Everybody’s Golf è, passatemi il termine, una delle IP più “nintendose” di Sony, nella misura in cui è un titolo sportivo arcade declinato in maniera fumettosa, colorata e spensierata, per quanto non disdegni una certa profondità. Dal 1997 la formula è rimasta quasi invariata, al netto delle ovvie rinfrescate a modalità e diverso design dei vari campi. Sono passati ben sei anni dall’ultimo episodio, il sesto, che ha avuto discreta fortuna su PS Vita, tanto da essere, nel Sol Levante, il gioco più venduto al lancio della portatile di Sony.
Clap Hanz, lo sviluppatore che ha curato tutte le edizioni di Everybody’s Golf a partire della seconda, ha pensato bene che, nel clima di revival che si respira nel mondo PlayStation, riportare in auge l’IP non sarebbe stato poi male, e così il 30 agosto arriverà una sorta di reboot della saga che porta il coloratissimo mondo del golf dello studio nipponico nella nuova generazione. Lo scorso weekend ci ho potuto giocare un bel po’ grazie alla prima beta, e ammetto di essere tornato ben volentieri al periodo in cui tra le (moltissime) ore passate a giocare con i titoli sportivi, sovente mi dividevo tra i due capisaldi degli arcade su PSX: da un lato i primi due Everybody’s Golf e dall’altro quello Smash Court Tennis 2 che da noi guadagnò le seducenti fattezze di Anna Kournikova. Bei tempi.
A SPASSO COL CADDY
La grande novità di Everybody’s Golf in versione 2017 è, ovviamente, la centralità del gioco online, vero e proprio oggetto della beta. Se l’anima multiplayer dell’IP è sempre stata spiccata, è chiaro che oggigiorno il locale non può essere l’unica via e, anzi, sarebbe stato totalmente anacronistico non incentrare l’intera produzione sulla sua connotazione più sociale. D’altronde, il mondo di Everybody’s Golf è allegro ed estremamente cordiale con l’utenza, ed è facile sentirsi parte integrante del club esclusivo dell’Isola del Golf, il mondo di gioco in cui sono presenti i diversi impianti con relative buche.
Everybody’s Golf è ricco di collezionabili e attività collaterali
Ovviamente, piuttosto che andare in giro come degli invasati, il metodo migliore per ottenere più monetine sonanti da spendere nello shop e migliorare a 360° il proprio personaggio è chiaramente giocare, ma complessivamente il sistema di personalizzazione mi pare vario e sufficientemente strutturato, con vestiti e vanity item a profusione e mazze e palline utili per ottenere succosi bonus.
Detto ciò, all’esperienza sul campo è ovviamente demandato il reale sistema di progressione: in base alla qualità dei colpi con ogni singola mazza, infatti, acquisiamo esperienza in grado di migliorare un aspetto dello swing (potenza, controllo, gittata ed effetto). In sostanza, avanzare di livello non è solo una questione di tempo, ma anche e soprattutto di qualità. Tra l’altro, sulla lunga il sistema potrebbe offrire anche varianti strategiche, nella misura in cui è possibile scegliere di specializzare il personaggio solo su alcune mazze o, invece, dargli la possibilità di essere un vero all-around player.
CHIP IN BUCA
Le modalità che ho avuto modo di provare sono state due: il classico circuito a 9 buche (dove, analogamente alle reali competizioni di golf, vince chi tira meno colpi) e un’altra, molto più movimentata, in cui due squadre da quattro si sfidano All’Ultima Buca, ovvero un evento dalla connotazione quasi party dove bisogna conquistare più buche possibile in un dato intervallo di tempo; va da sé che, anche in questo caso, la discriminante di controllo delle buche è data dai singoli risultati dei giocatori e si ritorna sempre allo scopo principale del golf, ovvero effettuare il minor numero di swing possibile.
Everybody’s Golf è accessibile e profondo, come da tradizione dell’IP
La manciata di partite che ho potuto completare mi ha convinto e mi ha fatto tornare la scimmia dei vecchi tempi, ma è chiaro che da qui ad agosto ci sono tante cose ancora da scoprire: la varietà (apparentemente notevole) dei circuiti e delle modalità, l’equilibrio del sistema di potenziamento e, infine, il single player, tutti elementi che determineranno la bontà dell’operazione. Chiudo con una parentesi tecnica: il netcode durante i tre giorni di prova è stato a dir poco perfetto, mentre dal punto di vista estetico era lecito aspettarsi di più da ogni punto di vista. A salvare il colpo d’occhio è, ovviamente, l’art direction che regala un look vivido e colorato, ma questo non nasconde un gioco che sembra figlio della generazione passata. Per fortuna, però, lo swing è sempre quello splendido di un tempo.