Accessibilità contro Difficoltà, ancora

La questione che contrappone accessibilità e difficoltà resta sempre lì, a pelo d’acqua, e si ripropone tipo peperonata in piena notte ogni volta che esce un gioco dal livello di sfida sopra la media, di quelli capaci di minare le certezze anche di giocatori navigati, seguiti da news tipo “solo l’1% ha superato il tutorial”. Chi “ormai c’ho famiglia”, chi “voglio solo spegnere il cervello”, quelli dalla bestemmia facile, senza pazienza o semplicemente senza la (rispettabilissima) voglia di farsi prendere a ceffoni da un videogioco, ma anche il contrario, i masochisti, gli studiosi del gameplay, gli “skillati” che vogliono guardare tutti dall’alto al basso; tutti nella mischia, con le proprie idee ed esigenze. E attenzione, qua non si fa la morale a nessuno, però il discorso sta diventando parecchio interessante da approfondire, oltre che polarizzato tra due fazioni ben distinte: da una parte i cultori dell’easy mode, dall’altra i puristi della visione originale e monolitica dello sviluppatore.

accessibilità difficoltà

Devo ammettere che Sifu mi ha fatto innamorare. Duro come il cemento ma estremamente corretto verso il giocatore, fin da subito.

Ormai non si sottintende più alla sola produzione From Software, che ha decisamente rinverdito la questione, ma anche di Returnal, Sifu, passando per DiRT Rally. Intanto bisogna scindere due cose spesso confuse e mescolate, accessibilità e livello di difficoltà. Prendiamo Sifu, esempio recente; l’opera Sloclap è un modello di accessibilità, i controlli sono intuitivi, reattivi, semplici da assimilare, “rimappabili”, ha un tutorial intelligente ed è quasi del tutto privo di inconvenienti tecnici invalidanti (eccetto una telecamera occasionalmente fastidiosa). Questo è un punto di partenza fondamentale, perché mette il giocatore nella condizione di avere tutto a portata di pad, instaurando un rapporto onesto e sincero. Da questo momento nasce un’altra relazione, quella tra la difficoltà “per design” (costante inferiorità numerica, rapidità degli attacchi nemici, danni) e la capacità del giocatore di migliorare di conseguenza, applicarsi, apprendere, sempre più rapido a leggere le animazioni, a sfruttare le sfumature del combat system, anticipare la parata/schivata, fare crowd control.

LA DIFFICOLTÀ, IN ALCUNI CASI, NON È SOLO IL CRUCCIO DI UNO SVILUPPATORE MA ANCHE VOLONTÀ DI TRASMETTERE UN MESSAGGIO

Ecco, io in questo caso non sarei d’accordo sull’introduzione di una modalità “facile”, non per una questione di principio (perché non mi cambierebbe niente personalmente, la ignorerei e basta), ma perché si rischierebbe di finire il gioco tanto per sbloccare un trofeo (sto semplificando), arrendendosi ai primi KO, piuttosto che assimilare e approfondire il messaggio ludonarrativo degli sviluppatori, basato appunto sul concetto di padronanza delle arti marziali e del tempo necessario per arrivare a certi livelli. Tanto più che Sifu è un gioco particolarmente breve in teoria, praticamente un’evoluzione naturale dei beat ‘em up arcade. D’altronde la difficoltà non è più una necessità proprio da quando è stata slegata dal gettone, diventando una scelta, un modo di intendere il videogioco che ha portato alla sua evoluzione, trasformandosi tanto in Animal Crossing quanto in Demon’s Souls.

accessibilità difficoltà

Io sono un ex detrattore del modus operandi From Software, ma col tempo (e soprattutto con Sekiro), sono riuscito ad entrare in sintonia con le richieste di Miyazaki.

