Ho un bias verso Expedition 33 – TGM L'Opinione

Clair Obscur: Expedition 33

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Ho un bias verso Expedition 33 – TGM L'Opinione

Non ci sono buoni motivi per avere pregiudizi, ma i pregiudizi nascono per un motivo. Anche quelli positivi. Diciamolo, Clair Obscur: Expedition 33 è stato subito simpatico così, di petto, a moltissimi giocatori e anche a me ha toccato rapidamente tutti i punti giusti. Perché? Beh, nel mio caso, si è proposto con uno stile artistico sognante che non vedevo da un po’ e per trovare qualcosa di adiacente devo andare a disturbare Folklore, una delle mie grandi nostalgie. Uno dei tanti giochi finiti in un immeritato oblio.

E quindi mi siedo e mi lascio andare, che altro vuoi fare?

Comunque, qualche tempo fa la neonata Sandfall Interactive annuncia questo gioco dal titolo pomposo, Clair Obscur: Expedition 33. A pronunciarlo lentamente scandendo ogni parola prende 10 secondi. Di solito come opera prima cerchi una parola catchy, veloce, facilmente markettabile. Invece no, l’atmosfera si proponeva con un approccio “sedetevi e lasciatevi andare”, con una direzione artistica di raro gusto. Pittorica, sognante, metafisica. Un’opera prima che fa quello che vuole, insomma.

Poi scopro, nella seguente 3 hit combo che:
– è un JRPG-like classico a turni
3 dei fondatori e sviluppatori principali sono ex Ubisoft
– buona parte degli altri sviluppatori sono alla prima esperienza

Avete presente il meme della progressiva elevazione spirituale? Ecco.

“I JRPG classici non vendono”

O così si era soliti leggere per un periodo, quando Final Fantasy decise di intraprendere alcuni esperimenti arditi. Ormai il mondo del gaming ha ampiamente dimostrato il contrario, ma c’è stato un momento in cui non si è riusciti a separare l’avanzamento grafico del gaming dai sistemi di gameplay datati. Come se lasciarsi alle spalle i turni fosse una prova di maturità, una fase che prima o poi si supera.

C’erano anni in cui anche dai grandi big dell’industria potevi aspettarti il gioco stravagante

Non sono stato un grande fan della direzione full action di FFXVI, che va a rinunciare qualsivoglia elemento tipico dei JRPG. Da un lato va a riprendere alcune suggestioni del Final Fantasy “medievale” che andava mancando nella serie da un po’, dall’altro lo va a interpretare con situazioni alla Kaiju che boh, lì l’ho un po’ perso.

expedition 33

Ho capito che non è una vacanza, ma ho apprezzato di più questi momenti che non i titani.

Sempre parlando di remake in casa Square Enix, uno dei più rumoreggiati e desiderati dal pubblico è quello di Final Fantasy IX, che usa i tipici archetipi di una favola tra cavalieri, ladri gentiluomini e principesse. E aveva un classicissimo sistema a turni con ATB, privo del bizzaro sistema Junction introdotto dal predecessore, sua croce e delizia. Facciamoci una domanda sui cosiddetti “sistemi vecchi” e speriamo che al prossimo turno arrivi una risposta.

Forse a volte sono gli obiettivi di vendita a essere irragionevoli

Forse a volte sono gli obiettivi di vendita a essere irragionevoli, che poi è una conseguenza dei costi di sviluppo che lievitano come panettoni. Ma deve essere per forza così?

Le JRPG français.

Clair Obscur si presenta come un gioco tripla A, il colpo d’occhio è notevole. Ma sebbene i costi di sviluppo non siano ancora stati dichiarati al dettaglio, il suo prezzo di lancio va in controtendenza rispetto ad alcune botte recenti da ottanta o novanta euro. Il gioco si presenta con il prezzo di listino del solito cinquantone, come d’abitudine. Ci fu anche chi prese questa scelta come una confessione, come se il gioco volesse collocarsi nella fascia media. Invece l’opera è ricchissima di contenuti, se la batte con i nomi più grossi dell’industria e ha un prezzo sotto la media. Se due più due fa quattro, allora questo significa che anche la produzione è costata meno di quella di illustri colleghi.

