Sarei un ipocrita se vi dicessi che odio i quick time event dopotutto – professionalmente – sono “nato” con i QTE, nello specifico con quelli di Dragon’s Lair, passando anche per le sfide offerte da Space Ace e Super Don Quix-ote. L’anno era circa il 1988, e in quella lontana estate ero diventato un fine conoscitore del capolavoro di Rick Dyer e Don Bluth; in pratica, ero assurto a vera e propria “leggenda” presso i miei colleghi videogiocatori, poiché per primo avevo memorizzato la corretta sequenza per sgominare il temutissimo Re Lucertola portando, dopo molti tentativi, Dirk l’Ardito nelle auree stanze di Singe a salvare la bella Daphne. Incidentalmente, ho anche salvato dalla bancarotta quel piccolo bar di provincia, letteralmente ingozzando il cabinato in questione con una caterva di 200 bronzee lire! Tutto questo per veder scorrere, possibilmente senza errori di sorta, un pregevolissimo cartone animato magistralmente orchestrato tra mostri fantastici e trappole surreali, con l’eroe minacciato da archi elettrici, polle di lava e pavimenti che si disfacevano sotto i piedi.
il rischio è di vedere azzoppata l’esperienza da puzzle mediocri, dalla dissonanza ludonarrativa, oppure dal perdigiornismo del videogiocatore
In quella fumosa sala giochi sita in un piccolo paesino della bergamasca, in cui ormai non abito più, non mancavano certo altri e diversamente stimolanti divertissement, fra cui mi piace ricordare un datatissimo Punch-Out!! (1984), l’orrorifico Splatterhouse (1988) e l’imprescindibile Wonder Boy in Monster Land (1987), ma l’attenzione era tutta dedicata al “pezzo forte”.
i QTE ritornano prepotentemente nel medium grazie ai lavori di David Cage
Ecco, debbo confessarvi che in un primo momento, erroneamente, la mia natura di old gamer mi aveva impedito di tornare a ciò che, all’epoca, ritenevo l’oscurantismo del gameplay, e quindi per anni ho ignorato (o cercato di evitare) qualsiasi titolo che recasse le stigmate degli eventi in rapida sequenza. D’altronde, potrete facilmente capire come un amante di una tipologia di intrattenimento più cerebrale – leggasi, per esempio, la stanza pentagonale di Riven – potesse arrivare a storcere il naso (e altro) di fronte a un maniera così sintetica di presentare la sfida.
i QTE e i relativi indicatori visivi che ci suggeriscono la mossa distraggono l’attenzione dalla scena
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