Ho bisogno di più musou

Un videogiocatore non ha forse diritto a menare nemici senza troppi pensieri? No, dice l’uomo di Montreuil. Ha bisogno di centinaia di punti d’interesse sparsi per la mappa? No, dice l’uomo della Silicon Valley. Ha bisogno di NPC, i cui dialoghi siano generati in tempo reale? No, dice l’uomo di Shangai. Ha bisogno di decine di personaggi da sbloccare con un sistema simil-lootbox? Io rifiuto tutto questo: io dico che quello di cui abbiamo bisogno sono più musou.

Musou editoriale

Fino al 2014, quando furono resi famosissimi dal film sui Guardiani della Galassia, Star-Lord, Drax e Gamora erano personaggi minori. Io li ho incontrati la prima volta su Annihilation, una serie di fumetti Marvel in cui loro fanno parte delle forze che si oppongono all’invasione della nostra galassia guidata da Annihilus, un insetto antropomorfo molto arrabbiato e molto potente (in una delle miniserie introduttive ammazza senza tante cerimonie Quasar, che a dispetto del suo titolo di Protettore dell’Universo viene spesso e volentieri dipinto come una pippa). Annihilus viene dalla Zona Negativa, che è una specie di dimensione adiacente alla nostra in cui il passatempo più alla moda è contare i granelli di sabbia, quindi non è strano che i residenti ogni tanto decidano di fare un salto nella galassia dove ci sono il Wi-Fi e altri colori a parte il grigio e il marrone. Insomma, a parte questo, le orde che si trovano ad affrontare i nostri eroi sono davvero immense. E parlandone con un amico anche lui appassionato di videogiochi – e che si farà sicuramente una risata leggendo queste righe – una cosa ci ha trovato immediatamente d’accordo: ma sai che figata sarebbe un musou ispirato a questa storia?

MUSOU CHE VAI, OMEGA FORCE CHE TROVI

Immagino che più o meno tutti i lettori di queste pagine sappiano che cos’è un musou, ma faccio comunque un breve riassunto del genere (e se volete la versione lunga e accurata chiedete a Dan Hero): musou è un termine nato per indicare i giochi della serie Warriors sviluppati da Omega Force, in cui a seconda della serie di riferimento interpretiamo un guerriero dell’epoca dei Tre Regni in Cina o del Giappone Feudale che si butta in un campo di battaglia ed elimina da solo centinaia e centinaia di truppe, dovendo occasionalmente affrontare nemici più impegnativi. È un genere dalla premessa semplice e dalle meccaniche altrettanto semplici: certo, nel tempo ne sono state aggiunte altre, attacchi speciali, cambi di personaggio, cose così, ma nel concreto non sono mai stati giochi che hanno richiesto uno sforzo neuronale particolarmente elevato. Questo significa anche che i musou non si sono costruiti esattamente un grande nomea, anche se il fatto che Omega Force negli ultimi anni ha lavorato anche con IP Nintendo (Fire Emblem e The Legend of Zelda) ha probabilmente aiutato a estendere la popolarità del genere anche al di là della solita nicchia di affezionati.

Musou editoriale

Nonostante sia una serie di tattici, uno spinoff musou di Fire Emblem ha perfettamente senso vista la potenza dei suoi protagonisti!

E quindi, perché proprio i musou? Se questo sottogenere degli action non è neanche così popolare, che hanno di speciale? Beh, a parte che se li facesse qualcuno a parte Omega Force magari potremmo anche avere qualche esponente del genere che dal punto di vista tecnologico sembra fermo all’era PS3, quello che mi attira è proprio la loro semplicità. Mi spiego: una delle tendenze del gaming moderno che più mi stancano è questa tendenza a dover aggiungere di più. Più meccaniche, più strati, più risorse, più tutto. Che in certi casi va bene, se gioco un gestionale o uno strategico un po’ di complessità ci vuole e me la aspetto anche, ma questa tendenza a quello che in inglese si chiama bloat si applica a tutto.

SEMBRA CHE ULTIMAMENTE I VIDEOGIOCHI SENTANO IL BISOGNO DI AGGIUNGERE SEMPRE PIÙ MECCANICHE, PIÙ STRATI, PIÙ COMPLESSITA

Per esempio, in Helldivers 2 non basta andare in giro a sparare alle cose, no, devi anche cercare i materiali per il potenziamento, e non sono mica tutti uguali come nel primo eh, ci sono quelli verdi, quelli arancio e quelli rosa, quindi mi raccomando non dimenticarti di raccoglierli, e poi ci sono i super crediti e i riconoscimenti, tutta roba che ti serve per sbloccare armi e potenziamenti. No Rest for the Wicked, per carità bel gioco, ma c’era davvero bisogno di metterci tutta la parte di raccolta dei materiali e di crafting? Star Wars Outlaws, che pure mi è piaciuto, alla release ha dovuto aggiungere le challenge giornaliere di Ubisoft Connect che ti permettono di sbloccare minchiatine estetiche. Anche Space Marine 2 che sta per uscire, non vedo l’ora di giocarci, però vedo che pure lì ci han dovuto mettere le parry e i diversi tipi di attacchi nemici a cui devi reagire correttamente e già mi sento esausto. Di più non è sempre meglio.

Deep Rock Galactic: Survivor è uno dei bullet heaven su cui torno più volentieri. Rock and stone!

Credo che sia per questo motivo se ultimamente mi sono appassionato ai bullet heaven (l’altro termine con cui mi piace definirli, vampiresurvivorslike, mi è stato detto che non è altrettanto catchy). A ben pensarci, anche quelli hanno un po’ del musou: meccaniche semplificate, un solo omino contro orde di centinaia, migliaia di nemici, e nel giro di due click ti trovi a giocare, senza tante cerimonie. È un genere di gioco attorno a cui mi trovo a gravitare sempre più spesso, proprio in virtù del fatto che l’impegno richiesto è relativamente basso, entri, ti fai la tua partita, se muori fa lo stesso. Non so che dirvi, sarà l’età. E i bullet heaven, beh, ultimamente spuntano come funghi. Io comunque di menare orde infinite di insettoidi giocando nei panni di Drax continuo ad avere voglia, ma forse alla fine non c’è tutto questo bisogno di altri musou.

Articolo precedente
Control 2 action rpg

Control: tra la materia e il Labirinto del Posacenere – Speciale

Articolo successivo

The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom – Anteprima Hands-on

Condividi con gli amici










Inviare

Password dimenticata