l’universo multigiocatore in perpetua espansione finisce per inglobare tutto senza selezione all’ingresso, nonostante talvolta il parental control e i genitori vestano i panni dei buttafuori
Ve lo ricordate
Alan Grant in Jurassic Park? “
Due specie separate da 65 milioni di anni di evoluzione vengono a trovarsi gettate nella mischia insieme: come potremo mai avere la benché minima idea di che cosa possiamo aspettarci?”. Questa frase del paleontologo più amato di sempre mi pare descrivere simpaticamente ciò che accade tra le fronde digitali della giungla multigiocatore.
L’ultimo rapporto di mercato della IIDEA ci racconta che
solo in Italia nel 2019 ci sono stati 17 milioni di videogiocatori tra mobile, PC e console. Si tratta del 39% della popolazione italiana compresa tra i 6 e i 64 anni e, di questi, il 53% sono uomini il 47% sono donne. Questa passione è diffusa soprattutto tra le fasce d’età più giovani, con una concentrazione maggiore tra gli 11 e i 24 anni. Tra citazioni d’autore e numeri ufficiali limitati al Bel Paese, è chiaro come il mondo online nella sua globalità vanti numeri ancor più altisonanti, perciò la situazione balza presto all’occhio: tante
differenti generazioni di persone si ritrovano virtualmente fianco a fianco e condividono passioni, esperienze, momenti, emozioni, sconfitte e vittorie quotidianamente, spesso con la possibilità di interagire tra loro tramite chat scritta o vocale.

da adolescenti ci si sente uomini di mondo pur avendolo esplorato pochissimo, e sul web accade lo stesso
Soprattutto nei giochi fortemente competitivi online come gli
FPS/TPS, gli
sportivi e i
picchiaduro, oppure negli
MMO in cui molti giocatori sono obbligati a collaborare con sincronia pressoché perfetta per portare a casa pellaccia e ricompensa,
non è raro assistere a episodi infantili o sentire/leggere frasi che possono fare uscire dai gangheri per innumerevoli motivi; ciò capita sovente e con maggior veemenza nei contesti in cui l’adrenalina cresce con l’aumentare della posta in palio, ma Davidino mi ha ricordato che là fuori, dall’altra parte dello schermo, quello con cui potrei ritrovarmi a discutere la prossima volta in multigiocatore potrebbe essere un
fanciullo a cui le cuffie stanno grandi e che a settembre andrà in terza media.
È normale, ci siamo passati un po’ tutti da quei giorni in cui ci si sente uomini di mondo anche se del mondo s’è esplorata giusto qualche via intorno casa: il web non fa differenza e non potrebbe essere altrimenti giacché è lo specchio dove si riflettono le vite,
i pensieri, le esperienze ma anche le inesperienze di ogni persona.

Ho pensato a quel topolino che si difendeva nervosamente dai due avversari saltellanti, nella realtà poco più di bimbi, al fatto che avrei potuto essere io
Proprio quando la digestione stava per farmi esalare l’ultimo respiro ed
ero sicuro che il divano sarebbe stato il comodo giaciglio in cui avrei trascorso in pace l’eternità, un rantolo di attività cerebrale mi ha permesso di osservare Davidino e il suo amico strapazzare un giocatore rimasto orfano del proprio compagno in un
crudele 2 VS 1 su Fortnite. Sembravano due gatti che giocavano col topo e, nel farlo, li ho visti ridere sprovvisti di quella malizia che un giorno anche loro impareranno a riconoscere. È stato allora che ho pensato a quel topolino che si difendeva nervosamente in multigiocatore dai due avversari saltellanti, al fatto che avrei potuto benissimo essere io e che, in fondo, quei due mici spelacchiati si stavano semplicemente divertendo al loro gioco preferito senza secondi fini antipatici o volontà da BM, per usare da bravo poliglotta l’internettese.
Ho compreso, una volta di più, che i comportamenti tossici e gli atteggiamenti ignobili sono decisamente altri e che non sempre dettati dall’età anagrafica; dopo essere riuscito a divincolarmi dalla morbida stretta di quel gran bel pezzo d’arredamento, me ne sono perciò tornato a casa non più così sicuro che darò del moccioso al prossimo che mi farà irritare durante un match online.
Quelle risate spontanee mi hanno ricordato una legge non scritta mai abrogata: la maggiore età non rende automaticamente migliori e mature le persone nemmeno nei videogiochi.

Giocare online non è più prerogativa di pochi eletti, alle soglie del 2020 a molti sembrerà un concetto anacronistico e scontato, ma forse non così obsoleto per
chi è passato dai Commodore, dagli Amiga, dagli 8 bit, dalle sale giochi, dai floppy e poi attraverso il rivoluzionario e rumoroso avvento dei primi macinini-modem a carbone. Di pari passo con l’evoluzione tecnologica, l’esclusivo lago del worldwideweb si è trasformato in un inclusivo oceano senza fondo in cui siamo
tutti sulla stessa barca indipendentemente dalle indicazioni del PEGI.
Con una così ampia forbice generazionale a stabilire a grandi linee l’età minima e quella massima di navigazione, è sbagliato e pericoloso dipingere il web come un mondo pieno di unicorni e casette di marzapane
Con una così ampia forbice generazionale a stabilire a grandi linee l’età minima e quella massima di navigazione, e così di accesso reale al multigiocatore, è sbagliato e pericoloso dipingere il web come un mondo pieno di unicorni e casette di marzapane: come in una qualsiasi delle nostre giornate tipo, anche lì incontrano stronzi e persone per bene. Allora forse siamo soprattutto noi ad avere la possibilità di
rendere internet un posto migliore o, perlomeno, a non contribuire a peggiorarlo, noi vecchietti terribili che abbiamo vissuto l’escalation del progresso in prima linea e che, con un pizzico di orgoglio, ci riteniamo un po’ i
pionieri di un medium che ci è cresciuto tra le mani fino a diventare un gigante capace di raggiungere numeri e traguardi sensazionali. Io l’avevo dimenticato, mi duole ammetterlo, ma non mi vergogno a
ringraziare l’inconsapevolmente saggio Davidino per la lezione che mi ha impartito dall’alto della sua piccola innocenza.
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