Lo ammetto: visionare L’esercito delle 12 scimmie durante il periodo delle festività natalizie non si è rivelata un’idea particolarmente brillante. Nel suo voler affrescare una distopia angosciante il film risulta terribilmente efficace, per alcune azzeccate soluzioni visive e per una rappresentazione fatalista del futuro umano, che qui trova la sua unica redenzione in una improbabile storia d’amore fra i protagonisti (che bello quando posso indicarti riferimenti culturali che non citi, cosa abbastanza rara: il film è ispirato, in tanti passaggi strettamente, al cortometraggio del ’62 La Jetée, ndMario)(corto che, a sua volta, deve ben più di qualcosa a Vertigo, di Alfred Hitchcock, ndA). La pellicola si avvale di canonici quanto ineludibili paradossi temporali e di una performance di Bruce Willis al top, coadiuvato da un Brad Pitt giovanissimo ma superbo, e dal sempre ottimo Christopher Plummer, che purtroppo gode di uno screen time davvero esiguo. Il risultato complessivo è quello di un’opera matura; parliamo di un capolavoro capace di stimolare profonde riflessioni… e di generare uno stato depressivo in grado di perdurare nel tempo (!), e dunque non proprio adatto per il clima di serenità che – di base – ricercheremmo dopo l’anno appena trascorso.
E il nesso con i videogiochi? Semplice, il codice a barre collocato sul lato sinistro della nuca rasata del protagonista. Il collegamento con l’Agente 47 è quasi immediato: chiunque abbia adorato l’assassino calvo partorito dagli sviluppatori di IO Interactive non può non aver notato il tatuaggio rivelatore, ma parliamo di una venialità che rientra chiaramente nella categoria di “puro e semplice omaggio”.
12 SCIMMIE… E UN PIPISTRELLO
Diverso è il discorso se prendiamo in esame la sequenza che si svolge nel sanatorio. In questa aula asettica, lattescente, ove quasi possiamo fiutare il profumo del disinfettante mescolato con il pungente aroma dell’insania, Jeffrey Goines (Brad Pitt) fa da Cicerone a James Cole (Bruce Willis). Ebbene, si possono trovare tracce ben evidenti di questa sequenza nel pur ottimo Batman: The Telltale Series.
la scena del sanatorio in Batman: The Telltale Series ricorda quanto visto in 12 Monkeys
SCHELETRI NELL’ARMADIO
Scorgere oggigiorno, nei propri titoli preferiti, omaggi o addirittura scopiazzature di pellicole più o meno note era forse inevitabile: nel momento stesso in cui la tecnologia legata ai videogiochi ha consentito di travalicare i “limiti” imposti dalla pixel art, nell’istante in cui il medium ha deciso di emergere dal “sangue fino alle ginocchia” proprio dei titoli à la DOOM, e dunque di dare fiato alla narrazione, è sembrato “logico” ricorrere a quanto già raccontato e affrescato dal Cinema (o dal piccolo schermo).Forse questo espediente viene usato per agevolare l’immedesimazione del giocatore che riconosce, magari a livello subcosciente, elementi a lui già noti e dunque si cala con maggiore facilità in un contesto che gli è in qualche modo familiare. Forse, più banalmente, si cerca di cavalcare l’onda del successo, auspicando che un’opera in ispirata a un classico cinematografico generi un ritorno finanziario maggiore o in qualche modo “sicuro”. O magari, prendere in prestito situazioni, elementi scenici e spunti narrativi è una comoda scorciatoia intrapresa dagli sviluppatori per semplificare il lavoro… magari quando scarseggiano le idee!
nell’istante in cui il medium ha deciso di dare fiato a narrazione e regia
è sembrato “logico” ricorrere a quanto già raccontato dal cinema
Uno degli esempi più validi di quanto appena detto risale al misconosciuto Faust: I sette giochi dell’anima, datato 1999. Il titolo, sviluppato da Arxel Tribe e Anne Carrière Multimedia ed edito da Cryo Interactive, è un vero e proprio esperimento artistico, un’avventura grafica con spostamento negli ambienti in stile Myst.
il modello 3D di Mephistopheles in Faust è il grande attore George Sanders

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