I menu di Company of Heroes 3 sono il sintomo dell’industria

In questi giorni sto giocando al multiplayer di Company of Heroes 3 e, bilanciamento a tratti un po’ balzano a parte, mi sta piacendo davvero un sacco. Sapete però cosa non mi sta piacendo per niente? I suoi menu.

company of heroes 3 menu

L’arrivo di un nuovo RTS sul mercato, soprattutto se questo appartiene alla categoria dei tripla A, non può che riempirmi di gioia. Certo, non ho mai davvero creduto alla narrativa che parla di morte degli strategici in tempo reale, tanto diffusa a partire circa dal 2010 in poi, ma è allo stesso tempo innegabile che rispetto al periodo a cavallo fra fine anni ‘90 e primi anni Duemila comandare eserciti sui campi di battaglia senza che questi si fermassero a riposare ogni turno è diventato un passatempo sempre più di nicchia. Con gioia ho accolto anche l’arrivo di Company of Heroes 3, anche se qualcosa ha adombrato la mia felicità. E no, non sto parlando dello spam di Fallschirmpioneers.

COMPANY OF HEROES 3, QUANTO MI FAI SOFFRIRE…

Come anticipato in apertura, il problema che ho con Company of Heroes 3 sono i suoi menu. Oh, mi rendo conto che può sembrare una stupidaggine eh, perché uno dice sì ok ma chi se ne frega a me i giochi interessa giocarli, e ha senso, anch’io le mie 70 ore sul gioco ce le ho passate e sicuramente ce ne passerò tante altre. Però vi giuro che il mio discorso ha senso. Partiamo proprio dall’inizio, dalla prima schermata che ci si mostra davanti e cioè il menu principale, facendo il confronto con quello di Company of Heroes 2, uscito nel 2013 e ovviamente aggiornato varie volte da allora:

Insomma, sarete d’accordo che il paragone non è esattamente a favore di Company of Heroes 3, no? E non è neanche solo una questione estetica (anche se: in Company of Heroes 2 cliccando sul simbolo della fazione in alto a destra e cambiandolo, si modificherà anche lo sfondo animato e il tema musicale, spettacolo), con l’ultima release di Relic Entertainment che mostra una spaventevole pochezza di opzioni e informazioni. Chiarisco: le opzioni quelle tecniche ci sono bene o male tutte, mi sto riferendo sopratutto a quelle lato giocatore. Per esempio: non è possibile vedere una lista, nemmeno semplificata, degli ultimi match giocati, funzionalità pressoché ubiquitaria nei giochi multiplayer. Più in generale, dal client non è possibile vedere dettagli sulle nostre statistiche, né sugli achievement sbloccati (che in CoH 2 erano presentati sotto forma di medaglie e nastrini, in tema con il resto). È possibile vedere la nostra posizione nella ladder e il nostro rating diviso per specifiche modalità di gioco solo tramite un sito esterno, funzionale ma anche in questo caso povero di informazioni.

ANCHE RESTANDO SOLO NEL CAMPO DI ALTRI RTS SVILUPPATI DA RELIC , IL CONFRONTO NON FA DAVVERO NESSUN FAVORE A COMPANY OF HEROES 3

L’esperienza fatta con Age of Empires 4, anch’esso sviluppato da Relic Entertainment in cooperazione con World’s Edge, non può che far sentire fortissima la mancanza di un modo rapido e pratico di accedere al tech tree delle varie fazioni, cioè un punto dove trovare schede dettagliate dei vari edifici a disposizione di Alleati e Asse, delle unità che possono produrre e delle loro statistiche, costi in risorse e ruoli. Non c’è nulla di tutto questo in Company of Heroes 3, o meglio, qualcosa c’è: selezionando l’opzione Equipaggiamento potremo decidere quali cosmetici assegnare alle unità di ciascuna fazione, e questo naturalmente ci permette anche di vederne una lista. Senza statistiche o dettagli, però, e nemmeno completa: quelle che non vengono create dalle strutture di produzione ma tramite abilità specifiche non ci sono, quindi per esempio niente Commando SSF degli americani o Panzerjager del DAK. Addirittura, alcune unità non hanno le loro icone: il Grant britannico per esempio in questo menu si presenta come uno Sherman, mentre al posto della Kradschutzen del DAK troviamo la Kubelwagen di Company of Heroes 2. In genere, il riutilizzo di icone del precedente gioco è molto diffuso: per carità, se un’icona è fatta bene e funziona ancora a livello comunicativo nulla di male nel riutilizzarla, ma qui siamo davvero a livelli che rasentano l’onnipresenza. Chiudo con un ultimo dettaglio: quando ci mettiamo in coda per una partita multiplayer, a parte non poter consultare le abilità dei vari Battlegroup, non appare nemmeno l’indicatore che segna la percentuale di giocatori in coda per una partita divisa fra i due schieramenti (Asse e Alleati), funzionalità presente in Company of Heroes 2 e utile a capire se magari ci conviene cambiare schieramento per trovare un match in tempi più brevi.

