Avete mai fatto caso a quanti videogiochi utilizzino la violenza come mezzo di comunicazione e di gameplay? In quasi tutte le opere del passato, presente e futuro bisogna picchiare, sparare, affettare, incenerire, bombardare… insomma, usare la violenza per arrivare ai titoli di coda. Ma ce n’è davvero bisogno?
Lo spunto per questo articolo mi è balzato in mente mentre provavo alcune demo dell’ultimo Steam Next Fest. In particolare mi sono accorto che nell’ultimo periodo preferisco tutti quei videogiochi in cui la violenza, sia fisica che verbale, è ridotta al minimo, se non addirittura assente. Molto spesso la violenza è fine a sé stessa oppure è lì perché deve esserci, perché è il mercato che lo chiede. D’altronde che sparatutto sarebbe se non ci fossero pistole e proiettili?
Si possono creare prodotti interattivi senza che la violenza assuma un ruolo di rilievo
Questi studi indie, ma indie davvero, si pongono l’obiettivo di costruire esperienze nuove che facciano stare bene chi ne fruisce. Sono spesso videogiochi colorati, in alcuni casi affrontano tematiche legate alla sfera queer, ma ciò non significa che non si rivolgano a un pubblico più ampio. Per dire, uno dei videogiochi protagonisti dell’ultimo Wholesome Direct è Afterlove EP, di cui ho scritto proprio diversi giorni fa: ecco, questo è un titolo in cui la violenza non è contemplata, ma vengono comunque trattati temi importanti come la perdita di una persona amata e la depressione.
Ci sarà sempre spazio per i Call of Duty
L’unico mio timore è incarnato nello stato del settore dei videogiochi, dove la sperimentazione è un rischio sempre più grande che sempre meno studi di sviluppo possono permettersi di affrontare. In una congiuntura economica dove è sempre più difficile riuscire a recuperare i fondi per i propri progetti, i videogiochi più particolari – quelli che non si omologano agli standard del settore – rischiano di rimanere schiacciati sotto il peso delle produzioni più grandi. Ed è ovviamente un peccato perché la varietà di proposte, di approcci al gameplay e alla narrazione è ciò che rende il videogioco così unico.
Mi piacerebbe se anche le cosiddette major osassero di più
È una speranza forse vana, me ne rendo conto, d’altronde la violenza nei videogiochi (e non solo) vende. Per il momento devo accontentarmi di un Tunic, dove la violenza porta addirittura al game over, o di un Animal Well, in cui la poca violenza è relegata a strumenti di difesa.