Quando la VR si chiama Resident Evil

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Le parole del nostro Dan Hero su Resident Evil 7 in VR mi hanno colpito e rassicurato, a fronte del suo sconfinato amore per la storia e la tradizione classica dei videogiochi: lui non è un fanatico della VR come me, che pure mi sono sforzato di risultare obiettivo nella rubrica che abbiamo varato insieme, ed è quindi la perfetta cartina tornasole (una gigantesca cartina tornasole, tra l’altro, per livello intellettuale e stazza) del fatto che questa generazione VR può anche mancare di definizione d’immagine, o peccare per l’invasività fisica dei visori, ma risulta comunque straordinaria una volta esaltata dai giusti valori produttivi.

Buoni concept e alti valori produttivi non sono sostituibili, nemmeno con la VR più immersiva al mondo

Talvolta, da PCista possessore di Oculus e HTC Vive, il lancio di PlayStation VR mi ha fatto persino innervosire, specie quando sentivo sottolineare da questo o quel collega (stimati personalmente, mica cretini) l’enorme comodità di utilizzo del visore Sony, come se Vive o Oculus costringessero a chissà quale complicatissimo rito tecnologico. Personalmente, ho impiegato meno di un’ora a “costruire” (quattro viti) la stanza VR di HTC Vive, per dire, ed è stato magnifico farsi guidare dall’eccellente setup animato per definire lo spazio di gioco, tracciando linee nell’aria con i controller cinetici; Oculus, dal canto suo, si avvicina moltissimo alla comodità plug & play di PlayStation VR, al di là della pur semplicissima installazione del software.

Danilo non mi farà mai venire il nervoso, anche solo perché è un vero animale da videogioco, uno che ha avuto rapporti promiscui praticamente con qualsiasi piattaforma videoludica fin dagli albori del medium. In questi casi non ci sono se e non ci sono ma, nel senso che il nostro Dan si pone davanti alla VR affiancandola lucidamente a qualsiasi altro accessorio tecnologico del gaming, compresi i primi esperimenti sulla Realtà Virtuale: il risultato è stato comunque quello di immergerlo in un’ambientazione d’orrore come nessun altro titolo nella storia è riuscito a fare, semplicemente perché si sono rotti i principali vincoli di percezione. La realtà virtuale fa esattamente quel che promette, anche in semplice Full HD, e come ho avuto modo di dire anche in altri casi, ad esempio quello di Elite Dangerous, esistono esperienze che ripagano in un sol colpo le attese di decenni.

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Newell paragona l’approccio di Valve all’hardware VR al modus operandi di Nintendo

Tra le altre cose, nel primo appuntamento con la VR Machine ci riferiamo anche alle recenti parole di Gabe Newell sulla realtà virtuale, in particolare su tre titoli già in sviluppo internamente a Valve (“titoli completi, non demo”), sicuramente di conforto per gli appassionati. Per molti versi, il tono delle dichiarazioni si avvicina alla serenità di giudizio che vorrei veder applicata alla VR, senza estremi di odio o amore nei suoi confronti: il presidente di Valve paragona il proprio approccio all’hardware VR, in particolare quello co-progettato con HTC, al modus operandi utilizzato da Nintendo per sviluppare software ludico e piattaforme di gioco nello stesso momento. “Questo è qualcosa che Miyamoto ha sempre avuto“, ha detto precisamente Newell, “la possibilità di pensare davvero al dispositivo di input, progettare un sistema mentre si progettano i suoi giochi“.

L’unico dubbio sul ragionamento, casomai, è che l’eccessiva specializzazione dei prodotti VR risulti alla fine troppo aggressiva, fino a polarizzare i risultati tra qualcosa che può rivelarsi del tutto vincente – com’è accaduto con la prima Wii, a fronte di un prezzo d’ingresso molto minore – o perdersi per sempre nel mercato, senza mezze misure. Come vediamo accadere un po’ ovunque, su Steam VR, Oculus Home o PlayStation Store, i prodotti sono spesso esclusivi per l’utilizzo in realtà virtuale, e solo raramente esiste una zona di mezzo in cui le due versioni esistono contemporaneamente. E forse si tratta di un errore, dal momento che i buoni concept e gli alti valori produttivi non sono sostituibili: Alien Isolation era un’esperienza pazzesca sul DK2 di Oculus, Resident Evil 7 lo è oggi su PlayStation VR (per un anno, poi ci sarà il via libera sui visori PC), Serious Sam VR: The First Encounter fa quasi venire le lacrime agli occhi e SUPERHOT si conferma perfettamente nelle corde, come era d’altronde prevedibile. A me sembrano tutt’altro che casi isolati.

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Come da previsioni, la VR si sta dimostrando meno di nicchia su console rispetto al PC

Al momento, per cantare la morte della VR, non esistono nemmeno trascendentali motivi economici. Sony ha illustrato alcuni mesi fa i risultati decisamente positivi al lancio, con più di 50.000 unità vendute tra il 13 e il 16 ottobre 2016, e l’uscita di Resident Evil 7 non può che risultare un’ulteriore spinta per l’appetibilità del gaming in Realtà Virtuale, molto meno di nicchia su console di quanto si stia dimostrando su PC. Per HTC Vive si possono solo ipotizzare delle cifre, in riferimento alla risposta del produttore sul numero trapelato lo scorso ottobre di 140.000 unità vendute, definito da uno dei suoi capoccia molto inferiore alla realtà. Non si sa quasi nulla, invece, dei risultati di Oculus, in linea con un atteggiamento sul mercato particolarmente chiuso e (almeno nelle intenzioni) monopolista.

Quest’ultima considerazione mi fa un po’ paura: la VR su PC ha bisogno di compattezza più che di nuovi investimenti, di far arrivare i migliori prodotti subito su tutti i visori e, magari, ragionare su un taglio condiviso dei prezzi hardware. Altrimenti c’è il rischio che si divertano solo gli utenti PlayStation, con una tecnologia nata e in grado di dare il suo meglio su PC. A me dispiacerebbe un sacco, e forse dispiacerebbe un pochetto anche a Danilo.

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  1. 1.
    A mio avviso e' normale che al lancio di una nuova tecnologia (in questo caso VR), i titoli siano costruiti in modo tale da sfruttare al MASSIMO le peculiarita' della tecnologia stessa e l'effetto WOW, e quindi difficilmente siano godibili SENZA tale tecnologia.
    Per inciso, stamattina ho provato per la prima volta il Sony VR (15 minuti con un demo poco interattivo), e quello che mi ha colpito non e' tanto il 3-D o l'effetto "visuale libera", ma altre cose: l'avvicinarsi di un piccolo dinosauro innocuo (da salto all'indietro), la tentazione di accarezzarlo come un cagnolino, le vertigini "reali" prodotte dall'orlo di un precipizio, e l'effetto immersivo di trovarsi circondati da un gruppo di lucciole (o simili). Una bella esperienza, anche se del tutto insufficiente per un giudizio.

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