Ubisoft ha perso la fantasia?

Questa domanda è mia, ma penso sia abbastanza condivisa. Diciamolo, Ubisoft ha trovato diversi modi di rendersi poco simpatica negli anni, sia con il voler farci abituare a non possedere i giochi, sia per il metodo di produzione “a pipeline” con i vari franchise che tendono ad assomigliarsi tutti. E girano chiacchere attorno a un totale di 9 capitoli di Assassin’s Creed già pianificati.

ti puoi lanciare con un cambio carriera, perché vuoi fare proprio quel progetto

Non so voi, ma a me un simile dato mette profondo disagio e lo farebbe anche se fossi ancora appassionato della saga. Dopo tanti anni così perdi le speranze di vedere qualche passion project uscire da lì e con buone ragioni. Però ci eravamo forse dimenticati che andare a fare videogiochi e in generale, lanciarsi in discipline artistiche, richiede un fuoco particolare. Non è un lavoro comune che bene o male trovi, o in cui comunque ti puoi lanciare in poco tempo con un cambio carriera. Lo fai perché vuoi fare proprio quello.

expedition 33

Non è da tutti.

Expedition 33 risponde a una domanda che molti non si facevano da un po’: che succederebbe se Ubisoft si lasciasse andare un po’, come ai vecchi tempi in cui, in mezzo ai vari giochi “sicuri” a tema Tom Clancy, uscivano le stravaganze quali Red Steel 2, Beyond Good & Evil, Rayman?

Un concept troppo importante per lasciarlo nel cassetto

Beh, non risponde a questa domanda in particolare, vero. Non è un gioco Ubisoft. Ma i fondatori di Sandfall Interactive si sono forgiati proprio lì dentro. E hanno deciso che questo progetto è troppo importante per lasciarlo in un cassetto, aspettando, forse in eterno, che l’azienda in cui lavorano approvi un’idea così fuori dall’abitudine, così estrosa, così “rischio che non parli a tutti”. Dopotutto, l’ultima volta che in Ubisoft è nato un gioco con combattimenti a turni è arrivata col piccolino (ma dal cuore grandissimo) Child of Light.

Expedition 33, il fuoco dell’inesperienza

Decisero di rischiare. Decisero di affermare il proverbiale “e allora ce lo facciamo per conto nostro”. Il risultato è sulle nostre tastiere. Non solo: anche il compositore musicale Lorien Testard viene dal sottobosco, alla sua prima esperienza con un progetto di questo calibro.
Un artista che fa le sue cose e le pubblica su un forum, sperando che piacciano. Beh, sono piaciute proprio al director di Expedition 33, che non ha esitato a contattarlo. Un gioco francese fino al midollo, da sviluppatori che amano i videogiochi giapponesi, con un’idea chiara e un piano produttivo che intendono portare fino in fondo.

Tanto vale giocare con le carte che abbiamo.

Ed è forse questa la collocazione finale di Clair Obscur in questi anni turbolenti di questa pazza industria: al di là di coprire i vuoti lasciati da Final Fantasy, al di là di aver trovato abbastanza sponsor da diventare un progetto di alto profilo, al di là di aver tappato tanti buchi in un colpo solo. E al di là di essere arrivato nel momento storico in cui molti giocatori le avevano un po’ piene di sentir parlare di acquisizioni, azioni, licenziamenti, piani produttivi e non di giochi.

Expedition 33 suona, semplicemente, come un gioco che gli sviluppatori per primi volevano giocare

Expedition 33 suona, semplicemente, come un gioco che gli sviluppatori per primi volevano giocare. Che fa le cose sue senza guardare in faccia nessuno e al tempo stesso omaggia i suoi maestri senza alcun timore di apparire derivativo. Io torno a perdermi nei quadri della trentatreesima spedizione. Quello che auguro a sviluppatori con idee inespresse è di trovare un gruppo con un’energia simile a quella di Sandfall Interactive. Sicuramente non sono stati i primi a staccarsi dal “lavoro sicuro” per inseguire la propria vocazione, sicuramente è rischioso, sicuramente tanti altri non ce l’hanno fatta pur con le migliori intenzioni e i più intensi sforzi. Ma l’alternativa è la certezza di lasciare il potenziale inespresso.

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