Proprio l’opera che ha portato alla ribalta Hidetaka Miyazaki è invece un esempio di difficoltà legata a una scarsa (e in parte assolutamente pianificata) accessibilità iniziale, o meglio, oscurità. Un mito nato proprio attorno al non detto e al non spiegato, dove il giocatore era gettato quasi inerme in balia degli eventi, scoprendo sulla propria pelle quali fossero i pericoli di un mondo incredibilmente ostile, al quale si aggiungevano problemi tecnici e di design a volte determinanti per le sorti del giocatore. Un’opera grezza che ha trovato terreno fertile in chi era disposto al compromesso, un successo impronosticabile per certi versi, soprattutto in un momento dove l’industria aveva preso una direzione opposta, ludicamente inclusiva e tecnicamente sfavillante. E la fama crescente di From Software ha fatto arrivare le loro opere anche in mano ai meno pazienti, con mal di pancia palpabili che hanno seguito le uscite di Bloodborne, Sekiro e adesso Elden Ring. Ma allora chi ha ragione, l’autore o chi vorrebbe qualcosa di tagliato sulle proprie esigenze? Partiamo dal presupposto che bilanciare vari livelli di difficoltà non è facile e spesso ci si ritrova davanti a gameplay pasticciati, artificialmente condizionati da parametri che mancano il bersaglio, partendo da modalità “facili” semi-automatiche, mosce, prive di qualsiasi stimolo ad altre “difficili” semplicemente perché i danni nemici sono sparati a mille senza alcun bilanciamento ulteriore (vero Fire Emblem?). Una soluzione quasi perfetta in questo senso l’ha trovata Naughty Dog in The Last of Us: Part II, dove a livelli di difficoltà preimpostati se ne aggiungeva uno personalizzato, con il giocatore libero di gestire vari parametri. Io ad esempio scelsi di aumentare al massimo l’IA dei nemici ma anche di aumentare il numero di munizioni, trovando così un’esperienza assolutamente adatta alle mie esigenze e spettacolare (un mix di accessibilità e difficoltà da applausi). Una soluzione credo più o meno facilmente applicabile anche ai titoli From, inserendo magari la possibilità di alzare/abbassare i danni inflitti/subiti, ma che semplicemente Miyazaki non è interessato a inserire, perché andrebbe contro la sua visione, modificherebbe inevitabilmente le emozioni che lui vuole trasmettere attraverso un gameplay che è esso stesso racconto, e quindi immutabile. È un muro, una filosofia che respinge e che trasforma la volontà del giocatore in un fattore determinante, ma va accettata. Semplificare sarebbe come cambiare protagonista a The Last of Us a fine sviluppo senza adattare la sceneggiatura, o mettere le soluzioni agli enigmi di The Witness.

SUPER MARIO HA UN APPROCCIO PARTICOLARE, È ADATTO A TUTTE LE ETÀ, MA I LIVELLI EXTRA E LE SEZIONI ENDGAME NON SONO PER DEBOLI DI CUORE

Dalla parte opposta c’è invece Super Mario, simbolo dell’approccio di Nintendo al tema. Neanche lì la difficoltà è selezionabile, ma l’ingresso estremamente morbido nei suoi mondi, 0-99, adatto a tutte le età, permette ai designer di nascondere la sfida nei posti che il giocatore navigato, “hardcore” (che è una parola che piace tanto) o semplicemente curioso, sa dove trovare, passando da opzionale a fondamentale a seconda di chi ci sta mettendo mano. Sapiente distribuzione dei collezionabili, livelli extra “estremi” ed endgame piccantissimi (il lavoro sulla run di Luigi in Galaxy è per me ancora qualcosa di strabiliante) contribuiscono alla stratificazione della sfida, i cui sapori si amalgamano in maniera omogenea diventando tutt’uno col sistema di controllo. Idee diametralmente opposte di un medium totalmente fluido e malleabile.

Super Mario è “il gioco per tutti” per eccellenza, anche grazie a una fantastica stratificazione della sfida.

Il punto finale è che la difficoltà percepita è spesso proporzionale al tempo e alla voglia che ognuno ha di approfondire un gioco, decisamente più che alla mera abilità, esperienza o feeling verso un determinato genere. Un problema soggettivo che spesso di vuole far passare per oggettivo. La visione dello sviluppatore, in assenza di evidenti errori di design e/o magagne tecniche resta sacra e, per esperienza, basterebbe un minimo di impegno in più per capire un’opera che al primo impatto pare invalicabile, fuori dalla nostra portata, addirittura scorretta. Il videogioco non è obbligato a venirci incontro come noi non siamo obbligati a subirlo e, in primis, acquistarlo, anche per questo è importante essere giocatori consapevoli.

Articolo precedente
Call of Duty Vanguard Warzone Season 2

Call of Duty: Vanguard e Warzone – Analisi Stagione 2

Articolo successivo
the games machine tgm 389

TGM 389 – Marzo 2022

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata