L’indomani, a scuola, tutti i miei compagni stavano parlando del film che una delle poche emittenti aveva trasmesso la sera prima, in un trionfo di: “hai visto quando è successo così”, “ti ricordi quando hanno fatto questo”, “che paura quando è arrivato quello”
“E tu Emanuele l’hai visto?” “No, io ho guardato sull’altro canale il cartone animato di Glomberibus. Bellissimo. Nessuno ha visto Glomberibus?” Non esisteva nessun Glomberibus, ovviamente, stavo solo cercando di darmi tono. Nei giorni successivi la situazione non migliorò, anzi ad un certo punto sembrava che il fulcro di ogni conversazione vertesse su ciò che si era visto in TV il giorno precedente, a prescindere da cosa potessi raccontare io. “Ho tutte le squadre di Serie A del Subbuteo, con le miniature dei calciatori dipinte da Salvador Dalì in persona”. “Si, ma hai visto Megaloman ieri?”. “Vieni a casa mia alle quattro? Ho costruito una pista Polistil lunga 47 metri, con la consulenza di Niki Lauda”. “No, perché poi danno Hulk e non hai la TV”.
Ero una giovane vittima del digital divide, anche se all’epoca di digitale c’era ben poco. L’avremmo potuto chiamare TV Color Divide, ma l’effetto era lo stesso
Si avvicendano decine di primavere, e da appassionato di tecnologia nonché programmatore e pro gamer wanna-be, cammino uno o due passi avanti rispetto alla media in quanto a dotazioni tecnologiche. Fino al 19 novembre 2020. Nonostante avessi saputo con grande anticipo della difficoltà di Sony a garantire un’adeguata fornitura di PS5 al giorno del lancio a causa del Covid, non mi preoccupai minimamente. Figuriamoci se non ci avrebbero sommersi di console perdendosi un business del genere. Forse non sarà il 19 novembre, ma al più tardi la settimana seguente. Mi sbagliavo.
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