Arriva The Games Machine 407 nelle edicole, per gli abbonati nelle versioni digitali. Il Doom Slayer vi guarda languido – si fa per dire – dalla copertina 🙂
Presente e futuro. Non è una frase fatta, e nemmeno un riferimento al sottotitolo di RetroTGM, anche se il significato può essere esteso a tutta la rivista in generale e a questo 407 in particolare. È pure strano pensarci approfonditamente, soprattutto a quel “presente” inteso come stato dell’industria videoludica, per motivi che non è né possibile né giusto ignorare, come vedremo tra qualche riga. Chiaramente, però, il “futuro” più frivolo e godereccio si snoda nello Specialone di ben 43 anteprime, una cavalcata in cui abbiamo cercato di condensare titoli e soprattutto informazioni o prove che interesseranno i prossimi mesi del 2024, il 2025 e in alcuni casi addirittura oltre.
La copertina può apparire scontata, col Doom Slayer che si staglia sui suoi tempi bui, sorta di genesi tanto del personaggio – un tempo semplicemente Doomguy, come nell’autobiografia di John Romero – e allo stesso tempo le origini più antiche delle mostruosità che affronta da tutta una vita. E non è nemmeno più un’esagerazione scrivere di un’intera esistenza passata a colpire con armi grosse così, bruciare, smembrare e far esplodere in mille gibs (da sprite 2D a poligoni, esattamente come personaggi e creature) i demoni multidimensionali, dal momento che la prima apparizione risale a 31 anni fa, quando il nostro sanguinoso eroe non era nemmeno esattamente un bebè. Chiaramente lo specialone va ben oltre: vi parliamo di Tiranidi e altri nemici dell’Imperium maciullati in Space Marine 2, dell’atteso (letteralmente da quasi un decennio) Assassin’s Creed Shadows, più interessante anche come doppio gameplay, della nuova promessa ruolistica di Obsidian con Avowed, nel mondo di Pillars of Eternity, e del ritorno di Indiana Jones, che dalle nuove sfide dell’Antico Cerchio abbiamo voluto muovere fino al TGM Classic con Fate of Atlantis. E poi ancora il nuovo e già chiacchierato Dragon Age, l’open galaxy Star Wars Outlaws di Massive e Ubisoft, la Zona di S.T.A.L.K.E.R. 2 ormai vicina, le dita incrociatissime per i remake di Silent Hill 2 e Snake Eater accanto a decine di altre promesse; tra queste figurano talentuose proposte vicine all’universo low budget, sviluppatori che hanno già brillato come quelli di Neva e Hyper Light Breaker, o i medio budget di antichi talenti come Ribellion che propongono con Atomfall qualcosa di prossimo alle immersive-sim, genere complessissimo che mi ha fatto piacere veder riemergere più volte nei titoli del futuro (come in alcuni del recente passato).
Le recensioni presenti sul numero rappresentano invece l’immediato presente, con il DLC di Elden Ring che si conferma imperdibile, ma anche sorprese come l’action ibrido Kunitsu-Gami Path of Goddess, una forma finalmente tecnicamente degna per Shin Megami Tensei V: Vengeance e ritorni graditi ed eccellenti, come quello di Riven. Questo senza nulla togliere agli ottimi TecnoTGM e Time Machine, rispettivamente dedicati alle novità da Intel e la seconda parte della storia di Sir-Tech, il nuovo dossier sullo scenario degli emulatori dopo il MAME, emozionante e controverso in un sol colpo, o la magistrale chiusura di rivista con il TGM Incontra Franco Beck Peccoz, sound designer che ha a lungo collaborato, tra gli altri, con gli altrettanto eccellenti Mimimi Games, che purtroppo hanno dovuto chiudere recentemente i battenti. Ed ecco l’altra faccia del presente dei videogiochi: specie negli ultimi anni, dopo la sbornia d’affari sotto Covid, non è passato un giorno senza vedere ottimi sviluppatori scendere a decine, a volte a centinaia, i gradini di grandi e medie aziende d’intrattenimento elettronico con gli scatoloni in mano.
Non a caso ho parlato implicitamente delle dimensioni economiche di queste compagnie: da un lato, modelli di TriplaA che solo in pochi e selezionatissimi casi hanno la forza per reggere l’immane impegno, e comunque non senza crunch, dall’altro manager e producer succhiasangue che si sono agganciati a piccoli studi di talento, promettendo le stelle salvo tirarle giù alle prime difficoltà, senza nemmeno pagarne personalmente le infauste conseguenze. E, badate bene, ho più paura del perdurare di simili pratiche, di un vecchio modo di concepire open world, GaaS o MMO che talvolta resistono un paio di mesi, rispetto ai decantati timori sulle IA. Le Intelligenze Artificiali diverranno un insostituibile strumento, non solo per questioni grafiche e/o strutturali del gameplay ma anche per rendere più realistici gli NPC, a fronte dell’importanza estrema che il talento dei developer che le usano e le intrecciano continuerà ad avere. Poi, beh, se finirà tutto in vacca per ragioni di IA belliche, come nel mio amato Second Variety di Philip K. Dick, universi e dettami “apocrifi” come quelli di John Connor ci hanno già insegnato come resistere. E comunque non sarà colpa dei videogiochi.
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