IL PROBLEMA NON È SOLO DI RELIC ENTERTAINMENT

Ripeto: problemi simili non sono cruciali. Il gioco è divertente, e menu brutti e incompleti non cambieranno questa cosa. Ma sono anch’essi parte dell’esperienza, e considerato che ci troviamo di fronte a un prodotto creato da una delle aziende leader nel settore degli RTS, nonché di un nuovo capitolo di una delle saghe strategiche più amate del genere, una presentazione del genere è quasi inaccettabile, giustificabile nel caso di un titolo a basso budget, non di uno il cui obiettivo era quello di essere “il miglior gioco sulla Seconda Guerra Mondiale di sempre”. E non me la sento nemmeno di prendermela eccessivamente con gli sviluppatori di Relic Entertainment, a essere onesto. È evidente che Company of Heroes 3 ha avuto problemi nel corso dei lavori, esemplificati non solo dal rinvio della sua data di lancio ma anche dalle altre criticità presenti nel gioco, che non si limitano certo solo a menu insoddisfacenti: nella mia recensione, per esempio, parlavo di come l’IA non sia certo il massimo, e vista la quantità di contenuti singleplayer presenti questo non è certo un difetto trascurabile.

Ciò che fa davvero tristezza però non è che i lavori di sviluppo abbiano incontrato ostacoli; questo penso che sia più o meno inevitabile in qualunque tipo di progetto che richiede anni di dedizione. Quello che fa tristezza, piuttosto, è che Company of Heroes 3 sia uscito nei negozi in uno stato peggiore rispetto a quello che avrebbe potuto essere, perché come ho già detto al di là di tutto questo, di tutte le critiche, la grandezza si vede, si vede che il gioco è stato fatto da gente che conosce il suo mestiere. Forse sarebbe bastato qualche tempo in più per farlo risplendere come meritava. E, insisto, mi viene davvero difficile farne una colpa a chi al gioco ha lavorato: perché io sono sicuro che negli uffici di Relic chi ci ha messo mano fino all’ultimo sarà stato consapevole delle icone placeholder, della mancanza di funzionalità importanti come i replay, dell’IA incapace di usare tutti gli strumenti a sua disposizione nella campagna dinamica.

EVIDENTEMENTE UN ALTRO RINVIO NON SAREBBE STATO ACCETTABILE

Ma evidentemente un altro rinvio non sarebbe stato accettabile. È la solita questione, quella che per usare un termine che farebbe accapponare la pelle a un certo regista italiano si potrebbe definire trita e ritrita: e cioè la tendenza al “release it now, fix it later”, sempre più diffusa di questi tempi. L’abbiamo vista, per esempio, con Callisto Protocol. Atomic Heart aveva i suoi problemi al lancio, inclusi prompt dei tasti errati. Warhammer 40,000: Darktide era un mattone assurdo. Sackboy: Una Grande Avventura sopra i 60 fps impazziva. Ma sono sicuro che di esempi, senza andare a scomodare Cyberpunk 2077, ce ne sono tanti e sicuramente chi sta leggendo ne avrà in mente almeno un paio oltre a quelli che ho già elencato. E proprio l’esperienza di CD Projekt RED, che ha dovuto passare un anno e mezzo a sistemare il gioco, aveva fatto sperare che gli altri studi avessero adottato un cambio di paradigma, che nessuno volesse rischiare che il loro gioco diventasse “il nuovo Cyberpunk 2077” (in negativo). E invece non è stato così, non abbastanza.

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