvegliare dalla tomba qualche vecchio imperatore mummificato: all’archeologo possono aspettare sia fama e gloria, sia qualche antica e fastidiosa maledizione. Ebbene, il moderno “archeologo” pronto a compiere l’impresa è nientepopodimeno che Wargaming Labs, la software house bielorussa famosa per aver portato sui nostri schermi World of Tanks e compagnia bella, che dopo aver acquistato i diritti di Master of Orion nel 2013 da un’Atari ormai in bancarotta, ha deciso di affrontare questa coraggiosa follia. E a noi, sia ben chiaro, piacciono molto le follie.
ODISSEA NELL’OSPIZIO
Il nostro cuoricino che scalpitava dalla gioia comincia ben presto a calmarsi, purtroppo. I turni scorrono vuoti mentre un paio di scout esplorano i sistemi limitrofi in cerca di nuovi pianeti da colonizzare, il tutto condito da una non brillantissima gestione delle colonie. Anche il Tech Tree di Master of Orion risulta inizialmente interessante e con qualche idea ben riuscita, ma a lungo andare non convince pienamente, mentre non posso che elogiare il metodo con cui è possibile personalizzare le proprie navi spaziali, in grado di offrire davvero decine di possibilità, grazie soprattutto a intelligenti modificatori, capaci di trasformare dei “semplici” laser in dispositivi antimissile o in letali armi in grado di perforare anche gli scafi più resistenti, il tutto dovendo costantemente litigare con lo spazio limitato delle nostre bagnarole stellari.
Il Tech Tree di Master of Orion a lungo andare non convince pienamente
SOSPIRI SPAZIALI
È orribile parlare in questo modo di un gioco che si chiama proprio Master of Orion, ma qualcosa nel processo di svecchiamento deve essere andato perduto, che sia semplicemente la nostra innocenza da videogiocatori di vecchia data o che sia quella cosa chiamata “anima” che spunta fuori sin troppo spesso nei discorsi di noi vecchi brontoloni. Il triste fatto è che – per il momento – non ho assolutamente voglia di rimettermi sul titolo di Wargaming Labs, nonostante il mio amore spassionato per gli strategici e i 4X, e ciò non può che rendermi triste e depresso. Il titolo è ancora in Early Access e non è mai troppo tardi per un miracolo, ma temo che dovremo nuovamente accontentarci dei bei ricordi di quelle notti passate in bianco, mentre il CD delle Spice Girls ci teneva compagnia sputando in loop le stesse canzoni senza mai fermarsi. Brutta roba la nostalgia.