Videogiochi in cerca di autore

Nell’industria dei videogiochi abbiamo un problema. Oddio, in realtà ne abbiamo parecchi, ma quello su cui voglio soffermarmi con questo editoriale è un problema di cui solo nell’ultimo periodo ci stiamo – finalmente – accorgendo. Non riusciamo ad attribuire a un autore (o anche a più di uno) la paternità dei videogiochi che sviluppa.

editoriale videogiochi autore aperturaLo spunto per questa riflessione mi è venuto discutendo della questione che sta coinvolgendo ZA/UM in queste ultime settimane. I dettagli della faccenda li trovate qui, ma per farla molto breve vi basta sapere che la nuova proprietà dello studio estone ha licenziato alcune delle figure chiave del team che ha dato i natali a Disco Elysium: la scrittrice Helen Hindpere, l’art director Aleksander Rostov e il game director Robert Kurvitz. Di fatto queste tre persone sono state tagliate fuori da qualsiasi possibile, anzi molto probabile, sequel dell’opera che hanno contribuito a creare. Da qui sono poi partite denunce reciproche da parte dell’attuale CEO di ZA/UM che giustifica i licenziamenti con accuse di comportamenti tossici, mentre dall’altro lato della barricata il game director Robert Kurvitz punta il dito contro lo stesso CEO, il quale si sarebbe impossessato della compagnia con metodi poco leciti. Posto che non spetta né a me, né a qualsiasi altro commentatore stabilire chi abbia ragione e chi torto (eventualmente ci penserà un tribunale), a darmi fastidio in tutta questa faccenda sono stati alcuni comportamenti della stampa e delle personalità dell’industria.

nel 2019 tutti noi abbiamo celebrato Disco Elysium come uno dei migliori videogiochi dell’anno

Provo a spiegare la mia posizione. A parte pochissime testate in giro per il mondo, nessuno si è interessato seriamente della questione, nemmeno per ribattere il comunicato dello studio di sviluppo e la lettera aperta degli ex sviluppatori licenziati. Tutto questo si sta svolgendo nel silenzio più totale, eppure nel 2019 tutti noi abbiamo celebrato Disco Elysium come uno dei migliori videogiochi dell’anno. Tre anni fa, più o meno in questo periodo, assistevamo al trionfo del gioco di ruolo estone ai The Game Awards, dove ha ottenuto quattro riconoscimenti su quattro nomination e venne giustamente acclamato sia dalla critica che dal pubblico. Ora siamo nel 2022 e quel gruppo così eterogeneo di persone che, davanti a decine di milioni di spettatori, ringraziava Engels e Marx in diretta streaming lo abbiamo subito rimosso dalla memoria. Nessuno ha speso una parola nei loro confronti, nemmeno quel Geoff Keighley che dice di voler rappresentare e celebrare l’industria si è degnato di buttar fuori mezzo tweet sulla questione. Helen Hindpere, Aleksander Rostov e Robert Kurvitz non esistono, tanto che viene da chiedersi se siano mai davvero esistiti.

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Queste persone esisteranno davvero?

È stata un’allucinazione collettiva? No, semplicemente non ci è mai interessato associare un’opera ai suoi autori, a meno che gli autori non siano personalità mediaticamente spendibili o rilevanti. Sono davvero pochissimi i videogiochi indissolubilmente legati ai loro creatori, e viceversa. Pensate alla saga di Metal Gear: vi è immediatamente venuto in mente il faccione di Hideo Kojima? Neil Druckmann è un’altra personalità di spicco dell’industria che ha legato il suo nome ai due The Last of Us. Anche Hidetaka Miyazaki e Cory Balrog sono due esponenti fortemente associati alle opere che hanno diretto, tant’è che sia Dark Souls 2 che il recente God of War: Ragnarok vengono considerati dei capitoli apocrifi dal momento che il rispettivo coinvolgimento di queste due personalità è stato minimo (se non nullo). Eppure, tolto forse il caso di Kojima, questi nomi sono perlopiù sconosciuti al grande pubblico.

Per quale motivo non è successo lo stesso nel caso degli autori di Disco Elysium?

È un problema perché nel momento in cui non conosciamo chi ha firmato un’opera, non solo la stessa opera perde di valore, ma l’intero medium videoludico ne risente, soprattutto quando si verificano delle vicende come quella che ha coinvolto ZA/UM. Voglio fare ancora una volta il nome di Kojima perché quello che sta succedendo a Rostov, Kurvitz e Hindepere è successo qualche anno fa anche all’autore di Metal Gear, con le dovute differenze. Ricorderete che all’indomani della pubblicazione di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain si verificò uno strappo piuttosto pesante tra Konami e lo stesso Kojima, con quest’ultimo che venne estromesso dalla sua opera: addirittura il publisher arrivò a cancellare il suo nome dalle copertine del gioco. Ancora oggi non si conoscono i motivi reali di questo divorzio, ma tutta l’industria fece subito quadrato attorno al game designer giapponese, tant’è che pure Geoff Keighley in quel caso si mosse in prima persona a difesa di Kojima. Per quale motivo non è successo lo stesso nel caso degli autori di Disco Elysium?

La mia risposta è che nell’industria dei videogiochi diamo molta più importanza al marchio, al publisher, alla compagnia di sviluppo, piuttosto che alle persone che materialmente danno vita a un’opera. Nel momento in cui viene annunciato un videogioco, immediatamente ci diciamo “ecco il nuovo titolo di Remedy Entertainment”, non “ecco il nuovo videogioco di Mikael Kasurinen”. Non sapete chi sia Mikael Kasurinen? Non è colpa vostra, ma nostra. Spetta a noi dare più importanza alle persone piuttosto che alle compagnie. Dobbiamo essere noi della stampa a informare il pubblico, ma questo non può avvenire se tali dettagli non vengono riportati nemmeno nei comunicati ufficiali. Restando su Remedy: da poco è stato annunciato Control 2 ma non sappiamo chi sia effettivamente coinvolto nello sviluppo. Sarà diretto ancora una volta da Kasurinen? Troveremo Sam Lake alla scrittura? Chi sarà il o la producer? Queste informazioni di rado vengono comunicate dalle compagnie, le quali sembrano avere una paura tremenda di dare rilevanza alle persone coinvolte nei progetti.

Ve li immaginate gli Oscar che nella categoria “miglior regista” scrivono solo il titolo del film e il produttore, ma non il regista? Invece ai The Game Awards si fa così.

È un problema, ed è anche un problema bello grosso, perché il videogioco non potrà mai ambire a diventare un’opera d’arte se non si dà la sacrosanta importanza alle persone che vi stanno dietro. Un’opera deve essere indissolubilmente legata ai suoi autori, e viceversa. Così come Quarto Potere è un film di Orson Welles, La Divina Commedia è un poema di Dante Alighieri e La Pietà è una scultura di Michelangelo Buonarroti. Di chi è Disco Elysium? “Di ZA/UM” non può essere l’unica risposta.

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