È difficile per il giocatore medio “prendere sul serio” simili figure fittizie. Spesso, però, questo fa parte di un conscio game design
La violenza non è solamente grafica e fisica: esistono diversi, tantissimi tipi di violenza, non ultima quella psicologica. Questo proprio perché il concetto di violenza si lega al recare danno all’altro, e questo può avvenire in
molti modi, oltre a essere profondamente legato alla soggettività di chi la subisce. Nel caso di
PNG, noi sappiamo con assoluta certezza che quelle figure, pur se di fattezze umane (o comunque di creature viventi) non sono reali, e sono state
create per assolvere all’unico, preciso obiettivo di compartecipare all’intrattenimento del videogiocatore. Pur essendo evolute moltissimo con la maturazione del medium,
si tratta spesso e volentieri di algoritmi basilari, con la tendenza a incantarsi, sbagliare, agire in modo palesemente stupido, a volte persino ridicolo…
si tratta spesso e volentieri di algoritmi basilari, con la tendenza a incantarsi, sbagliare, agire in modo palesemente stupido
Tanto per fare un esempio, gli
NPC dei
The Elder Scrolls hanno portato decine di canali Youtube (ma non solo) a pubblicare centinaia di video, uno più fantasioso dell’altro, in cui questi personaggi si comportano o muoiono in maniere ridicole. Questo non significa che sia impossibile restare coinvolti nelle loro storyline o dispiacersi della loro dipartita, ma tutto dipende dalla sensibilità del giocatore, dalla sua reale voglia di restare coinvolto e da
quanto spesso questi NPC ci ricorderanno, con i loro bug e glitch, che la loro è solo una recita mal gestita in un mondo fittizio.
La situazione “peggiora” nel caso in cui i PNG siano figure senza identità o passato, semplici sagome uguali fra loro, prive di un nome, un volto, un carattere. Nel caso in cui è dunque il gioco stesso, in partenza, a presentarli come obiettivi, come sfide da superare, come
punteggio su gambe. Un videogioco può sicuramente porre in essere un messaggio etico, una condanna alla violenza, uno spunto di riflessione profondo… Ma non è obbligato a farlo.

Videogiochi come Hatred hanno creato scandalo per i panni in cui mettono il giocatore, ma proprio da chi ha una percezione esterna del medium
Un gioco, a mio avviso, deve prima di ogni cosa puntare a intrattenere, regalando emozioni. N
on voglio usare il termine “divertimento” in senso stretto, visto che esistono walking simulator che puntano principalmente a far piangere, tanto per fare un esempio, ma spero di essere stato chiaro: di certo non andiamo al cinema a vedere uno
spaventosissimo film horror perché siamo masochisti, ma perché
le forti emozioni, anche se negative come la paura, ci lasciano un retrogusto piacevole. Chiudo il discorso lasciandovi uno spunto di riflessione: videogiochi come
Hatred hanno creato scandalo per i panni in cui mettono il giocatore, ma proprio da chi ha una percezione esterna del medium: quel titolo è l’esempio perfetto di un design che ha come struttura il fare un punteggio distruggendo bersagli nel modo più efficace possibile tramite
meccaniche di gioco prive di un collegamento empatico con il giocatore; le emozioni che si provano derivano dalla qualità della partita, non da cosa vi avviene dentro a livello “narrativo”.
Che si uccidano civili od orchi non ha importanza.
Giocando a
The Last of Us 2, invece, difficilmente ci troviamo a uccidere un numero inferiore di bersagli ma, al contrario,
i bersagli dei designer siamo proprio noi, i diretti fruitori dell’opera. Non esiste alcun punteggio a fine partita e, paradossalmente, le polemiche rischiano –invece e stavolta – di essere molto più dalla parte di chi vive dall’interno questa industria, percorrendola attraverso il
“gioco”. Virgolette giuste o sbagliate?
Torna alla prima pagina…