LA VARIETÀ È FONDAMENTALE PER UN GIOCATORE, NE È ALLA CONTINUA RICERCA, SENZA DI ESSA PARTONO IMMEDIATAMENTE LE PROTESTE
E nemmeno io sono immune da questo malcostume. Aver mantenuto più o meno la stessa corporatura di sempre mi ha permesso di avere nell’armadio jeans acquistati più di venti anni fa, ai quali sono molto affezionato. Scoloriti, esausti, logori e strappati sotto il cavallo, al pari di molti boxer, retaggio di una vecchia abitudine di sistemarmi in continuazione i gioielli. Quando usciamo a cena, mia moglie mi raccomanda sempre di non vestirmi come un “pordiosero”, un mendicante, figura nella quale non mi riconosco minimamente. Non saranno pantaloni all’ultima moda, ma vanno benissimo, e poi una volta accomodato al tavolo, protetto con tovaglia e tovagliolo da sguardi indiscreti, chi mai si renderebbe conto se i miei generosi attributi facessero capolino dalla tela sbrindellata per adagiarsi placidamente sulla sedia? Non ho tempo né voglia di girare negozi a fare shopping, tantomeno di riempire carrelli virtuali impazzendo dietro a taglie, vestibilità, spedizioni e politica sui resi. Ma quando devo configurare l’outfit a Fortnite, mi trasformo. Passo più tempo a provare le varie combinazioni che a giocare.
La skin con la variante ottenuta completando quell’evento difficile, unita al piccone sbloccato nella prima stagione per far vedere che sono un veterano, e lo zainetto facente parte di quel pack che costava più di un blazer di Gucci per distinguermi da quelli che approfittando del free to play non sganciano un V-Buck manco a torturarli. E se la maggior parte delle volte esco di casa senza nemmeno guardarmi allo specchio, guai se nella configurazione del personaggio nei nuovi giochi non posso impostare anche il pH del sudore delle parti intime. Non posso mica andare in giro per un open world con un aspetto random.
Siamo dunque esagerati? No, siamo dei sognatori